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Sin dai primi anni ’80 iniziò a essere ovvio che la Russia stava perdendo la Guerra fredda: la Cina si legava economicamente agli USA, l’economia russa era allo sfascio, i suoi investimenti in campo tecnologico e militare non erano più sufficienti a mantenere il ruolo di grande potenza, né a finanziare i ‘clienti’ regionali e quelli del cosiddetto Terzo mondo, cioè di quella parte di mondo che non era apertamente schierata né con gli USA né con la Russia, ma perseguiva modelli socio-politici propri, come i paesi islamici e l’India, appoggiandosi ora all’uno ora all’altro dei due contendenti nella Guerra fredda.
Negli anni ’80 i paesi islamici, pur adottando i principi della tradizione islamica come base delle leggi civili, erano laici e seguivano l’uno o l’altro di due possibili modelli socio-politici:
1) il modello monarchico, che riconosceva il diritto storico e dinastico di una famiglia regnante a esercitare una funzione di mediazione fra gli interessi dei diversi gruppi interni, nonché l’esercizio del potere esecutivo e il controllo dell’esercito. Sono ancora monarchici il Marocco, la Giordania, l’Arabia Saudita, gli Emirati, l’Oman;
2) il modello nazional-militarista, che attribuiva all’esercito e ai suoi capi il diritto di esercitare il potere politico (dittatura militare), mediando fra gli interessi dei gruppi interni, nonché il compito di proteggere l’unità della nazione e i suoi interessi all’estero. Seguivano questo modello quasi tutti i principali paesi islamici: il Pakistan, la Turchia, l’Iraq, la Siria, l’Egitto, la Tunisia, la Libia, l’Algeria.
Ma nel 1979 un colpo di mano contro la monarchia in Iran aveva portato al potere dei rivoluzionari che volevano attuare un nuovo modello socio-politico: la dittatura dei ‘dottori’ della legge islamica, gli Ayatollah, cioè una dittatura clericale islamica. Inaspettatamente la rivoluzione degli Ayatollah ebbe un vasto e prolungato successo: non soltanto riuscì a conquistare il potere, ma umiliò spettacolarmente gli USA, segnando molti punti a proprio favore nella guerra ideologica, respinse militarmente per circa vent’anni i tentativi di invasione irachena, fino alla caduta di Saddam Hussein, seppe mantenere il potere sviluppando un potente corpo militare parallelo a quello ufficiale (le Guardie della Rivoluzione, di cui Suleimani era il capo), che controlla e gestisce anche le risorse minerarie del paese e le industrie di base.
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