Use it or lose it: il motto geopolitico del nuovo secolo
secondo Parag Khanna

18/04/2016

Strategic Forecasting dedica una lunga recensione al prossimo libro di Parag Khanna, ‘Connectography: mapping the future of global civilization’. Khanna, cittadino americano nato in India, che insegna all’Università di Singapore ed ha fondato centri di consulenza geostrategica per le imprese, sostiene che è in atto fra i paesi del mondo una gara ad accaparrarsi risorse, soprattutto in zone remote e/o poco sviluppate, non tramite atti di acquisto, né conquiste territoriali, ma iniziandone di fatto lo sfruttamento. In questa gara i paesi occidentali sono perdenti, perché il sistema legalistico applicato alle controversie internazionali è troppo lento ed inefficace. Secondo Khanna in geopolitica le opportunità che non si colgono si perdono: use it or lose it, come disse il ministro canadese Stephen Harper per spiegare perché spendesse tanto in progetti di esplorazione dell’Artico.

Il modello di espansione del potere geopolitico nel XXI secolo non è quello degli imperi coloniali europei dei secoli precedenti, sostiene Khanna, ma è l’Olanda del XVII secolo che, pur avendo una piccola – perciò necessariamente poco bellicosa – popolazione, conquistò enorme potere e ricchezza grazie alla Dutch East India Company, fondata nel 1602, prima grande società multinazionale a finanziarsi totalmente in borsa, che costruì un grande impero commerciale senza far ricorso alle casse dello stato. Per oltre due secoli la Dutch East India Co. mobilitò circa 5000 navi mercantili e un milione di mercanti (più di qualunque stato) per commerciare e investire nel mondo. Seppe legare ai propri interessi quelli delle èlites locali, in modo tale da scalzare i Portoghesi da quasi tutte le loro colonie, senza bisogno di azioni militari. 

Oggi è la Cina ad avere la maggiore flotta mercantile al mondo, che opera in ogni mare e in ogni regione del mondo, incluso l’Artico. In tutti i continenti la Cina costruisce e/o gestisce porti, ferrovie, strade e canali (anche il canale di Panama è gestito dalla cinese Hutchinson Whampoa); crea e organizza Zone Economiche Speciali (SEZ), dove si sviluppano attività manifatturiere che non pagano né dazi né tasse. Si veda a lato il posizionamento e la descrizione delle 15 SEZ create e gestite dai Cinesi nel mondo, in regioni in cui la manodopera è poco costosa ed abbondante, accanto a porti ben attrezzati. 

I paesi dinamici oggi guardano al mondo nell’ottica della logistica integrata e della creazione di una fitta rete di punti di rifornimento, senza farsi invischiare nelle lunghe procedure degli arbitrati e degli accordi internazionali fra stati. Nel Mar Cinese Meridionale i Cinesi mandano piattaforme mobili ad esplorare i fondali profondi anche in acque contese, rivendicate dal Vietnam o dalle Filippine. Il capo della China National Offshore Oil Company chiama queste piattaforme ‘armi strategiche’ nell’ambito di una nuova ‘sovranità nazionale mobile’. Nell’arco di due anni gli atolli e gli scogli affioranti delle Spratleys sono stati trasformati dall’esercito cinese in vere e proprie isole, grazie all’apporto di enormi quantità di sabbia, contenuta da strutture di cemento (mappa a lato). Su queste ‘isole’ sono state costruite piste d’atterraggio, fari, edifici amministrativi che danno alla Cina il controllo effettivo del tratto di mare circostante, mentre gli arbitrati internazionali si trascinano lentamente senza successo.

Oggi la Cina è il principale partner commerciale per ben 124 paesi al mondo: gli USA lo sono soltanto per 52. Gli investimenti ed i contratti cinesi già condizionano in modo importante l’economia di paesi come lo Zambia, la Tanzania, la Nuova Zelanda, l’Argentina, l’Australia. La Danimarca ha rifiutato la proposta di cospicui investimenti cinesi (80 miliardi di dollari) nei suoi territori in Groenlandia, ma ora la piccola popolazione della Groenlandia (600 000 abitanti) rivendica l’indipendenza e se diventerà indipendente - come appare probabile - spalancherà la porta agli investimenti cinesi.

Nel 1961 l’Antartico, che non è abitato, è stato dichiarato dalla comunità internazionale area in cui sono proibite sia le attività militari sia le esplorazioni di carattere economico, ma la Cina vi invia regolarmente navi rompighiaccio che esplorano i fondali alla ricerca di giacimenti di petrolio, con il sostegno dell’Australia, che rifornisce le navi cinesi lungo la rotta.

Parag Khanna descrive così in termini diversi la stessa realtà globale che altri studiosi definiscono come un complesso non più di stati nazionali, ma di stati-mercato (vedasi Lo stato che verrà, secondo Bobbitt). Che ruolo possono giocare gli stati europei in questa nuova realtà? La Germania gioca già un ruolo globale importante con la sua economia forte, ed espande la propria influenza come sempre via terra verso sud-est, seguendo la sua geografia (vedasiLa geopolitica dell'Europa - parte IV - l'Europa che verrà), ma non coinvolge molto i paesi del sud-ovest d’Europa. La forza dello stato-mercato è la capacità di portare sviluppo economico fuori dei propri confini con le iniziative economiche e tecnologiche delle proprie aziende, coinvolgendo altre popolazioni e altri paesi: noi Italiani e in genere noi Europei non siamo stati capaci di portare sviluppo neppure al nostro sud, tanto meno alle popolazioni del Nord Africa, che ora attraversano il mare nella speranza di trovare da noi una vita migliore. Come possiamo recuperare? 

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