Shapiro risponde a Friedman, ma devia il discorso

24/09/2019

Il 20 settembre Jacob Shapiro dice la sua sulle opinioni di George Friedman su geopolitica, caratteri individuali e filosofia, in un articolo pubblicato su Geopolitical Futures, dal titolo Is there hope for the US-China Relationship? Ecco la traduzione delle parti salienti.

 

Ho basato molto del mio lavoro degli ultimi anni sulle riflessioni di George Friedman e in particolare su un articolo in cui l’analista rifletteva sull’amore delle persone per le proprie origini, partendo dall’analisi del Romeo e Giulietta di Shakespeare. Friedman sosteneva che non fosse una celebrazione dell’amore romantico, ma piuttosto una delle più feroci e profonde critiche mai scritte sull’Illuminismo. L’Illuminismo celebra l’individualismo e il valore delle nuove generazioni, che sono in grado di rompere con le regole del vecchio mondo e spazzarlo via per dare origine a qualchecosa di radicalmente nuovo. Romeo e Giulietta, figli di famiglie in guerra tra di loro, rompono la prima regola della società tradizionale decidendo di disobbedire ai genitori per abbandonarsi invece a un’affinità elettiva, non di sangue. Il risultato è la morte dei due amanti e una nuova e ancor più sanguinosa guerra tra le famiglie. Shakespeare sembra volerci dire che gli esseri umani non possono sfuggire a ciò che sono e che la definizione di ciò che noi siamo deriva dalle origini e dalla famiglia.

Negli ultimi tempi ho iniziato a mettere in discussione questa tesi. Sono d’accordo con Friedman che Romeo e Giulietta non è la celebrazione di due giovani innamorati. C’è qualchecosa di pericoloso e perfino di innaturale nel loro amore, ma c’è anche qualchecosa di nobile: il rifiuto di un conflitto che sembra insensato (di cui in effetti Shakespeare non si prende neppure la briga di spiegare l’origine). L’odio può essere irrazionale e casuale tanto quanto lo è l’amore che unisce Romeo e Giulietta. I due giovani rifiutano quel conflitto e non accettano i limiti imposti dalle loro famiglie. La loro fine però è tragica. Dovremmo dedurne che Romeo e Giulietta non avrebbero dovuto amarsi e dobbiamo trarne la lezione che si deve sempre obbedire alla famiglia? Non credo, ma d’altra parte non è ben chiaro quale sia la lezione da trarne, se non che è necessario trovare una via per la moderazione.

Aristotele attribuiva una grande importanza alla moderazione, in particolar modo riteneva che la pratica della virtù fosse in grado di stemperare l’estremismo. L’amore per le proprie origini e l’amore romantico non sono una virtù di per sé, poiché non sono frutto di una scelta: gli esseri umani non scelgono la propria famiglia e non scelgono se amarla o meno, così come non scelgono di chi innamorarsi. La soluzione al problema che ci pone Shakespeare non può essere la negazione dell’amore romantico né il tradimento della propria famiglia. L’amore romantico e l’amore per le proprie origini sono parte di quel che significa essere umani e possono favorire la moderazione, se in equilibrio tra loro. Romeo e Giulietta hanno praticato solo l’amore l’uno per l’altra, negando quello verso le loro famiglie, così come i Capuleti e i Montecchi hanno badato solo alla lealtà ai legami di sangue. È proprio quando l’Illuminismo diventa così sicuro di sé da pensare di aver spazzato via la tradizione che fallisce, così come la tradizione fallisce quando non riesce a comprendere che la vita evolve e rimane ancorata al passato.

Se si traspone il discorso dagli individui alle nazioni, parafrasando Aristotele potremmo dire che la pace è il punto mediano tra la lealtà a una nazione e la fede nell’umanità condivisa di tutte le nazioni (Aristotele parlerebbe di punto mediano “tra un eccesso di irresponsabilità e la mancanza di interesse personale”). La storia tragica di Elena di Troia è l’emblema di quel che accade per eccesso di irresponsabilità; la Germania nazista l’esito dell’eccesso di interesse personale (una fervente fede nella superiorità della propria razza che conduce alla disumanizzazione di quelli che non sono abbastanza fortunati da far parte del gruppo dei “superiori”). Lo scopo dell’amore per le proprie origini è difendere dal pericolo la propria famiglia (o nazione); l’amore per un altro essere umano significa riconoscere in una certa misura che tutti gli esseri umani sono per certi versi uguali. La via di mezzo tra questi due poli è uno stato in cui la nazione è protetta ma non per questo le passioni sono proibite. La via di mezzo tra l’amore per le proprie origini e l’amore romantico non è l’estasi, ma la pace. La virtù coltivata dalla pratica congiunta di questi due sentimenti è la responsabilità. Non si può sacrificare uno dei due sentimenti sull’altare dell’altro (che è esattamente ciò che accade in Rome e Giulietta).

Lingua, cultura, religione e valori hanno diviso gli esseri umani in tribù, famiglie e nazioni differenti da tempo immemore, ma è altrettanto vero che l’umanità ha sempre condiviso alcune esperienze comuni: tutti gli esseri umani nascono, muoiono e vivono una vita piena di gioie e dolori. Su queste esperienze comuni si basa la speranza di poter allargare la definizione delle “proprie origini”, nella convinzione che per quanti elementi differenzino le nazioni le une dalle altre, ci sia sempre qualchecosa di universale comune a tutti gli esseri umani e che si possa costruire un ordine politico basato su ciò che tutti abbiamo in comune.

A molti oggi l’amore per le proprie origini pare l’unica solida certezza a cui ancorarsi, ma senza un elemento che lo moderi e controbilanci si rischia di trasformare l’amore per le proprie origini in devozione cieca. È proprio quella cieca devozione che porta Donald Trump ad affermare “Prima l’America” o Xi Jinping a parlare di “grande rinascita della nazione cinese”. Romeo e Giulietta non è un monito sul pericolo che l’amore romantico rappresenta per la società tradizionale, ma un monito contro il radicalismo in tutte le sue forme e, a ben guardare, proprio contro quel radicalismo che sta infettando sia la Cina che gli USA, portandoli a una rivalità dalla quale solo uno dei due contendenti potrà uscire illeso.

Cina e USA stanno diventando sempre più come i Montecchi e i Capuleti. Nessuno dei due sembra capace di capire l’altro. Gli USA guardano alla Road and Belt Initiative cinese e vedono un pericoloso candidato all’egemonia in Eurasia che agisce seguendo una logica mercantilista. Guardano alla belligeranza della Cina nel Mar Cinese Meridionale e alla modernizzazione della sua marina e vedono la versione moderna della Germania Gugliemina. Vedono gli Uiguri nei campi di rieducazione, la centralizzazione del potere nelle mani di una sola persona e l’enfasi posta sul nazionalismo e li vivono come eco odiose di passati nemici. Intanto la Cina guarda agli USA e vede l’erede dell’Impero Britannico e un complice dell’umiliazione inflitta alla Cina per un secolo. Vede un paese che giustifica con ideali come la libertà e il liberalismo interventi militari in giro per il mondo ma in realtà mette in atto politiche molto calcolatrici e spietate. Vede una potenza economica revisionista che un tempo era ben felice di delocalizzare la produzione in Cina e ora grida allo scandalo, perché l’unico sistema possibile deve essere quello che mantiene l’America forte e indebolisce la Cina.

Abbiamo un disperato bisogno di moderazione. Gli USA dovrebbero vedere la Cina come l’antica e orgogliosa civiltà che è, in grado di riappropriarsi della propria eredità dopo il fallito tentativo del Maoismo di epurarla tramite la Rivoluzione Culturale. Gli Stati Uniti dovrebbero capire che la Cina sta attraversando un periodo di ricostruzione economica e di instabilità politica e che la legittimità politica cinese si è sempre basata sul mantenimento dell’armonia, non sulla garanzia della libertà individuale. Allo stesso modo la Cina dovrebbe guardare agli USA e non vedere gli eredi dell’Impero Britannico, ma un paese che, anche se imperfetto nella pratica, è improntato a ideali che trascendono i confini nazionali, come il diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà, alla libertà di culto. Dovrebbe guardare alla forza militare americana non come a una minaccia esistenziale, ma come a un garante del commercio mondiale che potrebbe aiutare la Cina a gestire la sua transizione economica. La Cina dovrebbe poi essere molto più onesta circa le sue intenzioni nel Mar Cinese Meridionale e Orientale ed evitare l’aggressività che ha caratterizzato la presidenza di Xi Jinping. Spero che entrambe le parti possano andare oltre una visione provinciale del loro interesse nazionale e pensare a cosa potrebbe accadere se continuassero sulla strada intrapresa. Una rivalità strategica che si evolvesse in un conflitto militare sarebbe disastrosa per entrambi e per il mondo intero.

 

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