Il 22 settembre 2009 il segretario di stato statunitense Hillary Clinton ha incontrato a New York il leader turkmeno Gurbanguly Berdimukhammedov, venuto per l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per cercare di stabilire un rapporto di collaborazione fra i due stati.
La Clinton ha affermato che gli Stati Uniti sono interessati a collaborare con il Turkmenistan in campo energetico e politico, e che sono pronti ad investire nello sviluppo dei giacimenti di gas e di petrolio del paese. Ashgabat però ha rifiutato l’offerta.
Il Turkmenistan sta assumendo sempre maggiore importanza man mano che la competizione internazionale fra Russia e Stati Uniti si espande, dato che
può essere un importante crocevia per le operazioni militari in Afghanistan. Inoltre il Turkmenistan
può facilmente esportare energia nel vicino Iran – ed ora che si preannunciano sanzioni contro la Repubblica Islamica è di fondamentale importanza controllare il flusso dei rifornimenti.
Il Turkmenistan possiede la quarta riserva di gas del mondo – 8 trilioni di metri cubi - e
produce circa 75 miliardi di metri cubi di gas l’anno – la quantità varia col variare delle relazioni con la Russia.
Data la sua posizione geografica, il Turkmenistan può facilmente spedire il gas in Europa, in Russia, in Cina ed in Iran. Il territorio turkmeno è in larga parte pianeggiante ed è quindi facile costruirvi gasdotti. Le decisioni che riguardano le risorse energetiche del paese sono nelle mani di poche persone – è piuttosto raro che così tanto gas non sia vincolato da una molteplicità di contratti -
e le raffinerie di epoca sovietica sono sottoutilizzate.
Dato che Ashgabat subisce tuttora l’influenza del Cremlino, la maggior parte del gas fluisce verso la Russia. Ma
recentemente Mosca ha completamente bloccato le importazioni di gas naturale provenienti dal Turkmenistan (pari all’80% delle esportazioni turkmene). Nonostante ciò Ashgabat sa di non poter sfuggire alla presa di Mosca.
Il governo turkmeno ha un atteggiamento estremamente paranoico nei confronti dei suoi vicini e Mosca sa sfruttare molto bene questo aspetto offrendo protezione militare in cambio di un totale asservimento. Anche se ci sono molte voci sul taglio delle importazioni russe, si tratta di una misura temporanea che presto potrebbe essere abbandonata.
I Turkmeni però nei mesi scorsi hanno iniziato a vagliare altre opzioni ed hanno firmato un contratto per aumentare le esportazioni in Iran – passando da 8 miliardi a 14 miliardi di metri cubi all’anno. Il Turkmenistan deve necessariamente rimpiazzare il vuoto lasciato dalla Russia, mentre l’Iran ha estremamente bisogno del gas turkmeno perché non ha né i mezzi né la tecnologia sufficienti a soddisfare i consumi interni.
Ashgabat sta anche costruendo un gasdotto lungo più di 5.000 kilometri verso la Cina, che dovrebbe trasportare circa 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Pechino è continuamente alla ricerca di energia e il Turkmenistan sta diventando un partner interessante.
Anche
gli Europei hanno deciso di includere il Turkmenistan nel progetto Nabucco, per diversificare le fonti di approvvigionamento e svincolarsi dalla dipendenza dalla Russia.
Il governo turkmeno sa che ognuna di queste opzioni presenta notevoli vantaggi, ma è anche consapevole del fatto che la Russia continua ad aver il coltello dalla parte del manico, e che non è bene mostrare troppa indipendenza.
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