I giacimenti di gas naturale di Regno Unito e Paesi Bassi stanno diminuendo rapidamente e probabilmente i due paesi dovranno cessare le esportazioni entro 10 anni. I paesi europei dovranno necessariamente trovare fonti alternative per supplire al calo della produzione norvegese e inglese.
I paesi UE non dispongono di fonti di approvvigionamento stabili al di fuori della Russia.
Il progetto di un ‘corridoio meridionale’, fortemente voluto dall’UE, per importare il gas naturale dall’Azerbaigian ed eventualmente anche da Turkmenistan, Iran e Iraq settentrionali, è ostacolato dalla Russia, che per dilazionarne la realizzazione ha anche offerto un’alternativa allettante: il South Stream (mappa a lato).
L’Europa può ricorrere anche al GNL (gas naturale liquefatto) prodotto in Medio Oriente o nel Pacifico meridionale, ma per ora i costi di trasporto e la concorrenza dei consumatori asiatici rendono questa strada poco percorribile.
L'Algeria è il terzo maggiore fornitore di gas naturale dell'Unione Europea, ed esporta soprattutto in Spagna, Italia, Francia e Regno Unito. Algeri dispone di buone infrastrutture per l’esportazione del gas: due gasdotti sottomarini nel Mediterraneo e tre impianti per la liquefazione e l’imbottigliamento. Inoltre l’Algeria è uno dei pochi fornitori al mondo disposto a firmare contratti di lungo periodo: ne ha appena firmato uno con la Spagna della durata di 18 anni.
L'energia è la linfa vitale dell'economia algerina, rappresenta il 36% del suo prodotto interno lordo e il 60% delle entrate di stato. Il greggio algerino è di alta qualità, le riserve di gas, stimate intorno ai 4.500 miliardi di metri cubi di gas, sono le seconde in Africa dopo quelle della Nigeria e il doppio di quelle norvegesi. Pare inoltre che l’Algeria disponga di 17 miliardi di metri cubi di gas da argille (vedi link); ma le attività di esplorazione sono ancora in fase preliminare e le difficoltà tecniche sono molte, soprattutto per la mancanza di acqua dolce, necessaria per la trivellazione idraulica.
Gli investimenti esteri nel settore energetico algerino sono sempre stati scarsi, sia per le politiche protezionistiche del governo militare, fortemente nazionalista, sia per effetto della lunga guerra civile contro gli islamisti del Gruppo Islamico Armato, terminata soltanto due anni fa. Ultimamente però gli accordi commerciali con i paesi occidentali è andato crescendo: la Renault ha firmato un accordo per la costruzione di una fabbrica a Orano, società spagnole e portoghesi hanno annunciato la creazione di joint-ventures con società algerine per costruire 100.000 unità abitative in tutto il paese. La crisi degli ostaggi ad Ain Aminas smorzerà l’entusiasmo. L'intervento dell'esercito algerino, più preoccupato di eliminare i sequestratori che di salvare la vita agli ostaggi, ha creato sconcerto. La dura reazione algerina indica che Algeri non è disposta a nessun compromesso con gli islamisti né a farsi influenzare dagli occidentali sulle questioni che riguardano la sicurezza interna.
Il rischio che militanti legati ad al Qaeda operanti nel Sahel attacchino altri impianti in Algeria è alto: il 27 dicembre un oleodotto è stato attaccato e parzialmente distrutto a Tizi Ouzou. Se la sicurezza del paese si deteriorerà ulteriormente, l'Algeria concentrerà di nuovo l’attenzione sulla sicurezza nazionale, posticipando la liberalizzazione dell’economia.
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