La crisi economica o politica del Libano continua, perciò molte persone che vivono nel paese tenteranno di fuggire in Europa, dando origine a una nuova crisi migratoria.
Il 13 gennaio le proteste contro l’aumento vertiginoso dei prezzi del carburante e gli scioperi a livello nazionale hanno paralizzato i trasporti, chiuso scuole e università, ma non c’è stata quasi reazione da parte del governo, che latita, non ha denaro da spendere per nessuna iniziativa e non si riunisce dallo scorso ottobre. Hezbollah, sostenuto dall’Iran, ha ricevuto spedizioni di carburante iraniano attraverso la Siria.
Sono probabili disordini violenti, perché l’80% dei libanesi oggi vive in condizioni di povertà. I libanesi della classe media stanno già fuggendo dal paese per l’Europa, le Americhe e gli stati arabi del Golfo attraverso un processo di migrazione formale. Ma poiché le condizioni di vita continuano a deteriorarsi, un numero crescente di cittadini libanesi più poveri e sempre più disperati – insieme ai rifugiati palestinesi e siriani che vivono nel paese – tenterà di fuggire in Europa e a Cipro attraverso rotte marittime illegali. I primi flussi si sono già avvistati da alcune settimane.
La minaccia di un’altra crisi migratoria potrebbe spingere l’Europa a fornire aiuti finanziari al governo libanese, anche se ciò consentirebbe di rimanere al potere proprio a coloro che hanno creato le crisi e provocato le violenze. Gli stretti legami della Francia con Beirut permetterebbero una certa influenza sul governo. Ma un maggiore sostegno finanziario da parte dell’Unione Europea non affronterebbe il nocciolo dei problemi del Libano, che è radicato nel sistema politico del paese.
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