Paese di transito dell’antica Via della Seta dove fiorivano i commerci nell’antichità, l’Uzbekistan ha ottenuto l’indipendenza nel 1991 dopo oltre un secolo di dominazione russa – prima come parte dell’impero russo e poi dell’URSS.
Con i suoi 28 milioni di abitanti è lo stato più densamente popolato delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Non ha minoranze etniche consistenti all’interno, mentre in tutti gli stati limitrofi esistono minoranze uzbeke. Inoltre è autosufficiente dal punto di vista energetico ed alimentare.
È tuttora retto da un regime autoritario guidato dal presidente Karimov, denunciato più volte per i suoi metodi repressivi nei confronti delle opposizioni. Le sue politiche poco concilianti hanno creato a più riprese problemi con i paesi confinanti, in particolare con Kirghizistan e Tagikistan. Il paese ha inoltre il più grande esercito della regione.
Dopo l’11 settembre Tashkent è riuscita a ottenere il favore – e il sostegno economico – degli USA, offrendo a Washington l’utilizzo di una base sul proprio territorio per le difficili operazioni in Afghanistan.
Economia
L’Uzbekistan è un paese arido privo di sbocchi sul mare. L’11% della terra è sfruttato intensamente grazie agli imponenti sistemi di irrigazione che usano le acque dei due principali fiumi, l’Amu Darya e il Syr Darya. Questo però ha causato il progressivo prosciugamento del lago d’Aral a partire dall’epoca sovietica, con gravissimi danni ambientali ed economici per la regione.
L’Uzbekistan è il centro ferroviario dell’ Asia Centrale e controlla un tratto del principale centro strategico dell’Asia centrale, la fertile e trafficata valle Fergana (vedi mappa a lato).
L’Uzbekistan è il quinto produttore nonché il secondo maggior esportatore di cotone al mondo, ed è ricchissimo di risorse naturali (petrolio, gas e oro) che continuano ad attirare l’attenzione di altri paesi – in particolare della Russia e dei paesi europei. Nonostante ciò, l’economia del paese è piuttosto povera per via dei metodi statalisti, del feroce protezionismo e dei rigidi controlli sui capitali, che scoraggiano gli investimenti esteri. C’è anche un alto tasso di disuguaglianza nella distribuzione di ricchezza all’interno.
I rapporti con la Russia
L’Uzbekistan è l’unico paese dell’Asia centrale che può permettersi di tener fronte alle ingerenze russe, grazie alla posizione geografica privilegiata ed al nazionalismo interno, favorito dalla compattezza demografica.
Negli anni trenta Stalin ridisegnò i confini dei paesi dell’Asia Centrale in modo da renderli incapaci di sopravvivere come stati indipendenti. L’Uzbekistan non fu gravemente danneggiato dai nuovi confini, ma i suoi due rivali regionali, il Tagikistan e il Kirghizistan, furono invece rovinati: il primo è privo di terra arabile e può contare solo sulle risorse idriche, il secondo è tagliato fuori dal resto del mondo.
L’Uzbekistan non confina con la Russia ed è dotato di un governo sufficientemente forte da tenere testa al Cremlino. Nei secoli prima che la Russia di Pietro il Grande penetrasse in Asia centrale la regione fu dominata da una popolazione di etnia turca, con un potere centrale forte e illuminato, più liberale rispetto ai musulmani del Medio Oriente e dell’Asia meridionale, che nel corso dei secoli si espanse a est in Mongolia e a sud in India e in Persia, creando imperi e costruendo alcuni dei sacrari più importanti della regione.
Dopo la rivoluzione del 1917 i bolscevichi diedero all’Uzbekistan un potere maggiore rispetto a ogni altra repubblica, proprio a causa della sua centralità geografica, della sua forza economica e della sua cultura. Stalin decise di invertire questa tendenza e tentò di reprimere ogni aspirazione indipendentista nel paese, ma senza successo. Il desiderio di indipendenza aumentò e assunse la forma di un islamismo più conservatore e radicale. Di tutti i paesi dell’Asia centrale l’Uzbekistan fu l’unico ad sfidare di tanto in tanto i Sovietici.
Oggi l’Uzbekistan continua a sfidare l’egemonia russa. Nel 2012 Tashkent ha deciso di ritirarsi dalle alleanze politiche post-sovietiche come il CSTO (Collective Security Treaty Organization, il blocco militare guidato dalla Russia, sorto dopo il crollo dell’URSS, di cui fanno parte Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan).
Mosca possiede comunque almeno due armi per ricattare Tashkent:
· più di metà delle esportazioni di gas naturale uzbeko scorrono in un gasdotto di era sovietica che attraversa il suolo russo;
· la notevole influenza economica e politica russa sugli altri paesi dell’Asia Centrale può essere sfruttata per rovinare i rapporti dell’Uzbekistan con tutti i suoi vicini.
A cura di Davide Meinero
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