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In materia di energia Washington e Pechino seguono percorsi divergenti che avranno importanti implicazioni per la leadership globale e il potere geoeconomico nel XXI secolo.
Gli Stati Uniti hanno messo in discussione la sostenibilità dell’energia verde e raddoppiato l'uso dei combustibili fossili. La Cina si è invece data l'obiettivo di eliminare la propria dipendenza da petrolio e gas naturale d’importazione e diventare il leader globale nella produzione di energia verde. L’Africa – che ospita il 60% delle migliori risorse solari al mondo e ha un cronico deficit di energia – è il banco di prova dele ambizioni di Pechino.
La Cina non è guidata dall'ideologia, ma da necessità economiche e strategiche. Ha ormai una grandissima produzione di pannelli solari, batterie e turbine eoliche. La produzione supera la domanda interna, dunque Pechino cerca sempre nuovi mercati per l'esportazione, inondandoli di hardware a basso costo e offrendo anche finanziamenti ai paesi clienti. Nel solo 2024 la Cina ha installato oltre 300 gigawatt di nuova capacità solare, portando il suo totale a circa 1.100 GW, di gran lunga più di ogni altro paese al mondo. I prezzi dei moduli solari sono molto al di sotto di qualsiasi concorrente statunitense o europeo.
Lo sbocco principale di esportazione è l'Africa, dove il 43 % della popolazione, circa 600 milioni di persone, non ha ancora accesso a un'elettricità affidabile. Le aziende di servizi pubblici sono spesso insolventi, le reti elettriche inaffidabili, i generatori diesel colmano il divario, ma a costi proibitivi. Le mini-reti solari cinesi in Nigeria, durante un programma pilota, hanno fornito energia a 0,16 dollari/kWh, con costi iniziali recuperati entro sei mesi. Da giugno 2024 a giugno 2025 le importazioni africane di pannelli solari cinesi sono aumentate del 60%, passando da 9,4 GW a 15 GW. Il Sudafrica è stato il principale acquirente, con 3,7 GW. La crescita percentualmente più significativa si è verificata in Nigeria e Algeria. È un commercio altamente redditizio per Pechino, che lega l'economia africana alle catene di approvvigionamento cinesi e genera anche buoni rapporti politici.
La Cina ha istituzionalizzato la sua strategia attraverso il Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC), sotto l'egida dello "sviluppo verde". Il FOCAC funge da strumento di politica e coordinamento: allinea ministeri, banche politiche e imprese statali come PowerChina e China State Construction Engineering Corp. (CSCEC) in catene che combinano finanza, ingegneria e diplomazia. I prestiti cinesi all'Africa hanno ripreso a crescere negli ultimi due anni, dopo un forte calo a partire dal 2016. Al Summit sul Clima Ghana-Cina del 2025, Pechino si è impegnata a realizzare 30 progetti di energia pulita in tutta l'Africa. L'anno scorso, ben il 90% della fornitura di nuovi progetti di energia rinnovabile del continente proveniva direttamente da Pechino.
Il discorso del presidente cinese Xi Jinping all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del settembre scorso, in cui prometteva tagli più consistenti alle emissioni e investimenti a lungo termine nelle energie rinnovabili, ha rafforzato l'immagine della Cina come partner pragmatico per il Sud del mondo in materia di clima. Ma l'iniziativa rappresenta anche una forma sofisticata di sostegno all'industria cinese: incanalando la produzione in eccesso nei mercati in via di sviluppo, Pechino stabilizza il settore interno, amplificando al contempo la propria influenza geopolitica.
Ecco l’esempio di due nuovi progetti:
- PowerChina ha firmato un accordo da 400 milioni di dollari a settembre per la costruzione del De Aar Solar Power Plant da 342 MW in Sudafrica.
- In Algeria, PowerChina e CSCEC hanno avviato la costruzione di due impianti nel deserto per un totale di 420 MW.
La Cina ormai ha raggiunto il dominio di mercato. Ogni fase di espansione del settore genera sempre più apprendimenti e guadagni di efficienza, spingendo i concorrenti sempre più indietro. I produttori americani ed europei, vincolati da costi del lavoro più elevati e da una politica industriale frammentata, non sono riusciti a tenere il passo. I produttori cinesi, un tempo dipendenti dai sussidi, ora sono competitivi a livello globale.
Pechino sviluppa anche progetti più piccoli e modulari, in linea con l'iniziativa "piccolo è bello" di Xi. Offre pacchetti di tipo baratto – scambio di infrastrutture o elettrificazione in cambio di diritti minerari. UE e Stati Uniti sostengono alcune grandi iniziative concorrenti, di cui il principale è il Corridoio di Lobito. Questo complica il controllo della Cina sulle filiere di cobalto, manganese e grafite, ma per l'energia solare su piccola scala la Cina non ha concorrenti e continuerà a espandere il proprio mercato.
Anche gli stati del Golfo, notando il declino strutturale della domanda di combustibili fossili, stanno espandendosi nelle energie rinnovabili africane. La società Masdar degli Emirati Arabi Uniti sta sviluppando un complesso eolico da 10 GW in Egitto; ACWA Power dell'Arabia Saudita finanzia un impianto solare da 300 MW in Sudafrica; QatarEnergy investe in minerali per batterie e iniziative fotovoltaiche nell'Africa orientale. Anche queste iniziative collegano le infrastrutture verdi all'estrazione di minerali critici, echeggiando il modello di Pechino, ma senza la sua portata o la sua profondità nella catena di approvvigionamento.
La Russia ha firmato accordi di cooperazione nucleare con oltre 20 paesi africani, ma soltanto l'impianto egiziano di El Dabaa è in costruzione. Anche la presenza degli Stati Uniti è modesta; Washington non dispone di un apparato competitivo per le esportazioni o i finanziamenti. Gran Bretagna, Australia e Unione Europea rimangono impegnati nella transizione verso l'azzeramento delle emissioni nette, ma dipendono sempre di più dagli input cinesi per gli approvvigionamenti!
La strategia industriale verde della Cina si estende oltre l'energia solare, nel settore delle batterie e dei veicoli elettrici. Il 22% dei nuovi camion venduti in Cina è elettrico, il che segnala un potenziale crollo della domanda di diesel. In Europa, al contrario, la Volkswagen ha sospeso la produzione in due stabilimenti di veicoli elettrici a causa della bassa domanda, la Spagna ha dovuto assumere 2.000 tecnici cinesi per lanciare il nuovo stabilimento di batterie CATL-Stellantis a Saragozza. Un processo simile si sta verificando per le turbine eoliche. È probabile che queste dipendenze diventino ancora più acute, soprattutto se combinate con il ritiro degli Stati Uniti dall'energia verde.
Trasformando la produzione di energia rinnovabile in un pilastro del commercio globale, la Cina ha creato un ecosistema in cui la capacità industriale si traduce direttamente in influenza geopolitica. Ogni nuovo campo solare o impianto di batterie all'estero contribuisce a sostenere le fabbriche in patria, a preservare l'occupazione e a riciclare il capitale in un'ulteriore leadership tecnologica.
Il successo della strategia risiede nell'integrazione. Pechino offre non solo hardware, ma anche finanza, ingegneria e consegna. L'approccio fonde la logica commerciale con l'ambizione statale, ancorando l'influenza cinese nel Sud del mondo sotto le mentite spoglie di una partnership per il clima.
La tendenza è probabilmente irreversibile. L'elettrificazione globale sta accelerando, la dipendenza dai combustibili fossili sta diminuendo e la Cina è integrata in ogni fase della filiera verde, dalle miniere di litio africane alla raffinazione del polisilicio fino alle esportazioni finali di moduli solari. La strategia di sistema di Pechino le conferisce una leva strutturale sia sull'energia che sui materiali.
Le implicazioni vanno oltre l'economia. Il controllo sugli input di energia pulita conferisce un peso geopolitico paragonabile a quello del petrolio nel secolo scorso. La storia del XXI secolo sarà modulata sull’ascesa non più dei ‘petro- stati’, ma dello ‘stato elettrico’ – per ora inequivocabilmente la Cina.
Nella prima metà del 2025, le energie rinnovabili hanno superato il carbone per la prima volta nella storia, diventando la principale fonte di elettricità al mondo. Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, i risultati ottenuti dalla Cina consentono di raggiungere l'obiettivo globale di triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030.
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