La Croazia,
28° stato dell’Unione Europea

27/08/2013

Un po’ di storia

Intorno all’anno Mille esisteva il Regno di Croazia, indipendente fino al 1102, quando strinse un’unione politica con l’Ungheria.

Nel XIII e XIV secolo l’Impero Ottomano conquistò parte dei Balcani e la Croazia diventò campo di battaglia fra le forze ottomane e quelle cristiane. Divenne parte dell’impero Asburgico dopo la battaglia di Mohacs del 1526.

Verso la metà del XVIII secolo si sviluppò una forma di nazionalismo che voleva epurare la cultura croata dagli elementi tedeschi e ungheresi. Dopo la Prima Guerra Mondiale e il crollo dell’impero Austro-ungarico, la Croazia si unì alla Serbia nel Regno di Jugoslavia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Regno venne occupato e spartito dalle potenze dell’Asse, Italia e Germania, finché nel 1943 nacque la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, governata dal leader comunista Josip Broz Tito.

La morte di Tito nel 1980 innescò un lento processo politico che nel 1990-91 portò allo sfaldamento della Jugoslavia. Nel 1990 si tennero le prime elezioni parlamentari libere e nel 1991 la Croazia si dichiarò indipendente. I quattro anni successivi videro un lungo conflitto civile fra le forze croate e le forze locali serbe che si opponevano alla secessione. Il conflitto risvegliò l’astio secolare tra i Croati cattolici e i Serbi ortodossi.

Negli anni ’90 il presidente Franjo Tudman diede l’avvio a una serie di privatizzazioni sospette, in un clima caratterizzato dalla corruzione e dai favoritismi. Nell’ottobre 2001 la Croazia avviò il processo di adesione all’Unione Europea, e anche quello di adesione alla NATO, conclusosi nel 2009. Per entrambi i processi è stata necessaria la collaborazione di Zagabria con il Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia e la consegna dei criminali di guerra.

Nel 2000 la Slovenia ha minacciato di bloccare l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea a causa di controversie in corso tra i due paesi, risolte con un accordo nel 2013.

 

La Croazia oggi

Negli anni Duemila la Croazia ha registrato una forte crescita economica, ma la crisi europea ha frenato l’incremento del PIL. Il paese esporta principalmente in Italia e Slovenia, entrambe profondamente colpite dalla crisi. L’economia croata si è contratta dell’1,9% nel 2012 e si contrarrà ulteriormente nel 2013. La disoccupazione ha raggiunto il 18,3% nel primo trimestre del 2013, il che posiziona la Croazia al terzo posto in Europa, dopo la Spagna e la Grecia.

Nel 2012 il deficit del bilancio statale era del 4,6%, e si prevede che rimarrà tale anche quest’anno (secondo il Patto di stabilità, gli stati membri dell’UE dovrebbero contenere il deficit pubblico entro il 3% del PIL).

Il settore bancario croato è dominato da banche italiane e austriache. I crediti in sofferenza – la cui riscossione non è certa – sono triplicati tra il 2007 e il 2011, raggiungendo il 12,4%.

A differenza di altri paesi ex-comunisti, la Croazia non ha attuato riforme radicali prima di entrare nell’UE. Il settore pubblico croato è ancora esteso. Corruzione e criminalità organizzata sono problemi importanti.

La Croazia riceverà aiuti economici dall’UE: Bruxelles ha promesso 687,5 milioni di euro nella seconda metà del 2013, e altri 13,7 miliardi di euro tra il 2014 e il 2020.

Zagabria spera che l’ingresso nell’UE incrementi gli investimenti stranieri, che si sono ridotti da 4,2 miliardi di euro nel 2008 a 973,3 milioni di euro nel 2012, a causa della crisi.

Il PIL della Croazia è circa 44 miliardi di euro, più o meno come quello della Bulgaria.

 

L’accoglienza

L’Europa Occidentale ha accolto con crescente sfavore gli allargamenti dell’UE degli ultimi dieci anni. Se dal punto di vista geopolitico aveva senso includere la Romania e la Bulgaria – che sono entrate nell’UE nel 2007 – secondo molti stati membri il loro ingresso è stato prematuro e avventato. La Bulgaria e la Romania sono ancora i paesi più poveri dell’UE, la corruzione è ancora dilagante ed entrambi i paesi non fanno ancora parte dell’area Schengen. Alcuni paesi membri dell’UE pensano che con l’ingresso della Croazia si stia ripetendo lo stesso errore. La Germania, il Regno Unito, i Paesi Bassi, l’Austria e la Slovenia tra gli altri hanno dichiarato di voler limitare temporaneamente le assunzioni di lavoratori croati.

L’abolizione delle barriere commerciali favorirà le esportazioni, ma esporrà anche le imprese croate alla concorrenza internazionale. I Croati temono per il futuro di alcuni settori, come i cantieri navali, che ricevono sussidi statali che l’UE non permette.

L’ingresso nell’UE porterà probabilmente meno vantaggi di quanti Zagabria ne aspettava avviando il processo di adesione dieci anni fa, ma realizza l’aspirazione secolare dei Croati a essere parte integrante dell’Europa occidentale. 

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