Dicembre 2008
Fra le montagne austere e le dune nel nord del Niger imperversa una lotta fra i Tuareg e il governo per il controllo delle ricche risorse del sottosuolo.
La parte settentrionale del deserto del Niger ospita infatti uno dei più vasti depositi di uranio al mondo e, a causa del surriscaldamento del pianeta, la domanda per il prezioso metallo è aumentata negli ultimi anni.
Lo sfruttamento dell’uranio potrebbe catapultare il paese fuori dalla attuale povertà e cambiare la vita alla popolazione. Oppure potrebbe trascinare il paese in un conflitto disastroso che impoverirebbe ulteriormente la già debole economia.
Secondo i ribelli Tuareg le terre su cui vivono da secoli producono una quantità di uranio pari al 70% delle esportazioni, ma poco o niente viene restituito dal governo alla popolazione che da anni soffre delle conseguenze dell’estrazione massiccia, gestita per lo più da Francesi e Cinesi. Per combattere l’insurrezione il governo ha isolato il nord, arrecando ulteriori danni all’economia. Ma l’escalation di violenza finora non è servita a fermare le attività di estrazione.
La minoranza nomade dei Tuareg ha una lunga tradizione di lotta contro il governo. Dopo la fine del colonialismo francese degli anni ’60, i Tuareg sono stati divisi fra diversi stati dai confini arbitrari e quindi privi di significato ai loro occhi. Nel corso degli anni il surriscaldamento del pianeta e la desertificazione hanno eroso ulteriormente i pascoli della regione, costringendoli ad abbandonare la pastorizia.
La regione in cui vivono è tutt’altro che povera ma i Tuareg, a differenza dei contadini del sud del paese che avevano acquistato i terreni, non possiedono alcun attestato di proprietà e non hanno nessun diritto sulla terra che abitano.
Dato il livello di povertà in cui versano i ribelli Tuareg, è piuttosto improbabile che abbandonino la lotta. Ma il governo recentemente ha comprato alcuni elicotteri da guerra e pare intenzionato a risolvere definitivamente questa insurrezione con la forza.
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