Il problema dell’acqua in Asia Centrale

16/09/2023

Due stati dell’Asia Centrale sono ricchi di acqua (Tagikistan e Kirghizistan), gli altri (Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan) non hanno nessun controllo sulle fonti d’acqua da cui dipendono. È una situazione che alimenta tensioni e rivalità.

I due fiumi che attraversano la regione sono l'Amu-Darya e il Syr-Darya, le cui acque sono sempre più insufficienti a soddisfare le necessità. Lo scompenso fra la disponibilità e la necessità d’acqua ha più cause:

-          il cambiamento climatico, che causa lo scioglimento dei ghiacciai più velocemente di prima, porta meno neve sulle montagne del Tian Shan e del Pamir-Alay, fa diminuire il livello dell’acqua nei laghi;

-          le infrastrutture obsolete, inclusi gli impianti industriali d’epoca sovietica. In Uzbekistan, ad esempio, il 40% dell’acqua va persa per l’inadeguatezza delle infrastrutture.

-          Le crescenti tensioni tra gli ex stati sovietici su come gestire le risorse. In epoca sovietica Mosca gestiva il sistema di irrigazione dell’intera regione. Dopo l’indipendenza, i paesi dell’Asia Centrale decisero inizialmente di condividere l’acqua dei fiumi transfrontalieri, ma poi iniziarono a dare priorità agli interessi nazionali e locali. Tagikistan e il Kirghizistan hanno costruito nuove centrali idroelettriche perché la loro economia aveva bisogno di più energia, sottraendo acqua ai paesi a valle.

-          Un altro problema è la crescita della domanda. Secondo stime ONU, la popolazione della regione è cresciuta del 50% dagli anni ’90 (da 52 milioni a 78 milioni) e raggiungerà più di 100 milioni entro il 2050. L’acqua è necessaria non soltanto per uso domestico ma anche per irrigare i campi, dato che l’agricoltura rappresenta il 15% dell’economia kirghisa, il 27% dell’economia tagica e il 26% dell’economia uzbeka.

-          Anche il canale di irrigazione Qosh Tepa nel nord dell’Afghanistan, che sarà completato nel 2028, è una preoccupazione per gli stati dell’Asia Centrale, perché potrebbe ridurre grandemente la portata dell’Amu Darya in Uzbekistan e Turkmenistan.

Quest’anno persino il Kirghizistan si è trovato in carenza d’acqua nel bacino idrico di Kirov a causa della siccità e ha interrotto quasi del tutto la fornitura al Kazakistan, che ora ha a disposizione soltanto un decimo dell’acqua di cui avrebbe bisogno. Durante il mese di agosto 2023 in parte del Kazakistan è stato dichiarato lo stato di emergenza. Si prevede che quest'anno i raccolti agricoli saranno del 25-30% inferiori a quelli dello scorso anno. Anche in Uzbekistan gli abitanti hanno dovuto far scorta l'acqua nelle case e utilizzarla con parsimonia.

Con il deterioramento delle condizioni economiche e ambientali, le popolazioni potrebbero iniziare a migrare. La Banca Mondiale prevede che il numero di migranti climatici in Asia Centrale potrebbe raggiungere i 2,4 milioni entro il 2050. La migrazione muoverà verso il confine meridionale del Kazakistan, nelle aree circostanti la valle di Ferghana e nelle aree intorno a Bishkek. Molti potrebbero andare a cercar lavoro in Russia e Cina. Potrebbero anche svilupparsi conflitti regionali. Già nel 2022 il Tagikistan e il Kirghizistan hanno avuto scontri di confine violenti, per l’acqua e la terra. Man mano che cresce l’importanza dell’Asia Centrale, sia come via di transito sia come fornitrice di energia e di altre risorse ad altre regioni, le tensioni regionali si rifletteranno su scenari ben più ampi.

Il governo kirghiso ha recentemente firmato un accordo con aziende cinesi per la costruzione di molteplici centrali idroelettriche che contribuiranno a generare più energia ma ridurranno le perdite d’acqua, grazie a infrastrutture più moderne. È un primo passo, ma non basterà. 

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