Il pacchetto di leggi approvato recentemente dal Parlamento Europeo è un ulteriore passo avanti verso l’istituzione dell’Unione Bancaria Europea. Il segnale inviato ai mercati finanziari è chiaro: esiste ancora la volontà politica di ampliare l’integrazione economica per superare la crisi. Tuttavia, prima di stabilire effettivamente l’Unione Bancaria, vanno ancora colmate alcune lacune strutturali.
In primo luogo, è necessario istituire un Meccanismo Unico di Vigilanza Bancaria (SSM). La Commissione ha proposto di affidare alla Banca Centrale Europea il controllo delle principali banche dell’eurozona, circa 130/150 banche che rappresentano l’85% degli attivi bancari. La BCE verrebbe investita di compiti che prima spettavano alle autorità nazionali, come la valutazione dei piani di sviluppo e il potere di ordinare alle banche di aumentare le riserve. Con l’istituzione del Meccanismo Unico di Vigilanza si pensa di ristabilire la fiducia dei mercati nei confronti delle banche dell’eurozona, anche nei paesi con maggiori difficoltà di bilancio o in recessione economica, in quanto i governi nazionali non potranno più indurre le banche a nascondere le situazioni difficili. Saranno inoltre stabiliti parametri comuni per valutare la salute delle banche. Si prevede che la BCE sarà investita di questo nuovo incarico alla fine del 2014.
È anche necessario stabilire norme comuni per assistere le banche in difficoltà e per definire a chi spetta l’onere di risanarle. A giugno i ministri europei delle finanze hanno approvato una serie di norme – note come Direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi nel settore bancario – che stabilisce che se una banca è in difficoltà in primo luogo ne rispondono i titolari di azioni e di obbligazioni, con l’intero capitale investito. Se servirà più denaro subentreranno i clienti con depositi superiori a 100 mila euro. Il governo sarà chiamato a intervenire con iniezioni di denaro pubblico solo in casi estremi. Spetterà ai governi stabilire se ricorrere al salvataggio o alla chiusura delle banche in crisi. A luglio la Commissione Europea ha però suggerito che i governi dovrebbero prima consultarsi con gli altri stati membri, ma la Germania non è d’accordo. Berlino preferisce che i singoli stati abbiano il potere di decidere come usare le proprie risorse, senza chiedere parere o aiuti agli altri. La Direttiva deve in ogni caso ancora essere approvata dal Parlamento Europeo e probabilmente non entrerà in vigore prima del 2015. L’intero pacchetto di norme non verrà applicato prima del 2018.
In terzo luogo, è necessario istituire un fondo centrale per aiutare le banche in difficoltà. I paesi dell’eurozona hanno concordato lo stanziamento di 80 miliardi di euro per creare il Meccanismo Europeo di Stabilità, il fondo di bailout permanente. Se si considera che sono serviti circa 100 miliardi di euro per salvare le banche in Spagna, Grecia e Cipro, 80 miliardi di euro non sono una grande somma. Inoltre i bailout non andrebbero direttamente alle banche ma passerebbero attraverso i governi. La Commissione ha proposto di istituire un fondo centrale finanziato da imposte versate dalle banche. A giugno i paesi dell’eurozona hanno approvato la proposta della Commissione, ma la Germania preferirebbe che ciascun paese instaurasse il proprio fondo, anziché avere un fondo comune.
Ora che la crisi finanziaria è in qualche modo passata in secondo piano rispetto alla crisi dell’economia reale, anche la pressione esercitata dai mercati finanziari è diminuita. Se però l’instabilità del settore finanziario si ripresenterà, l’UE si troverà nuovamente in difficoltà se le lacune strutturali non saranno state colmate. Il capo della BCE si troverà forse a dover sopperire alla mancanza di potere decisionale della Commissione, e a forzare la mano ai partner.
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