L’opinione di George Friedman
(da un articolo su GPF del 26 febbraio 2025)
I negoziati per la soluzione della guerra in Ucraina portano alla luce una scomoda verità: in geopolitica l'etica tende a essere casuale, non causale. Chi sostiene che è moralmente necessario opporsi sempre all'aggressione in tutte le sue forme ritiene che ‘accomodare’ la Russia sarebbe un fallimento morale. Chi dà più valore agli imperativi geopolitici rispetto a quelli morali, ritiene che l'accomodamento non è soltanto preferibile, è anche giusto.
La politica nazionale è il risultato dello scontro fra geopolitica e moralità. La geopolitica è costruita attorno all'interesse nazionale, alla sicurezza e al benessere della nazione. La geopolitica considera la moralità subordinata all'interesse nazionale e ritiene non soltanto irrilevante ma controproducente pensare il contrario. Nel perseguimento di imperativi geopolitici la moralità è utile nella misura in cui unisce culturalmente la nazione e sovverte o domina le nazioni con cui è in competizione.
La moralità definisce il bene e i pericoli che lo minacciano. Le nazioni destreggiano le proprie politiche tra i vari codici morali attivi all'interno delle rispettive società. La religione influenza questi codici, ma non sempre ne è il punto di origine. Ci sono codici che disapprovano la guerra e altri che la considerano una necessità morale. La moralità è sempre invocata da qualunque nazione per muovere guerra, sia a nazioni con codici morali diversi, sia a nazioni con codici simili ma interessi diversi.
La geopolitica considera la protezione della nazione come il bene da proteggere. Il potere nazionale è lo strumento indispensabile allo scopo. Il potere nazionale si sostiene sia con i codici morali sia con strumenti politici, economici e militari. La geopolitica accetta il principio che le guerre sono combattute per necessità morali, ma vede come necessità morale l’interesse della nazione.
La Seconda guerra mondiale fu combattuta fra nazioni con codici morali generalmente simili: quando quei codici cambiarono, la guerra divenne un'impresa tanto geopolitica quanto morale. Così avvenne anche durante la Guerra fredda, che fu vista come una lotta tra una coalizione di democrazie liberali e il comunismo. Le parti vedevano l'azione morale in modo diverso ed entrambe cercarono costantemente di convertire i cittadini dei paesi avversari al proprio codice morale. Così negli Stati Uniti e in Europa alcuni si convertirono al marxismo, mentre altri in Russia si convertirono alla democrazia liberale, filosofia politica che deriva dalla dottrina cristiana. Infine il codice morale della Russia comunista fu minato dal fallimento dell'Unione Sovietica nell'onorare la promessa di eliminare disuguaglianze, povertà e guerra. Fu un crollo morale e geopolitico, causato in parte dalla subordinazione della geopolitica alla moralità. Durante la Guerra fredda ‘Occidente’ non era un concetto morale ma geopolitico. Comprendeva le nazioni europee che non erano state occupate dai russi ma erano fortemente dipendenti dagli Stati Uniti, i quali imposero il proprio codice morale all'Europa. Era un codice basato su una dottrina che aveva avuto origine in Europa durante l'Illuminismo: la democrazia liberale. Tale dottrina riteneva che tutti gli uomini avessero uguale dignità e uguali diritti legali. Non garantiva uguali risultati economici, ma garantiva alcuni diritti politici, tra cui la libertà di parola e il libero mercato. Non garantiva né l'uguaglianza politica né la democrazia, infatti le monarchie continuarono a governare dopo l'Illuminismo, sostenute quasi sempre dalla Chiesa cattolica, che non vedeva l'uguaglianza in termini politici. Il principio morale dominante era "Date a Cesare quel che è di Cesare". Il protestantesimo era stato la levatrice dell'Illuminismo, che, a sua volta, preparò il terreno per le repubbliche che avrebbero sostituito i regni, liberando gli individui e sfidando la norma morale lungo il percorso.
Le morali hanno due necessità comuni: convertire i non convertiti e schiacciare coloro che rifiutano di convertirsi. Le vere democrazie liberali invece sono anomale: non fanno proselitismo e non vedono il dissenso come una minaccia. Nelle democrazie liberali il dissenso è schiacciato dalla saggezza popolare. All’interno si generano però fazioni che competono per il potere politico e cercano di demonizzare ed emarginare coloro che non sono d'accordo con loro. La repressione è sociale, vien lasciata nelle mani delle fazioni stesse, non viene dall’alto.
Le nazioni sono come gli individui, piene di avidità e di paure. Desiderano la prosperità. Indipendentemente dal loro carattere morale, prendono tutte le misure necessarie per aumentare la propria ricchezza e il proprio potere. La Seconda guerra mondiale fu una guerra contro la tirannia, ma per vincerla le democrazie liberali si allearono con l'Unione Sovietica per necessità geopolitiche, nonostante i codici morali diversi.
Le pretese morali delle democrazie liberali, come le pretese morali di tutte le tribù e nazioni, devono basarsi sulla sopravvivenza, che non può essere oggetto di dibattito morale. I democratici liberali sono turbati dal dover difendere la propria sicurezza pagando il prezzo dell’immoralità, ma quando necessario devono allearsi con nazioni con codice morale diverso. Così fecero con l'Unione Sovietica, anche se a molti in Occidente parve un abominio, perché c'era in gioco più della purezza morale: la Germania avrebbe potuto conquistare le altre nazioni.
La Seconda guerra mondiale dimostrò che era meglio evitare la guerra che scatenarla e questo fu il fondamento della Guerra fredda: geopolitica sull'orlo della guerra, ma mai una guerra mondiale. La natura morale della nazione contava ma non era decisiva. La anche ciò che sembra moralmente riprovevole, per l'interesse nazionale.
La moralità non è dominio esclusivo delle religioni formali, è anche una dimensione del secolarismo, insieme alla geopolitica. Il divario tra ciò che è giusto e ciò che è necessario definisce ancora sempre la condizione umana. Spetta alla struttura politica cercar di colmare il divario fra l’imperativo morale della geopolitica e l'assolutezza dell'etica, soprattutto quando avvengono grandi svolte nella geopolitica globale, come oggi.
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