Il 'muro di droni' europeo

24/10/2025

Le capitali europee e i partner NATO stanno prendendo sul serio l’idea di un "muro di droni" sul fianco orientale dell'Europa. Una serie di recenti incursioni di piccoli sistemi aerei senza pilota (UAS) in diversi stati europei hanno portato la difesa aerea al centro dell'attenzione degli stati maggiori. I droni sono risorse di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR), ma possono anche trasportare jammer, spoofer o esche elettroniche che interferiscono con i sistemi di difesa aerea. L'impegno dell'Europa per costruire una barriera contro questi pericoli è sincero, ma le basi operative rimangono incerte semplicemente perché non esiste una visione comune su come dovrebbe essere costruito e come dovrebbe operare.

Un drone monodirezionale da 30.000 dollari può costringere una nazione in difesa a spendere 10 volte di più per l'intercettazione. Se questo divario non si riduce, lo schieramento difensivo perimetrale diventerebbe insostenibile. Il volo a bassa quota e le zone di lancio vicine al confine riducono i tempi di reazione e richiedono dense reti di sensori, il che comporta costi altissimi ed alti consumi energetici, che i singoli stati non potrebbero sostenere da soli per lungo tempo.

La portata della guerra elettronica dipende da potenza, geometria e logistica: i piccoli jammer coprono solo pochi chilometri, anche i grandi emettitori fissi raramente superano i 70-100 chilometri in condizioni ideali. Gran parte della base industriale ed energetica europea si trova vicino ai confini orientali ed è quasi priva di una zona cuscinetto geografica. Inoltre la presenza di corridoi a cielo aperto come lo stretto passaggio del Baltico vicino a Kaliningrad rende complesso il rilevamento di droni nemici e sempre tardiva la risposta. La geografia europea richiede grande mobilità, coordinamento e resilienza energetica per una strategia anti-droni su tutto il territorio, non soltanto nell’area di confine.

Un jamming efficace è una questione di potenza: il jammer deve sovrastare il segnale di controllo del drone trasmettendo un segnale più forte, il che richiede allineamento dell'antenna, energia e sistema di raffreddamento costanti. Una difesa completa richiede anche strutture di comando condivise e procedure compatibili tra gli Stati per poter gestire tutta la rete e prevenire lacune nella copertura.

Un jammer da 50 kilowatt richiede 300-800 litri di gasolio al giorno a carico continuo, quindi ogni sezione del muro di droni richiederebbe rifornimenti giornalieri e altre attività logistiche vulnerabili. Perciò più che installazioni permanenti ad alto consumo di energia è meglio utilizzare squadre mobili, kit di alimentazione ibrida preposizionati e generatori modulari.

Negli ultimi mesi i droni ucraini hanno preso di mira le raffinerie di petrolio ben all’interno del territorio russo, ma senza riuscire a paralizzare l'infrastruttura energetica russa, perché le raffinerie principali si trovano a centinaia di chilometri dai confini, protette da molteplici linee di difesa: difesa elettronica, difesa aerea a corto raggio e sistemi missilistici terra-aria. L'Europa invece non ha il vantaggio della distanza. Gran parte della sua industria si trova in prossimità del territorio controllato dalla Russia.

Ma anche il modello di difese stratificate della Russia ha limiti. Lanci ravvicinati persistenti, attacchi a sciame con rotte di volo che abbracciano il terreno possono superare anche le difese stratificate, benché la profondità strategica ritardi l’impatto.

L'Ucraina, priva di profondità geografica, fa affidamento su mobilità, dispersione e improvvisazione. Piccole squadre di guerra elettronica, ripetitori radar mobili e intercettori prodotti localmente consentono un rapido riposizionamento e una protezione parziale dei siti critici. Ma il costo della resistenza è molto alto.

Israele è un altro caso da prendere in esame. Israele compensa la mancanza di profondità con una stretta integrazione di tutti i sistemi, un comando centralizzato, un coordinamento costante e anni di esperienza operativa. Le dimensioni compatte e il comando centralizzato consentono stretti circuiti sensore-arma e un ritmo operativo elevato. Sistemi come il Drone Dome, l'Iron Dome e l'Iron Beam combinano il jamming con intercettori ad alta energia diretta, dimostrando che la stratificazione può funzionare se ben centralizzata. Questi vantaggi però mancano all'Europa. Persino in Israele, tuttavia, gli attacchi a sciame e la pressione simultanea su più fronti possono violare le difese, come è successo il 7 ottobre.

La lezione comune è che la copertura non garantisce la sicurezza. I sistemi stratificati devono essere sostenuti da abbondante energia, mobilità e una gestione disciplinata delle munizioni. Sarebbe quindi irrealistico pensare al ‘muro di droni’ europeo come a una barriera impenetrabile. L'imperativo fondamentale è impedire ai droni nemici di accedere a nodi e corridoi critici, soprattutto infrastrutture ferroviarie, portuali, delle telecomunicazioni e dell'energia. Per raggiungere questi obiettivi è necessario utilizzare molteplici strumenti. La guerra elettronica, i droni intercettori, i sistemi d'arma e le armi ad impatto diretto sono tutte opzioni sostenibili. Occorre poi la sorveglianza costante dei corridoi di lancio che i nemici potrebbero utilizzare e il coordinamento di tutte le forze. Occorre la fusione di organizzazioni civili e militari per coordinare le capacità radar, di telecomunicazione ai fini di intelligence, sorveglianza e ricognizione. Esercitazioni anti-drone regolari e protocolli legali semplificati debbono permettere un rapido processo decisionale ed evitare interferenze conflittuali nei sistemi civili o nella sovranità delle nazioni vicine.

L’Europa si trova ad affrontarne molti vincoli, in primis gli altissimi costi e la geografia. Il fianco orientale della NATO si estende per quasi 3.800 chilometri lungo i confini di Russia e Bielorussia, richiedendo una copertura continua attraverso molteplici confini nazionali.

Anche il rilevamento dei droni è impegnativo, richiede sensori diversi da quelli offerti dalla sorveglianza aerea a lungo raggio. I sistemi anti-droni utilizzano in genere radar specializzati ad alta risoluzione con sensori a radiofrequenza, elettro-ottici e acustici che aiutano a localizzare e tracciare piccoli droni a bassa quota. Questi sensori sacrificano la portata in favore della risoluzione più precisa necessaria per rilevare e seguire bersagli a bassa quota.

Ci sono poi vincoli legali e diplomatici. La burocrazia e le complesse strutture decisionali possono ritardare sia l'approvvigionamento sia l'assunzione di personale qualificato. La pressione politica per risultati tangibili incoraggia risultati rapidi, con il rischio di effetti secondari che potrebbero avere conseguenze indesiderate per le reti civili. L'errore umano, derivante dall'affaticamento degli operatori o dal sovraccarico di informazioni, è un altro possibile rischio. Sciami di droni e droni-esca possono inondare lo spazio aereo di falsi bersagli, rendendo essenziali l'automazione e un impegno disciplinato. Personale qualificato e motivato è essenziale per ogni nodo del sistema che controlla il funzionamento, il rifornimento e la rotazione delle apparecchiature. Ma nessun sistema è ermetico; la resilienza, ovvero la rapidità di riparazione e la ridondanza funzionale, è la chiave del successo.

Nel breve termine, l'Europa potrebbe rispondere in modo non uniforme, senza veri risultati. Nei prossimi anni sono possibili due traiettorie. Nella prima, l'Europa tratterà la difesa UAS come un progetto politico-industriale, migliorando la capacità energetica e di mobilità, aggiornando gli effettori a basso costo, armonizzando i dati civili-militari e conducendo test continui sui corridoi chiave per misurare i tempi di recupero e l'intercettazione.

La strada alternativa vede i governi inseguire l'idea di un "muro" ininterrotto e impenetrabile. I bilanci aumenteranno vertiginosamente man mano che intercettori di fascia alta e prototipi affrettati colmeranno il divario tra aspettative politiche e realtà operativa. Il risultato sarà l’esaurimento fiscale senza una deterrenza credibile.

L’ Europa non può comprare l'impermeabilità, ma può aumentare la prontezza di risposta e promuovere la continuità investendo nella sicurezza energetica, nella capacità di interventi rapidi con strutture mobili e nell'integrazione istituzionale che mantenga le difese costantemente adattabili.

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