“La Siria e la strategia bizantina” è il titolo di un interessante articolo scritto da Robert D. Kaplan per Stratfor il 4 settembre 2013. Ne traduciamo i passaggi essenziali.
Nel marzo 1984 mi trovavo nelle paludi di Al-Hawizeh, nel sud dell’Iraq, al confine con l’Iran. Lavoravo come inviato per seguire la guerra Iraq-Iran, che andava avanti già da quattro anni. Gli Iraniani avevano appena sferrato un violento attacco di fanteria e gli Iracheni avevano risposto con il gas. Vedevo centinaia di giovani soldati iraniani senza vita, buttati in massa nelle paludi. Galleggiavano come bambole, senza ferite sui corpi. Un ufficiale iracheno tastò uno dei corpi col suo bastone da passeggio e mi disse: “Questo è quello che capita ai nemici di Saddam [Hussein]”. Certo, non si trattava di civili, erano soldati iraniani che avevano invaso il territorio irakeno. Ma le armi chimiche di Saddam uccisero anche donne e bambini nel marzo 1988, quando il dittatore iracheno diede l’ordine di gassare circa 5000 Curdi. (…) Per tutta risposta, l’amministrazione Reagan continuò a sostenere Saddam fino alla fine della guerra contro l’Iran.
(…) Gli Stati Uniti vogliono difendere i valori, ma come tutte le grandi potenze hanno anche degli interessi. I discorsi di Reagan parlavano sì di libertà universali, ma alla fine le strategie sul campo erano molto più concrete. (…) Il genocidio dei Curdi perpetrato con armi chimiche da Saddam passò in secondo piano. Era molto più importante tener viva una guerra che impegnò per anni due grandi stati radicali nel cuore del Medio Oriente e che ridusse così i danni che ciascuno dei due avrebbe potuto causare alla regione.
(…) Allo stesso modo si potrebbe affermare che la guerra civile siriana, che dura ormai da due anni, ha giovato all’Occidente. In un articolo pubblicato di recente sul New York Times, Edward N. Luttwak ha affermato che la continuazione della guerra civile è preferibile rispetto alla vittoria schiacciante di una delle due parti. (…) Certo, questa dichiarazione è piuttosto brutale. Finora in Siria ci sono state 110 000 vittime. Gli otto anni di guerra Iraq-Iran ne hanno causate più di 1 milione.
(…) La politica estera è un terreno spinoso. Se si trattasse soltanto di perseguire gli interessi di uno stato, allora desideri e azioni non divergerebbero molto. Se si trattasse soltanto di tutelare i diritti umani, non sarebbe molto difficile prendere decisioni. La politica estera è però una sintesi dei due aspetti. (…) L’incertezza peggiora ulteriormente le cose. Più un leader riceve analisi dettagliate circa la complessità e la pericolosità di un’area, più si rende conto di quanto poco sanno i servizi segreti.(…)
Luttwak ha cercato di risolvere l’enigma studiando in modo meticoloso e dettagliato una delle più riuscite strategie di sopravvivenza della storia. Nel suo saggio La Grande Strategia dell’Impero Bizantino (2009) spiega come Bisanzio, nonostante la sua posizione geografica la esponesse a pericoli e attacchi, sia riuscita a sopravvivere ancora 1000 anni dopo la caduta di Roma.
(…) Luttwak afferma che i Bizantini facevano largo uso di tutti i metodi di deterrenza. Corrompevano i nemici, usavano tutti i mezzi di persuasione a loro disposizione per trovare alleati, distruggere le alleanze ostili, rovesciare regnanti… In altre parole, Bisanzio cercava sempre e comunque di conservare la pace, ma manteneva alta la tensione come se la guerra fosse sempre imminente. Grazie a questa strategia l’impero Bizantino sopravvisse per secoli e fu coinvolto in molte meno guerre di quante ne avrebbe dovute affrontare se avesse agito diversamente.
Morale: è meglio essere subdoli che sanguinari. Obama sta sbagliando non tanto perché non sa decidere se entrare o meno nella polveriera siriana, ma perché ha annunciato alla Siria che l’attacco militare americano, se mai avverrà, sarà “limitato”. Mai rivelare ai propri avversari ciò che non si farà! Gli avversari non devono dormire la notte nel timore di un attacco violento e imminente! Se Obama non sta bluffando, si sta comportando in modo estremamente ingenuo.
Seguendo la strategia bizantina, in Siria si dovrebbe giungere a una situazione di stallo, senza necessariamente rovesciare al Assad; fare in modo che il conflitto perda intensità – strategia moralmente encomiabile – evitando la vittoria schiacciante di una delle due parti. Se il regime crollasse di colpo, ci potrebbe essere un’escalation di violenza, e al Qaeda potrebbe trovare terreno fertile, e in un’area molto vicina a Giordania e Israele.
(…) Anche il presidente Bush attese il responso del Congresso prima di attaccare l’Iraq, ma questo non gli risparmiò pesanti critiche quando le cose iniziarono a mettersi male. Se Obama prendesse spunto dai metodi descritti nel libro di Luttwak, non avrebbe neanche bisogno di consultare il Congresso.
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