Stati assassini del XX secolo

19/10/2015

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«Il potere uccide; il potere assoluto uccide assolutamente», scrive Rudolph J. Rummel nel suo ormai classico libro ‘Stati assassini’, in cui prende in esame una serie di ‘democidi’, cioè stragi di popolazioni inermi compiute dalle stesse istituzioni statali che avevano il dovere di proteggerle. Rummel conta circa 174 milioni di morti nei ‘democidi’ del XX secolo − quattro volte di più dei morti in guerra nello stesso lasso di tempo.

I Tedeschi fecero strage degli Herero che erano sotto la loro giurisdizione in Namibia a inizio 1900, poi fecero strage di Ebrei posti sotto la loro giurisdizione negli anni ’40 in Europa. Il governo sovietico di Stalin uccise per fame milioni di Ucraini sovietici, per fatica e per stenti milioni di Sovietici deportati nei campi di lavoro. I comunisti cambogiani uccisero un quarto del proprio popolo negli anni ’70 perché non ne apprezzava la cultura, nello stesso periodo i comunisti cinesi uccisero decine di milioni di concittadini per lo stesso motivo durante la ‘rivoluzione culturale’. I Turchi nel 1915 uccisero quasi la metà dei loro concittadini armeni perché erano troppo ‘diversi’, gli Hutu al potere in Ruanda nel 1994 uccisero col machete i loro vicini di casa Tutsi perché in passato erano stati dei privilegiati…

Il maggior pericolo per l’umanità sono dunque gli stati che uccidono i loro stessi cittadini se non la pensano come il gruppo che è al potere, o se non piacciono per diversità di etnia o di religione o di condizione sociale. I governanti che preparano l’assassinio delle loro popolazioni seguono alcune procedure comuni: de-umanizzano le future vittime attraverso il linguaggio e la propaganda, eccitano la paura e lo spirito di obbedienza nella parte di popolazione che diventerà assassina.

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