La Società Rurale Argentina, una delle quattro maggiori associazioni di agricoltori, ha minacciato di sospendere l’esportazione della soia dal prossimo aprile. È difficile che riesca davvero a farlo, ma è una minaccia che preoccupa sia i mercati sia il governo argentino.
La soia rappresenta circa il 25% delle esportazioni argentine, e le tasse sull’esportazione sono parte significativa degli introiti statali di valuta estera e delle risorse a disposizione del governo. Gli agricoltori boicottano l’esportazione anziché la vendita sul mercato domestico per non danneggiare i concittadini e non attirarne le ire.
Gli agricoltori argentini patiscono tre costrizioni: il tasso di cambio, il controllo dei prezzi e le tasse all’esportazione. Il tasso di cambio ufficiale stabilito dal governo è artificioso: i ricavi delle esportazioni in dollari vengono pagati 5 pesos per un dollaro, mentre sul mercato libero si pagano quasi 8 pesos per un dollaro. Gli agricoltori chiedono che il tasso di cambio ufficiale per l’export sia simile a quello di mercato.
Inoltre i prezzi sul mercato domestico delle derrate alimentari sono imposti per legge e sono molto inferiori ai prezzi che le persone sono disposte a pagare sul mercato nero. I prezzi imposti, che danneggiano gli agricoltori, nascono dalla volontà del governo di frenare l’inflazione, che è vicina al 30% l’anno. Gli agricoltori hanno ridotto le coltivazioni di derrate alimentari per l’interno e hanno aumentato le coltivazioni richieste per l’esportazione, soprattutto la soia, di cui c’è grande
richiesta. Allora il governo ha imposto tasse sempre più alte all’esportazione: dal 2007 la tassa di esportazione sulla soia è del 37,5%. Ora gli agricoltori non guadagnano più neppure sull’esportazione della soia, per questo propongono di fermarla, danneggiando anche il governo che non intascherà più né le tasse, né la valuta pregiata. Il prezzo della soia sul mercato internazionale è già salito in previsione della prossima riduzione dell’offerta dall’Argentina.
Il governo argentino ha ora minacciato di riesumare il Comitato Nazionale per il Grano, l’ente statale che dal 1974 al 1991 è stato l’unico compratore e venditore autorizzato di granaglie in Argentina, costituendo un vero e proprio monopolio di stato sul grano, sia sul mercato domestico che sul mercato internazionale.
Dopo decenni di braccio di ferro fra il governo e gli agricoltori, ora si prospetta una novità: la Società Rurale Argentina ha ottenuto il sostegno di sindacati di lavoratori di altri settori. Agricoltori e sindacati generali stanno organizzando una grande manifestazione pubblica contro il governo. Questo è anno elettorale per la presidente Kirchner, che dovrà trovare un modo per frenare le proteste senza danneggiare le entrate dello stato e senza abolire i controlli sui prezzi, perché ne seguirebbe un’impennata nel costo della vita, che alimenterebbe ancora di più le proteste.
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