Durante una sessione di studio del Politburo tenutasi a ottobre 2025 il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto l'accelerazione della ‘sinizzazione’ delle religioni. La sinizzazione è concetto ampiamente utilizzato dal Partito Comunista Cinese per assimilare le minoranze o subordinare altre entità, Xi ha affermato che la sinizzazione è necessaria perché i gruppi religiosi si adattino alla società socialista e ha insistito sul fatto che i leader religiosi debbano partecipare ‘volontariamente’ alla modernizzazione in stile cinese. Ha inoltre esortato i comitati di partito a rafforzare la propria leadership in campo religioso, migliorare le leggi e le politiche relative alla religione e svolgere attività propagandistiche ed educative sullo stato di diritto negli ambienti religiosi.
Sebbene il concetto di sinizzazione religiosa esista da quando Xi è presidente, all'inizio è stato in gran parte simbolico, prendendo di mira alcune religioni più di altre. Ma queste nuove politiche sembrano più strutturali: un approccio intransigente a tutte e cinque le religioni riconosciute in Cina. Insieme ad altre restrizioni recentemente introdotte, questa nuova posizione dimostra il crescente timore del governo di perdere la sua posizione di unico punto di riferimento ideologico per la società.
È un timore che ha caratterizzato tutti i leader della Cina moderna. Dopo aver istituito la Repubblica Popolare, Mao Zedong dichiarò immediatamente che l'influenza religiosa era legata all'"imperialismo culturale straniero", al "feudalesimo" e alla "superstizione". Credeva che la fede religiosa potesse rivaleggiare con il controllo del partito, quindi perseguitò spietatamente i gruppi religiosi, deportò i missionari e confiscò gli edifici religiosi per uso laico. Durante la Rivoluzione Culturale, proibì tutte le attività religiose e fece distruggere santuari, chiese e moschee. La situazione si calmò sotto Deng Xiaoping, che riconobbe la "complessità" associata alla religione. Sotto il suo governo il partito garantì ai cittadini la libertà di credo religioso, pur continuando a proibire l'educazione religiosa nelle scuole.
Con la crescente prosperità della Cina negli anni '80, anche la vita religiosa prosperò. Le autorità iniziarono a considerare la libera pratica religiosa non solo come forza stabilizzatrice in grado di contribuire all'armonia sociale, ma anche come una fonte di opportunità economiche, in particolare attraverso lo sviluppo del turismo religioso. Il governo finanziò persino la ristrutturazione di alcuni degli edifici distrutti sotto Mao e, per oltre un decennio, tollerò ogni sorta di gruppo e attività religiosa, anche al di fuori delle cinque principali religioni riconosciute e supervisionate dal partito: Buddismo, Taoismo, Islam, Cattolicesimo e Protestantesimo.
Dopo le proteste di Piazza Tienanmen, tuttavia, il partito rafforzò il controllo sulla vita quotidiana in Cina. Gruppi come il Falun Gong, la Chiesa dell'Unificazione e i Bambini di Dio furono banditi, accusati di diffondere l'ideologia anticomunista. Per tutti gli anni '90 e i primi anni 2000 qualsiasi attività al di fuori delle cinque religioni riconosciute non fu tollerata. Sotto la presidenza di Hu Jintao il Consiglio di Stato conferì ai leader locali il potere di controllo sulle entità religiose, ma i leader locali furono generalmente indulgenti.
Xi è più duro. Introducendo il concetto di sinizzazione religiosa, nel 2015, ha invitato tutti i gruppi religiosi a integrare le loro dottrine, i loro costumi e la loro moralità nella cultura cinese. Il concetto, presto seguito da una campagna di regolamentazione, era rivolto principalmente alle religioni considerate "straniere", tra cui il Cristianesimo e l'Islam, che Xi ha definito vulnerabili ai "valori occidentali" e all'estremismo. Ha dunque indicato un divario tra il trattamento delle religioni nate al di fuori dell'Asia orientale e quelle già legate ai valori tradizionali cinesi. L'Islam e tutte le ramificazioni del Cristianesimo sono stati rigorosamente monitorati e regolamentati, i simboli su chiese e moschee sono stati rimossi per renderli "più cinesi". Ai pastori e agli imam è stato chiesto di concentrarsi sugli insegnamenti religiosi che riflettono i valori socialisti. Taoismo e Buddismo sono invece stati risparmiati da questo livello di controllo e hanno ricevuto sostegno finanziario dal governo.
Ora però Xi vuole che tutte e cinque le principali religioni abbraccino la modernizzazione in stile cinese, ovvero sostengano e rispettino i principi del partito. A settembre è stato emanato un nuovo codice di condotta che proibisce a sacerdoti e predicatori di tutte le fedi di utilizzare Internet per svolgere attività religiose. Il nuovo codice di condotta afferma esplicitamente che il personale religioso "non deve colludere con forze straniere" tramite Internet. Erano già in vigore norme che impedivano ai minori di identificarsi legalmente con qualsiasi religione. L'educazione religiosa formale è un tabù persino nelle università.
L'interesse per le comunità religiose è cresciuto tra i membri della classe media urbana in generale. Molti intellettuali oggi hanno meno fede nel partito che nella religione. Sono persone introdotte alla libera pratica del cristianesimo durante soggiorni all'estero – cosa che il governo cinese sta ora cercando di limitare.
Persino le religioni "indigene" risentendo della situazione. Negli ultimi mesi diversi influenti leader buddisti sono stati accusati di aver accumulato ricchezze appropriandosi indebitamente di donazioni. Due di loro sono stati privati ??dello status di monaci e le comunità che si erano formate attorno a loro sono praticamente scomparse. L’accusa di corruzione (dilagante e abbondantemente tollerata nella società cinese) viene utilizzata per sradicare le minacce al potere di Xi e guadagnare la fiducia dell'opinione pubblica.
L'appello di Xi a una rinnovata e intensificata sinizzazione segnala una profonda insicurezza all'interno della leadership per l'erosione lenta e graduale dell'autorità onnicomprensiva del partito.
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