La Russia ha invaso l’Ucraina per ragioni geostrategiche e anche per ragioni economiche. In termini di PIL pro capite la Russia è all’85° posto nel mondo, incastonata tra Bulgaria e Malesia. La Russia è più povera di quanto sembri, dietro la maschera dell’élite superricca. La vita nelle grandi città come San Pietroburgo e Mosca è lussuosa per i ricchi e accettabile per gli altri, ma è ancora molto dura in campagna.
Le dimensioni del paese e le difficoltà di trasporto rendono difficile il governo della Russia. Dai tempi degli zar in poi a tenere insieme la Russia non è il tessuto economico e sociale, ma la forza dello stato, mantenuta con i servizi di sicurezza. Non sorprende che il paese che vantava l’Okhrana abbia anche prodotto un presidente che si è fatto le ossa nel KGB. A torto o a ragione, le dimensioni e l’inefficienza della Russia tendono a richiedere una mano forte. Ma la mano deve dimostrare di essere davvero forte. Gli intellettuali in Russia parlano di democrazia e diritti umani, ma la gente vuole protezione contro gli invasori dall’esterno e contro il caos e la povertà all’interno.
Dalla Bielorussia al Kazakistan Putin ha cercato, nell’unico modo che credeva opportuno, di ricostruire la forza della Russia, mattone dopo mattone. L’Ucraina è il mattone più grande. Crede di doverlo assolutamente prendere. La Russia stava diventando irrequieta, i dissidenti venivano arrestati. Strategia e potere lo hanno quasi costretto ad agire. Ma il suo strumento d’azione, l’esercito russo, si è dimostrato inefficiente quanto la Russia stessa. È un tipo di esercito burocratizzato e disorganizzato, che ha più timore di Putin che dei nemici.
Putin voleva la rapida sconfitta del nemico, voleva attaccare il cuore dell’esercito ucraino, il suo centro di gravità. Ma l’Ucraina non aveva un centro di gravità, solo una forza di fanteria leggera ampiamente dispersa che non forniva un unico punto da distruggere. L’Ucraina ha sorpreso il nemico con resilienza e imprevedibilità. L’esercito russo non ha previsto questo tipo di guerra e ora può soltanto condurre azioni brutali contro i civili, che resistono all’invasione insieme ai militari. E Putin non lo fermerà, secondo George Friedman (Geopolitical Futures del 5 aprile 2022, How the Ukraine War Will Likely End). Ogni accordo, tranne la resa del nemico, sarebbe una rivelazione di debolezza da parte di un paese debole e di un governante debole. Putin potrebbe raggiungere il cessate il fuoco, ma se lo fa è finito. Non essere in grado di sconfiggere gli Ucraini ed essere disprezzato dall’Occidente distrugge il mito del suo potere. Ma anche continuare la guerra all’infinito rivela la stessa cosa.
Ora la priorità di Putin è fingere che la sconfitta non stia accadendo. Forse prenderà accordi, ma non li rispetterà. La posta per lui si fa sempre più alta. L’esercito è sul campo da oltre un mese, deve ruotare le forze. Strategicamente, dovrebbe applicare una forza crescente, invece sta eseguendo un sanguinoso ritiro. Ciò significa che il piano di guerra di Putin è andato in frantumi.
Putin potrebbe ricorrere a una finta in altre direzioni – magari nei Paesi Baltici o in Moldavia – ma gli manca la forza per combattere su un altro fronte. Sicuramente si aggrapperà al potere e incolperà tutti quelli che lo circondano. Ma ogni giorno di guerra in più ormai lo indebolisce, e lui sa di poter contare sempre meno su chi gli è a fianco. Deve continuare a combattere fino a quando non viene costretto ad andarsene, oppure fino a quando riesce a vincere. Ma la vittoria è ormai improbabile.
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