È il titolo di un articolo apparso il 27 ottobre, che traduciamo quasi integralmente perché ci pare molto importante, data la posizione e la conoscenza del suo Autore, direttore del Centro per il Pluralismo Islamico nel Regno Unito.
Quando l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti decisero di comune accordo di aiutare i Mujaheddin dell’Afghanistan, il problema del Kashmir venne momentaneamente accantonato. Ma appena Washington iniziò a dare la caccia ad al Qaeda in Afghanistan i fondamentalisti pakistani si spostarono nel Kashmir. Ora è arrivato il momento che tutti i Mussulmani dell’India e del Bangladesh temevano: le varie fazioni radicali, fra cui la setta Deobandi - alleata dei Wahabiti Sauditi - e Jamaat-e-Islami, in cui militano veterani dell’Afghanistan e del Kashmir, hanno iniziato a lanciare un’offensiva contro il Pakistan stesso.
I Mussulmani moderati del Pakistan temono che né il governo di Karachi né i Barelvi (islamici sunniti della penisola indiana che si ispirano all’insegnamento di Ahmad Riza Khan e sono ostili ai talebani, ndt) possano fermare l’attacco degli estremisti. […]
Un’eventuale vittoria dei Talebani in Pakistan, oltre a destare numerose preoccupazioni per la presenza di numerosi arsenali nucleari all’interno del paese, causerebbe un ulteriore deterioramento delle relazioni con l’India. Inoltre l’Afghanistan ne risulterebbe decisamente indebolito e quindi al Qaeda potrebbe proliferarvi indisturbata. In uno scenario simile i movimenti estremisti del Bangladesh, che traggono ispirazione dai Deobandi pakistani, crescerebbero a dismisura, ed anche i Pakistani e i Bangladesi - che rappresentano il 60% dei Musulmani britannici - e i Pakistani americani si radicalizzerebbero a loro volta.
Nonostante il pericolo sia altissimo sia per i Mussulmani che per i non-Mussulmani, una cosa è chiara: l’occidente non può vincere intervenendo militarmente in Pakistan. Proprio come l’Arabia Saudita, anche il Pakistan ha forgiato alleanze con gli occidentali, ma allo stesso tempo ha continuato ad alimentare il radicalismo in patria e oltre i confini. Se Islamabad non vuole cadere, i Pakistani stessi devono intervenire cacciando gli infiltrati Deobandi e di Jamaat-e-Islami dall’amministrazione e dall’esercito del paese.
[…] Anche se non siamo esperti militari, i miei colleghi ed io al Centro per il Pluralismo Islamico abbiamo più volte ribadito che i Mussulmani sono consapevoli di alcune cose che normalmente non vengono prese in considerazione in occidente – forse perché mal interpretate.
· I Mussulmani sanno che il conflitto in Afghanistan non riguarda la politica o le differenze etniche, bensì l’ideologia islamica radicale.
· I Mussulmani sanno che concentrare l’attenzione esclusivamente su al Qaeda potrebbe essere controproducente, e non soltanto in quei paesi occidentali con una vasta diaspora pakistana come il Regno Unito o gli Stati Uniti.
· I Mussulmani sanno che in Pakistan il terrorismo è un problema centrale e non è assolutamente un effetto collaterale.
Tutti i mussulmani nel mondo sanno che in Afghanistan si trova la retroguardia dei potenti movimenti estremisti del Pakistan. Le guerre innescatesi in Afghanistan all’indomani del ritiro russo nel 1989 vengono spesso descritte come una conseguenza del conflitto precedente.
È certo che nella devastazione lasciata dai Sovietici si è aperto un vuoto presto riempito dai Talebani. L’offensiva occidentale contro i Talebani dopo l’11 è stata scatenata direttamente contro al Qaeda, e tuttora la strategia di guerra è ancora improntata su questo obiettivo.
Secondo noi però il centro della crisi del Sudest asiatico si trova in Pakistan e non in Afghanistan. In Pakistan i fondamentalisti Deobandi, così come i seguaci di Jamaat-e-Islami, si erano già radicalizzati ed avevano tentato di prendere il sopravvento sullo stato prima ancora che i Russi attaccassero l’Afghanistan - allora il pretesto era il conflitto con l’India nel Kashmir. L’espansionismo russo non soltanto è stata la causa della fine dell’Unione Sovietica, ma anche dell’indebolimento dell’establishment politico e militare del Pakistan. Al Qaeda non aveva niente a che fare con la resistenza afgana contro i Russi – questo è un dettaglio che molto sovente si ignora. Osama bin Laden e i suoi seguaci – con l’ausilio dell’Arabia Saudita – non hanno deciso di stabilirsi in Afghanistan per combattere contro i Russi né tantomeno per la geografia del territorio.
Al Qaeda aveva già notato che i Talebani, cresciuti nelle madrasse Deobandi (Talib significa “studente” in Arabo), avevano instaurato un governo fondamentalista con l’approvazione del Pakistan. I Deobandi e i Jaamati erano penetrati nei servizi segreti pachistani (ISI) e, nonostante l’opposizione dei Barelvi – che sono la maggioranza in Pakistan – si sono scagliati contro l’Islam tradizionale ed hanno infangato la reputazione degli Sciiti e dei Sufi che non volevano sottomettersi. I Deobandi e i Jaamati continuano a ricevere ingenti finanziamenti dai paesi del Golfo e non negano di voler talebanizzare tutto ciò che riescono a raggiungere.
I Mussulmani pakistani in Occidente sono costretti ad affrontare numerosi problemi a causa del radicalismo. I Barelvi nel Regno Unito hanno perso il controllo delle loro moschee, usurpate da Deobandi e Wahabiti, e hanno quindi deciso di intraprendere azioni legali per riprendersele. Negli Stati Uniti una delle più potenti organizzazioni estremiste dell’Islam, il Circolo Islamico del Nord America, è direttamente legato a Jamaat-e-Islami. Per i Wahabiti e i Deobandi la talebanizzazione non riguarda esclusivamente i Mussulmani in patria, ma anche quelli che vivono in Occidente. Inoltre va sottolineato che a causa dell’estremismo i paesi occidentali saranno costretti ad affrontare una nuova schiera di terroristi interni, capaci di muoversi autonomamente senza dover ricevere direttive dall’estero. […]
I moderati pakistani si sono così ritrovati nelle spire del cobra fondamentalista, così ben nutrito dal governo. Gli analisti occidentali non sembrano voler ammettere che è il Pakistan e non l’Afghanistan l’area da tenere sotto controllo. Gli Occidentali hanno trattato l’Afghanistan come un problema a sé stante perché volevano eliminare i santuari di al Qaeda dal paese, ma poi si sono resi conto che i terroristi si erano anche stanziati nelle aree di confine del Pakistan.
Gli esperti occidentali non amano essere messi al corrente di fatti che non credono possibili, e ancor peggio non amano sentirsi dire “te l’avevamo detto”. Ma in questo caso noi Mussulmani moderati possiamo affermare che il mondo era stato messo in guardia sulla situazione e quindi poteva aspettarsi un esito simile.
Di Irfan Al-Alawi, direttore del Centro per il Pluralismo Islamico nel Regno Unito.
Traduzione: Davide Meinero
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