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Per la seconda volta in due anni l’Etiopia ha dichiarato lo stato d’emergenza, a causa delle violente proteste dei cittadini. Il primo ministro ha rassegnato le dimissioni.
Il cuore del problema è che il governo al potere non rappresenta la maggioranza dei cittadini. La coalizione al governo rappresenta l’etnia tigrina (del Tigray), che però costituisce soltanto il 6% della popolazione. I gruppi etnici Oromo e Amara, ognuno dei quali costituisce circa un terzo della popolazione, non hanno rappresentanza al governo. Le terre fertili sono poche, la rivalità per le risorse è alta. Ora i vicini iniziano a preoccuparsi, soprattutto l’Egitto e il Sudan, per timore che la ribellione esca dai confini.
L’Etiopia è riuscita a respingere le invasioni dall’esterno per oltre due secoli. Ci abbiamo provato noi Italiani, ci ha provato il Sudan, la Somalia, l’Egitto, ma tutti sono stati respinti. L’Etiopia ci è riuscita usando sempre lo stesso sistema: si allea con una potenza esterna abbastanza forte da proteggerla efficacemente ma abbastanza lontana da non avere interesse a invaderla. La posizione sul Corno d’Africa è strategicamente importante, perciò l’Etiopia non ha mai faticato a trovare grandi potenze disposte a farsi sue protettrici.
Dagli anni ’90 i protettori sono gli USA, ma non è certo che questa alleanza continui. Gli Stati Uniti stanno cercando di diminuire il loro impegno nella regione, non vogliono trovarsi impigliati in altri combattimenti sul terreno. Offrono copertura dal cielo con aerei e droni, ma non intendono inviare truppe. Gli USA potrebbero volersi appoggiare di più al vicino Kenya, trascurando l’Etiopia. Ha subito pensato di approfittarne la Turchia, che sta perseguendo una politica di espansione sulle orme del defunto Impero Ottomano. Una delegazione del governo turco ha visitato recentemente la Somalia e il Sudan. In Sudan ha stipulato un accordo per il recupero dell’antico porto ottomano sull’isola di Suakin. In Somalia ha aperto una piccola base militare in cui addestra le truppe somale. In Etiopia ha fatto offerte, ma lo stato di emergenza ha bloccato visite e negoziati. Non mancano altri candidati al ruolo di ‘grande protettore’ dell’Etiopia: la Russia, la Cina, l’India e soprattutto l’Iran.
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