Ineguaglianza sociale:
il dibattito continua

04/11/2015

Continua nel mondo intellettuale il dibattito sul crescere dell’ineguaglianza nella società postindustriale digitalizzata in cui viviamo, ma di cui ancora non comprendiamo bene le implicazioni sociali e politiche. Il dibattito ha raggiunto e coinvolto milioni di persone in istituzioni e media in tutto il mondo grazie al successo globale del libro di Piketty “Il capitale nel XXI secolo” (2013).

La Morgan Stanley ha recentemente pubblicato uno studio che conferma, dati alla mano, il crescere dell’ineguaglianza e la addebita a due cause principali: la straordinaria crescita demografica globale degli ultimi decenni e la globalizzazione della conoscenza, dell’economia e dunque della competizione. Se è vero che la crescita demografica globale è un fattore destabilizzante delle società, si sta già correggendo: l’esplosione demografica si è avuta negli anni ’70 e ’80, ma dagli anni ’90 il fenomeno ha rallentato. I paesi più sviluppati hanno oggi un problema di decrescita demografica, che le migrazioni risolvono soltanto parzialmente.

Marc de Vos, direttore dell’organizzazione Itinera a Bruxelles e docente all’università di Ghent fa invece un’altra ipotesi. Secondo de Vos, le disuguaglianze aumentano perché assistiamo a uno spostamento massiccio dell’economia dalla produzione di beni a quella di servizi, e nei servizi vincono i piccoli gruppi di individui molto abili, non le grandi organizzazioni. La nuova economia dei servizi apre perciò nuove grandi possibilità alle persone più capaci a livello globale. Invece la produzione, anch’essa globalizzata, richiede processi ripetitivi ben organizzati e sempre tecnologicamente aggiornati, per i quali cerca nel mondo la forza lavoro con il rapporto più basso fra produttività e costo, spostandosi dai paesi più sviluppati ai paesi emergenti. Questi due aspetti producono automaticamente più disuguaglianze all’interno di ogni società, mentre tendono ad appiattire le disuguaglianze fra le diverse aree del globo.

Poiché la nuova economia premia la capacità individuale, le società debbono preoccuparsi di elevare al massimo le capacità individuali di ognuno. La spesa dei governi dovrebbe concentrarsi sull’educazione e sugli interventi necessari per creare ambienti cittadini accoglienti e stimolanti anche nelle aree più povere e per offrire più stimoli e più educazione ai bambini di famiglie svantaggiate. Ma poiché le disuguaglianze sono parte essenziale della natura umana, sarà impossibile dare a tutti pari possibilità di successo. Sarà necessaria, come sempre, una certa redistribuzione di risorse da chi ha più successo a chi ne ha meno, per evitare il consolidarsi di disuguaglianze eccessive.  Ma che cosa è una disuguaglianza eccessiva? Come valutare se è eccessiva oppure no?

Harry Frankfurt, docente di filosofia di Princeton dice in proposito che occorre garantire che ogni membro della società abbia ‘tutto ciò che è sufficiente’ e propone di stabilire una definizione e uno standard unico, globale, di ciò che è ‘sufficiente’ per una buona vita umana, che gli stati dovrebbero cercar di garantire a ogni cittadino. Nella nostra nuova civiltà globalizzata gli standard locali non bastano, perché la competizione è globale, l’informazione è globale, l’economia è globale. Questo standard globale di sufficienza viene definito dallo stesso Frankfurt come un tipo di vita tale che ulteriori aumenti di reddito non apporterebbero migliorie di grande portata. Si tratta quindi di uno standard che prende in considerazione l’accesso a una serie di beni e di servizi, non il reddito monetario. Definire e aggiornare questo standard dovrebbe essere il compito di un organismo sovranazionale come l’ONU.

La tesi di Frankfurt è che il problema sociale grave non è la disuguaglianza in sé, perché la disuguaglianza è insita nella natura umana e nelle stesse diverse aspirazioni di ognuno di noi. Il problema sociale grave si ha quando non tutta la popolazione ha condizioni di vita sufficienti a garantire una certa serenità e la possibilità di cercare il proprio tipo di felicità.

Il dibattito continua

Le disuguaglianze aumentano perché assistiamo a uno spostamento massiccio dell’economia dalla produzione di beni a quella di servizi, e nei servizi vincono i piccoli gruppi di individui molto abili, non le grandi organizzazioni.

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