La sorte della Seconda Guerra Mondiale si è giocata nella battaglia di Stalingrado (oggi Volgograd), perché di lì dovevano passare i nazisti per ottenere accesso indisturbato al petrolio della regione del Caspio. Senza quel petrolio, i Tedeschi non potevano continuare l’avanzata verso est, né potevano fornire energia a nuove industrie belliche (vedasi mappa a lato).
Allora il mondo aveva due grandi centri di produzione di petrolio: Baku, capitale dell’Azerbaijan, che si affaccia sul Caspio, e Bassora nel sud dell’Iraq, cioè nella regione geografica della Mesopotamia. Fin dall’inizio del XX secolo queste due aree vennero contese fra l’Impero Russo, l’Impero Ottomano e l’Impero Britannico. Nella Prima Guerra Mondiale le Potenze Centrali, cioè i paesi europei di cultura tedesca, si allearono con l’Impero Ottomano per impedire che gli Inglesi ottenessero il controllo delle risorse petrolifere della regione di Bassora, nell’odierno Iraq. Per questo alcuni studiosi considerano la Prima Guerra Mondiale come la prima guerra per il petrolio. La Seconda Guerra Mondiale fu molto più chiaramente una guerra per il petrolio del Medio Oriente e della regione del Caspio, e vide nuovamente l’Inghilterra e la Russia alleate contro i Tedeschi, mentre la Turchia e l’Iraq simpatizzavano per i Tedeschi, ma si mantenevano neutrali perché troppo deboli militarmente.
Nel periodo della Guerra Fredda, dal 1946 al 1991, il petrolio della Mesopotamia rimase a disposizione del mondo occidentale, anche se i dittatori di Siria e Iraq fecero una politica autonoma. Invece il bacino del Caspio rimase all’interno dell’Unione Sovietica per tre lati, eccetto il lato sud che era ed è dell’Iran.
Ora tutto è rimesso in discussione, sia in Mesopotamia sia sul Caspio. A disputarsi l’accesso privilegiato alle risorse di petrolio e di gas della regione sono ora gli abitanti della Mesopotamia e le potenze regionali che si affacciano sul Mar Caspio e sulla pianura mesopotamica, cioè fondamentalmente la Turchia, l’Iran e la Russia. In questa disputa la Russia interviene non soltanto dalla costa siriana sul Mediterraneo, ma anche con lancio di razzi dal Mar Caspio, dove le sue navi militari padroneggiano.
I paesi minori, cioè Azerbaijan, Turkmenistan e Kazakhistan (vedi mappa a lato), che sono tradizionalmente legati alla Russia sia economicamente sia militarmente, approfittano del fatto che i Russi non possono permettersi in questo momento di aprire altri fronti e cercano di rendersi più autonomi. Il 4 novembre scorso Azerbaijan e Kazakhistan hanno firmato un accordo bilaterale di cooperazione militare in cui la Russia non ha voce. Il Kazakhistan sta costruendo propri cantieri navali e acquista la nuova tecnologia per la sua marina militare dalla Corea. L’Azerbaijan negli ultimi anni ha chiesto cooperazione militare ed economica agli Stati Uniti, alla Turchia, alla Corea e ad Israele. Da questi paesi ha anche comperato armi, per sostituire i vecchi armamenti russi di epoca sovietica. In risposta la Russia ha aumentato la sua presenza militare in Armenia, ai confini ovest dell’Azerbaijan.
Il bacino del Caspio ha giacimenti di almeno 48 miliardi di barili di petrolio e oltre 8 miliardi di metri cubi di gas. Kazakhistan e Azerbaijan fanno parte del consorzio per la costruzione del gasdotto trans-caucasico, che dovrebbe portare il gas in Europa passando attraverso la Turchia, senza toccare la Russia (vedi mappa a lato). La Russia non è ovviamente contenta di questo accordo e tenta di bloccarlo. Non è contento neppure l’Iran. Perciò sia la Russia sia l’Iran hanno aperto contenziosi con l’Azerbaijan e con il Kazakhistan per il controllo delle acque e dei fondali del Mar Caspio. L’Iran ha stazionato le sue navi nelle aree contese, per impedire esplorazioni da parte degli altri paesi. Iran e Russia conducono spesso esercitazioni navali congiunte nelle acque del Caspio. Si trovano schierati dalla stessa parte, in favore di Assad, anche nella guerra in Siria. La Turchia si trova invece a sostenere i ribelli anti-Assad e persino l’ISIS, pur di non lasciare il controllo della Mesopotamia all’Iran e ai suoi alleati, e pur di non lasciare spazio alla creazione di uno stato curdo, che metterebbe in pericolo anche l’integrità territoriale della Turchia.
La Turchia cerca di trascinare la NATO nel duello con la Russia, come si è visto con l’abbattimento dell’aereo militare russo. Ma i membri della NATO non hanno una strategia comune. Non soltanto Europa e US hanno interessi che non collimano in questo caso, ma anche i diversi paesi europei hanno atteggiamenti e interessi diversi nei confronti della Russia e del Medio Oriente – oltre che della Libia (dove Francia e Inghilterra sono intervenuti due anni fa unilateralmente, mandando all’aria senza consultarci i nostri interessi economici ed energetici, ad esempio). Per questo siamo paralizzati nell’ideazione di una politica, prima ancora che nell’azione. E ad approfittarne per rafforzarsi è l’ISIS.
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