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Da un’analisi di Antonia Colibasanu per Geopolitical Futures del 10 ottobre 2022.
Banche centrali e governi iniziano a prendere misure al di fuori dei consueti strumenti di politica monetaria per affrontare l’imprevista situazione geopolitica e stimolare gli investimenti nazionali in modo creativo. Il governo britannico, ad esempio, ha proposto una politica fiscale espansiva finanziata a debito, mentre la Banca d'Inghilterra ha alzato i tassi di interesse per combattere l'inflazione. La stessa settimana, il ministero delle finanze giapponese ha speso ben 19,5 miliardi di dollari per rallentare il deprezzamento della valuta. I due paesi sono la terza e la quinta economia più grande del mondo, nonché alleati chiave degli Stati Uniti.
Siamo in una nuova fase dell’economia globale, i paesi debbono ristrutturare le proprie economie, gli stati intervengono con politiche di investimento aggressive, come non succedeva da molti decenni.
La tendenza a ridurre la globalizzazione economica era già iniziata prima della pandemia, che l’ha improvvisamente accelerata. La guerra di Ucraina non ha fatto che sottolinearne l’importanza e l’urgenza, innescando una guerra economica globale. Ma le interdipendenze commerciali e tecnologiche limitano le possibilità d’intervento dei singoli governi.
La crisi energetica è soltanto uno dei teatri della guerra economica.
Quando la Russia ha invaso l'Ucraina, pochi prevedevano una guerra a lungo termine, così pochi credevano che la guerra economica globale sarebbe continuata nell'inverno del 2022. Le sanzioni imposte dall'Occidente alla Russia avrebbero dovuto costringere Mosca alla sottomissione. Invece, hanno balcanizzato l'economia globale. Affinché le sanzioni avessero successo, la Russia doveva essere colta alla sprovvista. Non lo era. Il rublo inizialmente è crollato, l'inflazione è salita alle stelle, i tassi di interesse sono saliti alle stelle e la produzione è diminuita. Ma sei mesi dopo l'economia russa regge. La Russia si era preparata a misure come queste sin dal 2014, quando ha invaso la Crimea ed è stata soggetta alla prima ondata di sanzioni occidentali. Da allora il Cremlino ha investito molto nel sostegno all'industria nazionale e ha condotto una campagna interna per sviluppare l'imprenditoria russa. La pluridecennale strategia energetica della Russia nei confronti dell'Europa l'ha protetta dalla punizione: gli Europei continuano a comperare energia dalla Russia, a qualsiasi prezzo, perché non possono farne a meno.
Dopo lo shock iniziale, il mondo ha visto che sia lo SWIFT sia il dollaro USA sono strumenti insufficienti a bloccare la Russia. La maggior parte dei paesi del G-20 non allineati ha visto che ha più da guadagnare giocando l'uno contro l'altro Russia e Occidente, anziché schierarsi apertamente con l’Occidente per timore delle sanzioni. Il controllo occidentale dei mercati finanziari globali è oggi messo in discussione. Finché le alleanze paiono incerte, l'incertezza continua a influenzare l'economia globale.
L'attuale crisi energetica non è l'unica responsabile dell'inflazione. Le politiche monetarie, fiscali e creditizie eccessivamente accomodanti del 2021, accompagnate dallo strozzamento dell’offerta causata dalla pandemia, hanno portato a un forte aumento dei prezzi soprattutto dei prodotti alimentari. La tabella a fianco mostra quanto incidano i prodotti agricoli sull’inflazione a livello globale.
L'incertezza economica della Cina è un altro grande rischio sistemico per l'economia mondiale. I rapporti tra la Cina e il mondo, e in particolare tra la Cina e gli Stati Uniti, che sono il suo cliente più importante, dipendono dalle decisioni che verranno prese dal vertice del partito comunista cinese nei prossimi mesi.
La crisi sistemica più preoccupante è la fragilità europea. L’Europa dipende in modo troppo importante sia dalla Russia sia dalla Cina. L'economia europea non ha superato la pandemia, non ha trovato il modo per mitigare i danni dell’interruzione della catena di approvvigionamento cinese. La crisi energetica per la dipendenza energetica dalla Russia è ancora peggiore, politicamente ed economicamente.
Un’altra crisi si profila all’orizzonte: l'aumento dei tassi sul dollaro per ridurre l'inflazione ha ricadute sul resto del mondo. Se l'economia globale fosse stabile, questo darebbe ad altri paesi l’opportunità per aumentare le loro esportazioni verso il mercato americano. Ma l'economia globale non è stabile e tutti i paesi stanno combattendo l'inflazione e affrontando problemi simili a quelli degli Stati Uniti. Siamo in territorio sconosciuto, non sappiamo prevedere la cascata di conseguenze.
Regno Unito e Giappone, come detto, stanno prendendo strade completamente diverse da quella degli USA per stimolare l’economia. Puntano su uno stimolo fiscale espansivo, garantendo al contempo finanziamenti per progetti energetici e infrastrutturali critici. Invece di aumentare i tassi di interesse, stanno aumentando l'indebitamento da parte dei governi, cercando di sovvenzionare sia i consumi che gli investimenti. In sostanza, stanno sostituendo la crisi economica con una crisi valutaria, il che spiega perché la sterlina e lo yen siano ai minimi storici rispetto al dollaro. Nel frattempo i Paesi dell’Unione Europea stanno discutendo che strada prendere, e hanno molta difficoltà a trovare un accordo, perché i diversi governi hanno visioni e interessi diversi.
Il prossimo inverno sarà difficile. Con la liquidità bassa e il credito costoso, è probabile che una recessione sia dietro l'angolo. Una recessione globale in fase di deglobalizzazione è una situazione che non conosciamo, non sappiamo perciò che cosa aspettarci. L’incertezza e l’ansia degli investitori aumenteranno nei prossimi mesi. Il protezionismo diventerà probabilmente la politica commerciale preferita quasi ovunque, con tutti i sentimenti populisti e nazionalisti che l’accompagnano.
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