Teheran sta attraversando il momento più critico dalla rivoluzione khomeinista di quasi mezzo secolo fa. La transizione politica interna e i problemi ai confini con il Pakistan e l’Afghanistan, oltre alla prova di forza a Gaza nel Mar Rosso, potrebbero non poter essere gestiti tutti insieme.
A inizio aprile 2024, dopo un incontro trilaterale tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il segretario di Stato americano Antony Blinken, è stato annunciato che l’Unione europea fornirà all’Armenia 270 milioni di euro in quattro anni, gli Stati Uniti forniranno 65 milioni di dollari nel 2024 come parte di una “nuova e ambiziosa agenda di partenariato” per aiutare a far uscire l’Armenia dall’orbita della Russia e migliorarne la stabilità economica, la sicurezza alimentare, le infrastrutture digitali e le risorse energetiche.
Gli Stati Uniti hanno adottato un nuovo paradigma d’azione per intervenire in guerre lontane, quasi senza rischiare vittime. Lo vediamo in Ucraina, dove Washington ha svolto un ruolo significativo e forse decisivo senza impegnare truppe, ma armando le forze ucraine e inviando segnali politici alla Russia per cercare di influenzarne l’azione. Tale atteggiamento è in netto contrasto con quello adottato in Vietnam, dove gli Stati Uniti subirono ingenti perdite, con gravi ripercussioni politiche a livello nazionale. È in contrasto anche con le operazioni in Iraq e Afghanistan, dove gli USA fecero combattere in primis gli eserciti locali, ma sotto la guida effettiva di propri contingenti presentii sul terreno.
I Turchi hanno sempre visto nei Persiani (oggi Iraniani) un forte ostacolo all’espansione dell’egemonia turca in Medio Oriente – e viceversa. Gli Iraniani oggi dominano i paesi sul fianco meridionale della Turchia. Anche la guerra a Gaza produce per ora il rafforzamento della posizione di Teheran. Ankara è ufficialmente impegnata nella diplomazia bilaterale e multilaterale per fermare il conflitto, affrontare la crisi umanitaria e porre fine alla presenza israeliana nella Striscia. Ma strategicamente per la Turchia è molto più pericoloso l'espansionismo regionale dell'Iran. In questo momento la Turchia non può criticare un altro paese musulmano, in particolare quello che si presenta sulla scena regionale come il primo difensore dei Palestinesi.
L'attacco di Hamas a Israele lo scorso sette ottobre ha sfidato la logica. La travolgente risposta di Israele a un assalto così feroce era del tutto prevedibile. Né Hamas poteva contare sul sostegno dei paesi arabi, dato che la maggior parte di loro sarebbe felice di vedere la distruzione del gruppo. Uno dei pochi alleati disposti a venire militarmente in aiuto di Hamas era Hezbollah, la cui risposta ha infatti costretto i civili israeliani a lasciare l'area di confine. Ma sia Hamas che Hezbollah si rendono conto che la resa dei conti sta arrivando, e non sarà a loro favore.