Il 14 dicembre 2009 la Standard & Poor’s ha declassato il debito pubblico del Messico. L’agenzia ha dichiarato che la ragione principale della declassazione è l’incapacità del governo di ampliare la base imponibile in modo significativo.
Il governo messicano ha respinto la proposta del presidente Felipe Calderon di imporre una sovrattassa del 2% sui beni di consumo, ma ha aumentato l’imposta sul valore aggiunto dal 15 al 16%, cosa che non è stata sufficiente a rassicurare gli investitori.
L’eterna carenza di capitale è insita nella geografia messicana. Senza una rete fluviale navigabile che permetta di raggiungere il cuore agricolo del paese, il Messico ha bisogno di grandi investimenti in infrastrutture.
Il ribasso delle entrate petrolifere, che costituiscono circa il 38% dell’entrate fiscali governative (dati del 2008), è il risultato di una mancanza di investimenti per rinnovare le infrastrutture. La situazione peggiorerà, perché si è ulteriormente ridotto il flusso di entrate per il governo e obbligherà il governo a ricorrere ai prestiti internazionali negli anni a venire.
La vicinanza del Messico all’economia più importante del mondo fa sì che il paese risenta molto di quello che succede negli USA.
Gli Stati Uniti assorbono per l’80% dell’esportazioni totali messicane, pari al 24.6% del prodotto interno lordo. I due paesi sono ulteriormente legati dal fatto che più di metà degli investimenti stranieri in Messico arrivano dagli Stati Uniti. Il settore produttivo negli Stati Uniti dipende da una catena di forniture che parte dal Messico, in particolare dalle linee di montaggio di automobili, che impiegano circa un milione di Messicani.
È quindi inevitabile che il Messico soffra degli sbalzi del mercato Usa.
La crisi finanziaria ha causato nel mondo la corsa agli investimenti in valute ‘sicure’ e la fuga dai mercati emergenti. Il Messico non fa eccezione:
il peso ha perso più del 20% del suo valore contro il dollaro in poco più di un mese nel settembre 2008. Il Messico nell’aprile 2009 ha accusato il più grande declino del Pil dai tempi della Grande Depressione e ha chiesto in prestito 47 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale.
La produzione di petrolio è diminuita da 3.08 milioni di barili al giorno nel 2007 a circa 2.8 milioni di barili nel 2008. Una diminuzione costata alla Pemex (la compagnia statale messicana per il petrolio) circa 20 miliardi di dollari. Il problema principale della produzione petrolifera messicana è che la Costituzione non permette agli stranieri di investire nelle risorse naturali: se lo stato non investe, l’industria estrattiva declina. Alcune riforme dell’ottobre 2008 permettono ora alla Pemex di appaltare i lavori a compagnie petrolifere internazionali, che hanno accesso alle tecnologie più avanzate, ma non si vedono ancora risultati.
La svalutazione del peso non avrà un effetto devastante sull’economia, poiché il debito estero è relativamente modesto. Inoltre il deprezzamento del peso aumenta il valore delle rimesse degli emigranti e aiuta l’esportazione. Infatti le esportazioni verso gli Stati Uniti sono andate aumentando da giugno ad ottobre 2009.
Ironicamente
la soluzione al problema delle entrate messicane potrebbe essere il traffico di droga. Si stima che questo traffico porti ai cartelli della droga messicani più di 40 miliardi di reddito annuo, circa il 5% del PIL messicano, e che sia fonte di molto capitale ‘straniero’ di produzione nazionale. Questo capitale deve finire da qualche parte: dal materasso del sicario locale a investimenti nel settore del turismo e dello spettacolo, a depositi in banca sotto il nome di società estere
. La liquidità non è un problema per le banche messicane. I depositi bancari sono in aumento dal 2004. Le azioni delle cinque principali banche messicane sono cresciute mediamente del 50 % nel 2008 nonostante la crisi finanziaria globale abbia visto il sistema bancario soffrire perdite ingenti nei paesi sviluppati.
Il Messico è il corridoio di transito della droga sudamericana: ciò ha sicuramente ha portato una serie di problemi, ma è possibile che il flusso di denaro che apporta sia il motivo per cui il sistema bancario messicano ha evitato la crisi, nonostante la crisi finanziaria globale.
A cura di Emanuela Borgnino
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