I Turchi migrarono verso il Mare di Marmara nel XIII secolo, all’epoca dell’invasione mongola del Medio Oriente e dell’Europa, e vi si insediarono su entrambe le sponde.
Il Mar di Marmara è in posizione molto favorevole. Il clima marittimo favorisce la produzione agricola mitigando l’aridità delle regioni circostanti. I monti dell’Anatolia a sud raccolgono le scarse precipitazioni e garantiscono alle valli circostanti un costante afflusso di acqua. Le valli dell’Anatolia sono ampie, facilmente accessibili e dunque controllabili da un’autorità centrale. Per quanto piccola, questa regione ha sufficienti risorse per favorire la nascita di una singola entità politica che controlli il Mar di Marmara.
Il Mar di Marmara è facilmente difendibile sia alle due estremità che dalle alture circostanti ed è dotato di numerosi porti naturali. Controllare il Mar di Marmara significa controllare i transiti fra il Mediterraneo e il Mar Nero, e anche i transiti vi terra fra l’Asia all’Europa.
Ma questo può avere sia vantaggi che svantaggi.
Il territorio della Turchia si restringe notevolmente vicino al Bosforo, il che lo rende molto vulnerabile ad un attacco via terra sferrato proprio in quel punto da grandi eserciti: i Mongoli (antenati dei Turchi contemporanei) approfittarono proprio di questa debolezza geografica per sconfiggere i Bizantini.
Data la conformità e la posizione del territorio, per garantire la propria sicurezza e avere l’egemonia regionale - economica e politica - i popoli insediati attorno al Mar di Marmara devono:
1) conquistare e controllare l’Anatolia a sud, e ampie valli fertili della penisola balcanica a Nord, fino al Danubio, che è un confine facilmente difendibile;
2) stabilire una presenza militare in Crimea per difendere le valli balcaniche da possibili invasioni lungo le coste del Mar Nero;
3) sviluppare un sistema economico e politico efficiente per integrare i popoli dell’Anatolia e dei Balcani;
4) costruire porti e vie di comunicazione lungo la costa mediterranea.
Conquistare e controllare l’Anatolia: perché?
Per proteggersi da attacchi e invasioni dal sud. Ma sviluppare l’agricoltura e costruire infrastrutture in Anatolia oltre le valli che si affacciano sul mar di Marmara è difficile e dispendioso, perché l’altopiano anatolico è arido e roccioso. I Turchi per secoli esitarono ad espandersi a oriente, perché i costi superavano di gran lunga i benefici. Sottomisero la regione, ma soltanto per bloccare l’avanzata delle potenze asiatiche e concentrarsi sulle ricche pianure europee.
Espandersi a Nord fino al Danubio: ecco la priorità
Nell’ottica turca la valle del Danubio rappresenta un punto strategicamente importante per diverse ragioni. Innanzitutto è la più vicina (350 km) valle fertile degna di nota. Dal Danubio al resto del mondo i trasporti sono agevoli tramite il Mar Nero e quindi il Mediterraneo: tutta la via d’acqua è agevolmente sotto il controllo turco. Inoltre il Danubio è una linea difensiva naturale contro gli attacchi delle potenze settentrionali: Vienna e la Bessarabia sono gli unici punti da cui i nemici possono invadere i Balcani e arrivare alla Turchia. Nella regione intermedia i Carpazi ostacolerebbero l’avanzata della fanteria nemica.
Per questo gli Ottomani tentarono ripetutamente di conquistare Vienna. Ma i due dispendiosi assalti contro Vienna fallirono: la sconfitta delle truppe ottomane nella pianura pannonica fu il preludio del ritiro dell’Impero Ottomano e della sua successiva caduta.
Conquistare e stabilire una presenza militare in Crimea
L’impero ottomano poteva venir attaccato da altre due regioni: dalla steppa eurasiatica e dal Mediterraneo.
La steppa eurasiatica si trova al centro della lunga pianura che da Bordeaux attraversa tutta l’Europa e l’Asia per raggiungere Tianjin, in Cina. Numerose potenze (Spagna, Francia, Germania, Polonia, Russia, Mongolia) combatterono nell’arco della storia guerre feroci nel tentativo di dominare questo spazio. La Turchia per proteggersi deve assicurarsi che chiunque controlli questo vasto corridoio (in epoca moderna la Russia) non si espanda nei Balcani. Per questo è necessario stabilire una presenza militare in Crimea.
La Crimea, grande circa come il Mar di Marmara, è connessa alla terra ferma da un istmo largo 6,3 km, il che la rende facilmente difendibile da un attacco proveniente da nord. La Crimea divide il Mar Nero in due parti: chi la controlla ha il potere di influenzare il traffico commerciale nella porzione settentrionale del Mar Nero.
La Crimea è vicina al delta del fiume Don, uno dei pochi fiumi navigabili della Russia, che sfocia nel Mare di Azov. Controllando la Crimea è possibile tenere a bada non solo la flotta russa ma anche tutti i commerci che passano per il Don. Peraltro il Mare di Azov è coperto dai ghiacci e del tutto inutilizzabile nei mesi invernali.
Facendo base in Crimea i Turchi ottomani potevano raggiungere velocemente tutte le località della costa settentrionale del Mar Nero e infliggere gravissimi danni alla Russia prima che i Russi potessero radunare le potenti - ma lente - truppe di terra.
Estendere la presenza nel Mediterraneo
Soltanto dopo essersi garantiti la pianura pannonica (nei Balcani) i Turchi estesero la loro potenza sulle coste del Mediterraneo.ll Mediterraneo orientale è una regione ostile, difficile da controllare: le isole dell’Egeo hanno una popolazione scarsa e pochissime risorse, e solo controllandole tutte è possibile evitare che una potenza esterna faccia breccia conquistando un’isola dopo l’altra raggiungendo a poco a poco il cuore dell’impero. Mantenere il controllo sulle isole del Mediterraneo è un grosso costo necessario per la sicurezza, ma che non apporta risorse.Per controllare quest’area gli Ottomani si servivano di buona parte delle risorse provenienti dalle altre aree dell’Impero: appena gli Europei cacciarono i Turchi dalla ricca pianura pannonica e dai Balcani, questi furono costretti ad abbandonare anche il Mediterraneo, perché ormai privi di risorse.
La moderna Turchia
La Turchia moderna deve fare i conti con due grandi ostacoli che ne frenano lo sviluppo.
1) Il cambiamento del contesto geopolitico
ll grosso del commercio si è spostato negli Oceani fra le America e l’Estremo Oriente, e il Mediterraneo, dunque il Mar di Marmara, ha perso molta importanza economica e strategica.
Come può la Turchia moderna sviluppare la propria economia e garantire la propria sicurezza?
Nel 1946 la Turchia si avvicinò al blocco occidentale per ragioni oggettive: l’Unione Sovietica era potenza egemone nel Caucaso e nei Balcani – entrambi dominati in precedenza dall’Impero Ottomano – ed influenzavano anche la politica di Siria e Iraq. La Turchia, accerchiata dai Russi su tutti i fronti, capì che per crescere economicamente doveva entrare nella sfera occidentale, e decise di aderire alla NATO (1952) e di firmare un trattato di libero scambio con l’Europa.
Con il crollo dell’Unione Sovietica la situazione mutò e la Turchia uscì dall’accerchiamento: i Russi persero il controllo sui Balcani e sul Caucaso, il regime iracheno venne duramente colpito durante la Prima Guerra del Golfo. Oggi però la Russia cerca di estendere di nuovo il controllo sui paesi confinanti, Bruxelles potrebbe assorbire gli stati balcanici nell’UE, Americani e Persiani si contendono il controllo della Mesopotamia. La Turchia, che vanta una grande storia imperiale, non può che sentirsi umiliata. Proprio come nel primo periodo dell’Impero Ottomano, i Turchi pensano che per sopravvivere devono uscire dall’isolamento ed espandersi.
Questo processo sarà senz’altro difficile e non privo di incognite: ad eccezione della valle del Danubio, il territorio dei Balcani è montuoso e ricco di foreste impenetrabili. Quasi tutti gli stati balcanici hanno aderito all’UE o comunque sono entrati nella sfera d’influenza europea, il che rende difficile un’eventuale penetrazione turca. Il Caucaso, dove vivono Azerbaigiani, Armeni e Georgiani, è contesto fra Russi e Persiani, è ancora più inospitale dei Balcani e attualmente è conteso fra Russi e Persiani.
Rimane il Levante, o Medio Oriente, regione dilaniata da conflitti etnici. In Libano vivono almeno otto gruppi settari, per non parlare delle frizioni fra Siriani, Israeliani e Palestinesi. Questa regione, proprio a causa dei numerosi gruppetti guidati da interessi divergenti, è incontrollabile, oltre ad essere priva di ricchezze economiche significative.
Ma a differenza dei Balcani e del Caucaso, nessuno rivendica l’egemonia sul Levante: gli Americani si stanno ritirando, l’Iran non è abbastanza forte per proiettare davvero potere al di là dei propri confini e Israele non ha alcuna intenzione di espandersi.
Tutta l’area che va dal Marocco all’Iran (territorio più vasto dell’Europa) è piuttosto povero, e ha un’economia pari a un quarto di quella della Spagna. L’espansione dell’egemonia turca nella regione non verrebbe seriamente contrastata da nessuna grande potenza. E i Turchi lì tentano di ‘farsi le ossa’ dopo 90 anni di quiete, ma non possono contare sulle ricchezze di questa regione per ritornare agli antichi fasti.
2) La diversa natura della moderna Turchia
Il cuore della Turchia rimane la pianura attorno al Mar di Marmara (Istanbul), ma il grosso del suo territorio è costituito dallapenisola anatolica, priva di fiumi navigabili e dallo scarso valore strategico. Per sviluppare l’Anatolia, che ha un territorio arido e roccioso – specialmente nella porzione più orientale - occorrono enormi risorse.
Il connubio forzato fra la regione del Mar di Marmara e l’Anatolia, isolate dal resto del mondo per 90 anni, ha cambiato radicalmente la mentalità dei Turchi.
In primis ha creato un equilibrio di potere che non esisteva all’epoca imperiale: i Turchi hanno investito ingenti risorse in Anatolia costruendo infrastrutture, aumentando il tasso di scolarizzazione, espandendo la burocrazia, le forze di polizia e l’esercito in tutti gli angoli del paese, e portandola quasi al livello della regione del Mar di Marmara. Sarebbe ovviamente troppo semplicistico affermare che la competizione fra l’establishment religioso (dell’entroterra) e quello secolarizzato (della Turchia europea) abbia basi soltanto geografiche, ma i cambiamenti degli ultimi 90 anni hanno indubbiamente spostato l’equilibrio interno.
La cultura turca è cambiata nelle ultime generazioni: i Turchi ottomani, come i Bizantini prima di loro, erano cosmopoliti e aperti. Questa cultura è finita con l’Impero Ottomano.
Da allora i Turchi si impegnarono per la costruzione di un’identità turca (fino ad allora inesistente) e per lo sviluppo dell’Anatolia: le relazioni con gli Armeni e i Curdi divennero estremamente ostili, le minoranze vennero escluse dalla vita pubblica e dall’amministrazione.
La Turchia oggi è divisa culturalmente e non può contare su quei vantaggi economici che permisero all’Impero Ottomano di diventare forte e potente. La Turchia non è più una terra di commercianti, la società turca è profondamente dilaniata dallo scontro fra l’establishment secolare della regione del Mar di Marmara, che vorrebbe legare il futuro del paese all’Europa, e l’establishment religioso dell’Anatolia, che vorrebbe invece stringere legami con il mondo islamico in Medio Oriente. Chiaramente non si possono fare distinzioni nette: esistono infatti laici che votano per il partito Giustizia e Sviluppo (AK), attualmente in carica, anche all’interno della regione del Mar di Marmara – ad esempio il sindaco di Istanbul appartiene all’AK.
Il Medio Oriente ha ben poco da offrire alla Turchia – ad eccezione di Israele, con cui il partito islamico AK non vuole avere nulla a che fare per ragioni ideologiche - ma i Turchi non hanno molte alternative per costruire alleanze politiche ed economiche: o l’Europa o il Medio Oriente.
La Turchia è intrappolata in una lotta fra le sue due anime - che di fatto coincidono con le due aree geografiche diverse del paese - e per ora non sembrano esserci soluzioni.
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