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Il 23 novembre 2022, in un discorso al Parlamento, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che le operazioni aeree della Turchia contro le forze curde nel nord della Siria sono soltanto l'inizio di un'offensiva molto più ampia che Ankara lancerà anche via terra, perché la Turchia è più determinata che mai a proteggere il confine meridionale espandendo il suo "corridoio di sicurezza" in territorio siriano. Il giorno prima aerei da guerra turchi avevano attraversato per la prima volta lo spazio aereo siriano controllato dalla Russia e dagli Stati Uniti per attaccare i separatisti curdi, accusati di aver compiuto l’attentato del 13 novembre a Istanbul. Un anonimo funzionario turco ha affermato che i Turchi hanno coordinato i bombardamenti dei loro F-16 con le autorità statunitensi e russe.
Oggi la guerra in Ucraina ha seriamente minato la posizione politica interna ed estera di Mosca, mentre l'Iran deve affrontare una crescente rivolta interna. Ci sono dunque le condizioni per cui la Turchia si può permettere incursioni profonde sul fianco meridionale, che potrebbero tornare a destabilizzare anche il regime di Assad in Siria.
Il Medio Oriente allargato non è l'unica arena in cui la Turchia gioca oggi un ruolo di primo piano. Ankara è anche un attore chiave nella guerra in Ucraina. Mantiene stretti legami con la Russia mentre fornisce droni alle forze ucraine. Ha negoziato e ottenuto l'accordo sul grano fra Russia e Kiev in luglio. La Turchia usa la sua posizione nel bacino del Mar Nero per porsi come negoziatrice sia con la Russia che con la NATO, il che avvantaggia l’immagine di Erdogan.
L'invio di forze di terra in Siria sarà però molto più problematico, perché i Turchi probabilmente si scontreranno con le milizie a guida iraniana. Il braccio operativo all'estero delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche di Teheran, la Forza Quds, ancora schierata nel nord della Siria, è il principale puntello del regime di Assad contro ribellioni alimentate da milizie islamiste sunnite. Le forze militari turche dovranno prima neutralizzare i Curdi siriani e poi rimpolpare le forze delle milizie sunnite per poter avanzare in Siria.
Gli Iraniani hanno sino ad ora dato scacco matto ai Turchi nel Levante. I Turchi però si sono rafforzati nel Caucaso meridionale. L’Azerbaigian ha conquistato aree del Nagorno-Karabakh che erano in mano all’Armenia grazie ai droni turchi e oggi condivide un lungo confine con l’Iran. L’Iran ora conduce continue esercitazioni militari lungo quel confine. L’Azerbaigian ha perciò avviato intense trattative con Israele, decidendo persino di aprire una propria ambasciata a Gerusalemme, nella speranza di avere i sofisticati sistemi di difesa israeliani.
Mentre l'Iran è sulla difensiva, la Turchia spera di trarre larghi benefici economici dalla vittoria dell'Azerbaigian sull'Armenia. Ha negoziato un corridoio che la collegherebbe direttamente all'Azerbaigian attraverso l'exclave di Nakhchivan e attraverso il territorio armeno, su cui costruire un gasdotto e un oleodotto per attingere alle risorse energetiche della regione trans-caspica e dell'Asia centrale, aree storicamente appartenenti alla sfera di influenza russa, in cui i Turchi hanno fatto irruzione recentemente.
I Balcani sono un’altra area dove i Turchi vorrebbero ravvivare la loro influenza. Gli accordi di Dayton del 1995, che posero fine alla guerra in Bosnia, hanno creato un complesso accordo politico tra le popolazioni bosgnacche, serbe e croate, ma la regione è ancora piena di tensioni. La Russia, protettrice dei Serbi, si sta indebolendo. I Balcani occidentali potrebbero precipitare di nuovo in un conflitto che darebbe alla Turchia l’opportunità di intervenire a favore dei bosniaci in un modo robusto.
L’economia turca però non permette a Erdogan di impegnarsi troppo in sostegno di altri. Ha bisogno di sostegno da parte dei Sauditi e degli Emirati, ha chiesto prestiti e investimenti ingenti alla Corea e alla Cina. Il gradimento di Erdogan all’interno è crollato per il grave peggioramento delle condizioni economiche.
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