La Strategia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, pubblicata a dicembre 2025, indica come priorità ‘ridurre l'esposizione degli Stati Uniti all'emisfero orientale e concentrarsi sull'emisfero occidentale’. Questo non significa disimpegnarsi completamente dall'emisfero orientale, ma migliorare le relazioni ostili che hanno trascinato Washington in diverse guerre costose e fallimentari, mantenendo le relazioni economiche cruciali.
L’impegno più attivo nell'emisfero occidentale è volto da un lato ad affermare il predominio statunitense in materia di sicurezza, dall’altro a migliorare drasticamente le capacità economiche dell'America Latina, in modo che gli Stati Uniti possano disimpegnarsi dall'emisfero orientale. Le nazioni latinoamericane devono diventare più stabili politicamente e più produttive economicamente.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti hanno basato la loro sicurezza nazionale sulla ricostruzione in Europa e Asia. Era una strategia radicata nella logica della Guerra Fredda, ma anche in una necessità economica di fondo: le economie sviluppate e di successo finiscono con l’avere salari e costi più elevati, perciò ad un certo punto la crescita economica non si traduce necessariamente in benessere economico per la popolazione. Per questo i paesi sviluppati importano prodotti più economici dalle economie meno sviluppate. Da quarant’anni la Cina è diventata il punto di riferimento per la produzione a basso costo. Ma un'eccessiva dipendenza da tali importazioni conferisce agli esportatori una leva economica e geopolitica importante. La dipendenza degli Stati Uniti dai prodotti cinesi oggi è più dannosa che utile.
In questo contesto la rinnovata attenzione militare di Washington al Venezuela è legata non solo alla dimensione militare, ma anche a quella economica. L’idea è che una maggiore crescita economica in America Latina ridurrà le vulnerabilità nell'emisfero orientale e, col tempo, modererà anche il flusso di immigrati verso gli Stati Uniti. Ma prima occorre una maggiore stabilità politica in alcuni paesi latinoamericani.
I paesi latinoamericani trarranno beneficio da tale politica nel lungo termine, ma nel breve termine i loro sistemi politici saranno instabili. Alcune economie latino-americane si basano sull'esportazione di stupefacenti e i cartelli esportatori hanno creato sistemi che rendono impossibile un'evoluzione economica più ampia, minando lo sviluppo di economie più diversificate e potenti.
Le operazioni militari in corso nei Caraibi sono un passo verso l’obbiettivo di indebolire e distruggere i cartelli e quindi il loro potere militare ed economico, fermare il flusso di stupefacenti negli Stati Uniti e consentire al potenziale di ricchezza del Venezuela di emergere.
La quantità di forza dispiegata nei Caraibi è molto superiore a quella necessaria per bloccare il Venezuela, ma può essere compresa considerando un'altra dimensione del problema americano: Cuba, che è stata un potenziale problema da quando, 65 anni fa, Fidel Castro vi ha instaurato un regime comunista, che ha un accordo di difesa con la Russia. Nel rimodellare l'America Latina, Washington deve affrontare il problema cubano. Cuba è diventata un disastro economico: spesso mancano l’elettricità ed i beni di prima necessità. La potenziale (seppur difficile da immaginare) presenza di forze russe a Cuba rappresenta una minaccia per le rotte commerciali e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Se gli Stati Uniti vogliono dare impulso alle economie latinoamericane, devono confrontarsi con Cuba. Cuba e Venezuela oggi si sostengono a vicenda. I servizi segreti cubani contribuiscono a proteggere il governo di Maduro e Caracas è di gran lunga il principale fornitore di petrolio di Cuba. Il recente sequestro di petroliere dimostra l'intenzione americana di interrompere queste forniture e quindi di destabilizzare entrambe le economie.
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