Nuove politiche nazionaliste
in Est Europa

16/01/2014

Il governo di Viktor Orban in Ungheria sta perseguendo apertamente politiche nazionaliste nei settori chiave dell’economia. A parte qualche commento critico, l’Unione Europea non prende nessuna iniziativa per contrastare iniziative apertamente contrarie ai patti che legano i paesi membri.

Dopo la fine della Guerra fredda e l’ingresso dei paesi dell’Est nell’Unione Europea, ci fu un afflusso di investimenti dall’Ovest verso Est . Oggi in Ungheria le forniture di elettricità, gas, benzina e altri servizi essenziali sono forniti da aziende di proprietà delle tedesche E.On e RWE, dell’italiana ENI e delle francesi EDF e GDF Suez. Il settore bancario è in grande maggioranza nelle mani di investitori occidentali, soprattutto delle austriache Erste e Raiffeisen, di Intesa SanPaolo e Unicredit, della Bayerische Landesbank e del gruppo belga KBC. Le banche locali controllate da banche occidentali concessero nei primi anni grandi quantità di prestiti e mutui, denominati in euro o in altre valute occidentali, che avviarono lo sviluppo del paese . Poco dopo il fiorino ungherese subì una grossa svalutazione, moltissimi Ungheresi non riuscirono a ripagare i debiti e i mutui in valuta. Fra il 2011 e il 2012 il governo ungherese impose alle banche di trasformare mutui e crediti in fiorini ungheresi a un tasso di cambio imposto, molto inferiore a quello di mercato. Le banche persero, e ancora perdono, un mare di denaro. La CIB di Intesa San Paolo ha perso oltre 262 milioni di dollari nei primi sei mesi del 2013. UNICREDIT è in una situazione analoga. L’austriaca Erste ha perso in Ungheria 101 milioni di euro nei primi nove mesi del 2013, la Raiffeisen 83 milioni di euro in sei mesi. Ora sia il presidente della banca centrale magiara, sia alcuni rappresentanti del governo hanno dichiarato che la maggior parte delle banche straniere lasceranno presto l’Ungheria; la piccola banca Szechenyi, controllata dallo stato, pare abbia fatto un’offerta di acquisto delle filiali della Raiffeisen, forse anche della Erste. È difficile capire con quali fondi la Szechenyi possa acquistare banche così grandi, ma probabilmente il governo magiaro pensa di far pressione sugli imprenditori locali perché investano capitali nell’acquisto delle banche, e contemporaneamente far pressione sui proprietari stranieri perché vendano a prezzo basso, portandosi a casa le perdite, senza tentare di rimanere nel paese e rifarsi.

Orban ha anche dichiarato che il 2014 vedrà la battaglia per abbassare i prezzi dei servizi e delle forniture di base: è probabile che obbligherà le aziende di proprietà straniera ad abbassare il prezzo di elettricità, gas, benzina.

La gaffe di un giovane diplomatico, che ha incautamente rilasciato un’intervista, ha anche rivelato che il governo ungherese intende comperare le terre in Romania su cui vive la minoranza magiara, lungo il confine. Ne è nato un putiferio, e Budapest ha dovuto smentire il suo diplomatico. Ma molti pensano che il progetto potrebbe essere reale. La vendita di terre agli stranieri è un argomento spinoso in tutti i paesi dell’Est Europa, dove sentimenti nazionali sono molto forti, tant’è vero che Romania, Polonia, Bulgaria e Ungheria hanno ottenuto tutti una moratoria dall’Unione Europea sull’applicazione della direttiva per cui qualunque cittadino europeo ha diritto di acquistare terreni in qualunque paese europeo. La moratoria è appena scaduta, ma la Bulgaria l’ha rinnovata unilateralmente fino al 2020, la Romania sta ponendo un diritto di prelazione sui terreni agricoli, l’Ungheria ha posto richieste e limitazioni tali per cui agli stranieri diventa quasi impossibile comperare terreni agricoli.

L’inazione dell’Unione Europea su queste iniziative mostra che la Commissione sente di non aver abbastanza forza contrattuale per imporsi e far rispettare gli accordi europei: brutto segno per il futuro dell’Unione.

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