Mai ammettere la sconfitta in Medio Oriente!

07/07/2025

Liberamente tratto da un articolo di Hilal Khashan per GPF del 1° luglio 2025.

 

Nelle società collettivistiche del Medio Oriente predomina quello che gli antropologi chiamano il concetto di cultura ad alto contesto. La cultura ad alto contesto postula che chi parla può usare le parole non nel loro pieno significato letterale, ma come espressione di intenti e sentimenti, basata su un’interiorizzazione del contesto che può deviare dalla realtà. Più importante del messaggio è il modo in cui viene espresso: il tono di voce, le espressioni facciali, i gesti e il linguaggio del corpo. I paesi mediorientali, tipicamente collettivisti, sono un ambito culturale ad alto contesto in cui predominano la leadership paternalistica, la gerarchia sociale, il conformismo, l'orgoglio, l'onore e la vergogna. In tale contesto è estremamente difficile fare concessioni, ammettere la realtà e formarsi una visione del mondo indipendente.

Dalla fondazione dello Stato di Israele nel 1948, i suoi nemici nella regione non hanno mai riconosciuto le proprie sconfitte, preferendo una politica di negazione e distorsione dei fatti. Dopo l'accordo di cessate il fuoco con Israele lo scorso novembre, il segretario generale di Hezbollah Naim Qassem ha dichiarato che il suo partito ha ottenuto una grande vittoria contro Israele, superando il risultato ottenuto nella guerra del 2006, già descritta come una vittoria divina dall'ex segretario generale Hassan Nasrallah. Secondo Qassem Hezbollah ha costretto Netanyahu ad accettare il cessate il fuoco. Dopo le pesanti perdite subite da Hezbollah l'anno scorso, i suoi leader militanti affermarono che l'intervento divino aveva impedito a Israele di raggiungere i suoi obiettivi. Poco dopo la guerra del 2006 alcuni combattenti di Hezbollah affermarono di aver visto il Mahdi (il dodicesimo imam sciita ‘sparito’ nell’anno 941 d.C., il cui ritorno si ritiene possa redimere l'umanità) colpire i carri armati israeliani con un randello.

Quando Iran e Israele concordarono il cessate il fuoco, il 24 giugno di quest’anno, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian si congratulò con la nazione per la grande vittoria e per l’eroica resistenza. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale dell'Iran affermò persino che la Repubblica Islamica aveva raggiunto la superiorità strategica contro Israele, costringendola a pentirsi, ammettere la sconfitta e cessare unilateralmente le ostilità. Un'emittente televisiva statale affermò che le operazioni missilistiche del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, in particolare quelle contro la base aerea americana di Al Udeid in Qatar, avevano spinto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a chiedere il cessate il fuoco.

La Guida Suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei, afferma costantemente di aver sconfitto Israele e gli Stati Uniti, dice che i siti nucleari iraniani sono ancora operativi e che ordinerà ulteriori attacchi contro le basi militari statunitensi se Washington oserà colpire l'Iran. Al funerale dei comandanti e degli scienziati nucleari dell’IRGC il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi ha dichiarato che gli iraniani hanno sacrificato il loro sangue ma non il loro onore, e che l’Iran non si è arreso.

 

Nel 1948 l'Egitto attribuì la propria sconfitta nella guerra contro Israele a politici corrotti che avevano acquistato artiglieria difettosa. Saad el-Shazly, capo di stato maggiore dell'esercito egiziano durante la guerra del 1973, promosse la stessa interpretazione degli eventi. La credenza nelle ‘armi difettose’ domina la coscienza collettiva degli egiziani ancora oggi.

Nel 1967 il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser chiuse lo Stretto di Tiran alle navi israeliane, dando così a Israele l’occasione di dichiarare guerra. Quella guerra portò all'occupazione israeliana della penisola del Sinai, di Gaza, della Cisgiordania e delle alture del Golan, ma Nasser la descrisse come una temporanea battuta d'arresto, non una sconfitta. Affermò che il comando militare egiziano sapeva che Israele avrebbe iniziato la guerra attaccando le basi aeree egiziane e si aspettava che i raid aerei arrivassero dal territorio israeliano, invece gli aerei avevano colpito da ovest, dalla base aerea statunitense di Wheelus in Libia - il che non era affatto vero. Gli americani si erano tenuti ben lontani da quella guerra.

La propaganda sistematica di tutti i presidenti egiziani, fino ad aggi, ha convinto il popolo egiziano della vittoria nella guerra dell'ottobre del 1973, che infranse il mito dell'invincibilità dell'esercito israeliano. Nella fase iniziale Israele subì una grave battuta d'arresto dopo che l'esercito egiziano assaltò il Canale di Suez e distrusse la linea Bar Lev sulla riva orientale, ma poi Israele reagì, occupò entrambe le rive del Canale e assediò la Terza Armata egiziana nel sud del Sinai. Avrebbe potuto conseguire rapidamente una vittoria totale, ma il presidente americano Nixon ordinò al primo ministro israeliano Golda Meir di accettare un cessate il fuoco. Tuttavia anche oggi i media egiziani continuano a descrivere Sadat come l'eroe della grande vittoria contro Israele.

Pochi anni dopo, Iran e Iraq rivendicarono entrambi la vittoria nella Prima Guerra del Golfo, o Guerra Iran-Iraq (1980-1988). L'Iraq definì il conflitto "la Qadisiyya di Saddam", in riferimento alla battaglia di Qadisiyya del 636, che permise agli arabi di conquistare la Persia, mentre l'Iran lo definì "la Sacra Difesa". La verità è che nessuna delle parti ne uscì vittoriosa. La guerra causò un milione di morti, danni equivalenti a 1,5 trilioni di dollari odierni e portò soltanto piccoli spostamenti qua e là della linea di confine fra i due paesi.

Nell'agosto del 1990 l'esercito iracheno occupò il Kuwait, pur sapendo che gli Stati Uniti non avrebbero tollerato alcun cambiamento nella mappa del Medio Oriente. Saddam Hussein definì la guerra per ‘liberare’ il Kuwait "la madre di tutte le battaglie". La guerra si concluse con una schiacciante sconfitta per l'esercito iracheno, l'imposizione di severe sanzioni e la successiva invasione dell'Iraq nel 2003, che trasformò il Paese in un’arena di decennali guerre civili. Ma Saddam non riconobbe mai la sconfitta.

È ormai chiaro che la dottrina ideologica su cui si basa la Repubblica Islamica dell'Iran, inclusa la dottrina dell'esportazione della rivoluzione, è stata sconfitta e la sua influenza regionale è stata infranta. Le ripercussioni della sua sconfitta militare si intensificheranno irreversibilmente fino a quando un regime più razionale non salirà al potere. Le Guardie Rivoluzionarie (IRGC), che considerano l'ingerenza dell'Iran negli affari regionali un prerequisito per l'apparizione del Mahdi, considerano i laici e i progressisti locali come la coalizione di ‘miscredenza, politeismo e ipocrisia’ al servizio del nemico. Il Medio Oriente sta cambiando in modo tale da impedire l'apparizione del Mahdi e rendere possibile la guerra civile anche in Iran. Pezeshkian ha finalmente riconosciuto il pericolo interno che incombe sull'Iran e ha affermato che la sua priorità è preservare l'unità del Paese. Ma la maggioranza dei leader arabi vivono in uno stato di distacco dalla realtà, immaginano vittorie illusorie. Questo si ripete in ogni battaglia. Scavano tunnel, accumulano armi, lanciano razzi e incitano i sostenitori promettendo una vittoria netta, poi cadono preda di un attacco a sorpresa e invocano il cessate il fuoco.

Hamas credeva davvero che l'attacco del 7 ottobre avrebbe portato alla distruzione di Israele. Si aspettava che Hezbollah invadesse Israele da nord e che la Cisgiordania si ribellasse, perché i suoi leader non riescono a osservare, capire e valutare spassionatamente la realtà. Se Hezbollah avesse ammesso il fallimento fin dal giorno degli attentati con i cercapersone, il Libano avrebbe evitato la devastazione e le tragedie che lo hanno colpito in seguito. Ma le conseguenze della sconfitta sono meno dolorose per i leader dell'ammissione della sconfitta stessa. La maggior parte dei leader mediorientali non riesce ad accettare il fallimento perché i loro sistemi politici personalistici non tollerano la responsabilità. L'illusione che la sconfitta sia una vittoria è una condizione cronica. E’ una peculiarità psicologica e intellettuale di molti leader. Dopo la Guerra dei Sei Giorni il poeta siriano Nizar Qabban scrisse in un verso: "Se perdiamo la guerra, non c'è da sorprendersi, poiché entriamo in guerra con li talento della retorica".

Lascia un commento

Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!

Accedi

Non sei ancora registrato?

Registrati

I vostri commenti

Per questo articolo non sono presenti commenti.