Le risposte al terrorismo. Il caso di Russia, Francia, Brasile e Stati Uniti

01/05/2024

di Ruben Donno

 

 

«Quasi tutte hanno [le voci dei testimoni] l’accento della verità. Ecco perché questa lunga serie di testimonianze non è soltanto terribile, ma magnifica, e non è per morbosa curiosità che noi che seguiamo il processo non cederemmo i nostri posti per niente al mondo, né ci parrebbe accettabile la prospettiva di perdere anche una sola giornata. Ho letto, ho sentito dire e qualche volta pensato che viviamo in una società vittimaria, che alimenta una compiacente confusione tra lo status di vittima e quello di eroe. Può darsi, ma gran parte delle vittime che ascoltiamo giorno dopo giorno mi sembrano davvero degli eroi. Per il coraggio di cui hanno avuto bisogno per ricostruirsi, per il modo di abitare questa esperienza, per la forza del legame che le unisce ai morti e ai vivi». Così Emmanuel Carrère apre la prima parte del suo lungo resoconto V13 (Milano, Adelphi, 2023, p. 46), che raccoglie gli articoli che lo scrittore francese ha pubblicato sui principali quotidiani europei sulle udienze del processo in merito agli attentati terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi. Parole che rimangono attuali, quelle di Carrère, descrizioni che nella loro crudezza mostrano l’universalità di un male comune. Constatare la «vita diminuita» (p. 79) di chi ha avuto il privilegio di restare con il marchio eterno di osservatore di quell’orrore significa cercare di comprendere, antropologicamente, le motivazioni di un fenomeno come quello terroristico, consci, forse, di non trovarne mai risposta appropriata: «L’amore per il malvagio non è amore per la sua malvagità; sarebbe una perversione diabolica. È soltanto amore per l’uomo stesso, per l’uomo più difficile da amare» (p. 74).

 

Le conseguenze del terrorismo di Hamas del 7 ottobre 2023 in Israele e il massacro del 22 marzo 2024 al municipio di Crocus, a Mosca, ricordano come il terrorismo provochi sentimenti di paura e paranoia nell’opinione pubblica e come esso possa innescare cambiamenti drammatici nella politica estera e interna di un paese: dalla risposta sproporzionatamente repressiva dei suoi leader, alla minimizzazione della portata del tragico evento.

Russia

 

La Russia definisce il terrorismo “un’ideologia di violenza e la pratica di influenzare il processo decisionale [ufficiale] associata all’intimidazione della popolazione e/o ad altre forme di azioni violente illegali”. Questa definizione è applicabile ai secessionisti del Caucaso settentrionale russo, i principali autori di terrorismo nel paese. I terroristi ceceni hanno orchestrato l’assedio del teatro di Mosca del 2002, l’assedio della scuola di Beslan del 2004 e un attentato suicida nella metropolitana di Mosca del 2004, ma anche il terrorismo di Mosca nel 2010 e nel 2011. Infatti, nel 2007 è nato l’Emirato del Caucaso, una organizzazione terroristica con lo scopo di creare un emirato all’interno della regione nord caucasica. Per questo motivo, nel 2014, in previsione dei Giochi Olimpici Invernali di Sochi, Mosca ha adottato la strategia di favorire l’espatrio dei militanti e delle persone afferenti ai gruppi estremisti religiosi di matrice islamica verso la Siria e l’Iraq per poi approvare la legge che vietava il rimpatrio. Con questa strategia Mosca era riuscita a ridurre la capacità militare e di azione dell’Emirato e, con le successive operazioni antiterrorismo, ne aveva eliminato i principali leader. Nonostante ciò, la minaccia maggiore per Mosca a partire dal 2015 furono i rapporti tra lo Stato Islamico e il Caucaso del Nord, ma anche la Repubblica di Cecenia e la Georgia attraverso la Gola del Pankisi – utilizzata come base per possibili incursioni contro le forze russe – e la Repubblica di Adjara, entità autonoma a maggioranza musulmana e confinante con la vicina Turchia. Un ulteriore problema per la Russia è il traffico, nella vicina Armenia, di materiale biologico, chimico e nucleare da parte di gruppi estremisti islamici. Tra la guerra in Ucraina, la rinascita dei talebani in Afghanistan e il clima generale di ostilità tra Russia e Occidente, Mosca si trova oggi ad affrontare nuove minacce terroristiche. Soprattutto dall’Asia centrale, dove la povertà e una miriade di altri mali sociali forniscono il motivo, e la vicinanza all’Afghanistan fornisce i mezzi affinché gli individui radicalizzati possano addestrare e pianificare attacchi elaborati. Un esempio calzante è l’attacco del mese scorso al municipio di Crocus, in cui quattro sospetti tagiki – in combutta con il gruppo “Stato Islamico nella provincia del Khorasan” (Is-KP), il ramo dell’Isis nato circa dieci anni fa tra Afghanistan e Pakistan che ha rivendicato l’attentato e che istituzioni politiche e magistratura russa addebitano ai “nazionalisti ucraini” –  hanno ucciso almeno 145 persone, nonostante, in tema di sicurezza, Dushanbe e Mosca stringano rapporti di cooperazione, teoricamente molto orientati al contrasto del terrorismo di matrice islamica. l’Is-KP, tramite i suoi canali ufficiali, ha dichiarato che le autorità russe “si sono viste obbligate ad accusare i loro nemici in Occidente” dell’attentato, con particolare riferimento all’Ucraina, pur di “non riconoscere il clamoroso insuccesso di fronte ai combattenti” dello Stato Islamico. Allo stesso tempo, la capacità di Mosca di impedire agli aspiranti terroristi di entrare nel paese è notevolmente ridotta. Il Cremlino considera da tempo l’immigrazione clandestina un problema e una fonte di estremismo (infatti, i sospettati dell’attacco al municipio di Crocus sono entrati legalmente nel paese). Ora, il presidente Vladimir Putin ha apportato radicali cambiamenti al personale del Ministero degli affari interni. I servizi di sicurezza hanno intensificato i raid alla ricerca di persone che vivono illegalmente nel Paese, mentre le autorità per l’immigrazione hanno rafforzato i controlli sul rilascio di documenti che consentono soggiorni più lunghi. Tuttavia, con la sua economia gravata dalle sanzioni internazionali e dai costi finanziari e umani derivanti da una guerra su larga scala, la Russia ha più che mai bisogno di immigrati. La sua principale fonte di migranti è l’Asia centrale. Pertanto, invece di inimicarsi quei governi, Mosca ha intensificato il suo impegno nei loro confronti, organizzando addirittura esercitazioni antiterrorismo con il Tagikistan.

 

Francia

 

Anche la Francia è attenta al terrorismo. Dopo l’attentato al municipio Crocus, Parigi è stata tra i primi governi ad alzare il livello di allerta. L’attacco terroristico più mortale nella storia francese si è verificato il 13 novembre 2015, quando uomini armati e attentatori suicidi – collegati all’autoproclamato Stato Islamico – hanno fatto irruzione a Parigi, assaltando il teatro Bataclan. Negli attentati sono rimaste uccise 130 persone di 26 diverse nazionalità.  Meno di un anno dopo, un tunisino residente in Francia si è lanciato deliberatamente con un semirimorchio in mezzo a una folla di persone che celebravano il giorno della Bastiglia a Nizza. La definizione legale francese di terrorismo copre la violenza intenzionale e una serie di altri crimini (compresi rapimenti e dirottamenti ma anche furti, estorsioni, criminalità informatica e altro) intesi a “disturbare gravemente l’ordine pubblico attraverso l’intimidazione o il terrore”. Per coloro che fuggono dalla guerra, dalle persecuzioni e dalla povertà in Africa, la vicinanza della Francia è un altro vantaggio. Molti sono anche francofoni, eredità del colonialismo francese. La Francia è stata pesantemente coinvolta nelle operazioni antiterrorismo nel Sahel nel 2013, contribuendo a fermare l’avanzata dei gruppi terroristici nella regione, e dal 2014 è un attore chiave nella coalizione internazionale contro il gruppo dello Stato islamico in Iraq e Siria. Tuttavia, a seguito di un’ondata di colpi di stato militari nel Sahel, l’esercito francese è stato costretto a ritirarsi da diversi paesi e a ridurre le proprie operazioni. Parigi teme che il Sahel sia o possa tornare ad essere terreno fertile per il reclutamento di terroristi che sognano di portare la lotta in territorio francese. Oggi la Russia e la Cina mostrano crescente interesse politico ed economico verso la regione del Sahel.

 

Brasile

 

Il Brasile associa il terrorismo all’attività criminale e diventa molto più specifico riguardo alla categoria in cui rientra un atto specifico. Il Brasile di oggi non è particolarmente a rischio di attacchi terroristici, in parte perché il paese non è particolarmente coinvolto in comportamenti internazionali che ispirerebbero attacchi contro di esso. L’area dei tre confini, situata all’incrocio tra Brasile, Argentina e Paraguay, è un focolaio di attività illecite dove è nota la presenza anche di Hezbollah, ma le minacce qui hanno più a che fare con il contrabbando e la criminalità finanziaria che con attacchi terroristici politicamente motivati che potrebbero effettivamente compromettere la sicurezza interna. Tuttavia, recentemente un gruppo numeroso di golpisti, legati all’ex presidente Jair Bolsonaro, si sono recati nella capitale brasiliana a bordo di autobus provenienti da diverse parti del Paese per unirsi a coloro che già si trovavano lì, tentando di mettere in atto un colpo di stato militare contro il governo democraticamente eletto il 30 ottobre del 2022 e insediatosi il 1° gennaio 2023, presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Tentativo fallito.

 

Stati Uniti

 

Washington distingue anche il terrorismo internazionale da quello interno: quello interno viene giudicato secondo le leggi in vigore attualmente, quello internazionale, che coinvolge direttamente gli Stati Uniti, viene perseguito con le armi in varie parti del mondo. Inoltre, gli Stati Uniti tendono ad adottare un approccio globale alla loro risposta, ad esempio, con l’approvazione del Patriot Act, l’espansione del Foreign Intelligence Surveillance Act e la creazione del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale. Naturalmente, la risposta più significativa dal punto di vista geopolitico all’11 settembre 2001 sono state le invasioni statunitensi dell’Afghanistan e dell’Iraq, dove sono stati colpiti numerosi nuclei di terroristi di svariate colorazioni ideologiche, in particolare i talebani in Afghanistan, oggi al potere dopo il ritiro dei militari statunitensi completato il 31 agosto 2021. Inoltre, sono state mobilitate ingenti risorse per equipaggiare i Dipartimenti di Stato e di difesa. Gli Stati Uniti sono impegnati a contrastare i gruppi terroristici che nel Medio Oriente proliferano grazie al sostegno politico ed economico dell’Iran.

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