Le proteste in Kenya rimodellano l'Africa orientale. La Tanzania si distingue come beneficiario

21/04/2023

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Il Kenya è da decenni un faro di stabilità in una regione irrequieta. Ha avuto una crescita economica costante, sviluppando una classe media su base agricola piuttosto che mineraria. Non è affatto un paese perfetto, ma non ha subito le crisi che invitano interventi stranieri, formazione di milizie, rischi di secessione o guerra civile, come è avvenuto negli altri paesi della regione.

Perciò le proteste keniote delle ultime settimane sono insolite. I cittadini si sono riversati nelle strade per esprimere la loro insoddisfazione per l’impennata dell'inflazione e la mancanza di beni di prima necessità. Sino ad ora il Kenya ha mantenuto la sicurezza delle frontiere e ha fornito assistenza militare ai vicini per contenere le violenze sul loro territorio. Ha combattuto al-Shabab in Somalia, assiste il governo di Mogadiscio nelle operazioni antiterrorismo. Dispiega truppe in Uganda contro i numerosi gruppi ribelli, ha assorbito molti profughi della guerra civile sudanese.

Ma il Kenya dipende dalle importazioni di beni essenziali, soprattutto carburante, macchinari, veicoli e ferro/acciaio, oli alimentari. Ha un deficit commerciale importante, salito a 11,13 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento del 23% rispetto all'anno precedente. L'aumento dei prezzi a livello globale è stato aggravato dalla svalutazione dello scellino keniota. Inoltre tutta l'Africa orientale sta soffrendo la siccità, che ha ridotto drasticamente i raccolti del Kenya e diminuito le esportazioni. Le riserve di valuta estera sono scese ai minimi. La Comunità dell'Africa orientale stabilisce che i membri mantengano riserve di valuta estera per coprire almeno quattro mesi di importazioni, ma il Kenya ha violato la regola nel novembre dello scorso anno e non è ancora riuscito a ripristinare in pieno le riserve minime. Ha perfino chiesto alla vicina Tanzania di fornire garanzie temporanee sulle importazioni di carburante.

Piccoli gruppi di cittadini kenioti sono scesi in piazza per protestare contro l'aumento del costo della vita e chiedere l'intervento del governo, poi i leader dell'opposizione hanno iniziato a cavalcare le proteste e a incitare a scioperi che hanno bloccato il traffico portuale e sono costati al paese decine di milioni di dollari. Ora governo e opposizioni hanno avviato colloqui.

Mombasa è stato il porto più importante dell’Africa orientale, grazie alla stabilità e allo sviluppo del Kenya. Gestire 30 milioni di tonnellate di merci all'anno, potrebbe espandere la capacità a 47 milioni di tonnellate entro il 2030. Mombasa è il porto di quasi tutte le merci per l'Uganda, il Ruanda, il Burundi, il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo. Pertanto, la minaccia di instabilità in Kenya potrebbe influenzare i flussi commerciali e le economie della più ampia regione dell'Africa orientale e indurre alcuni paesi a cercare di diversificare le rotte commerciali.

Potrebbe guadagnarci la Tanzania. Il porto di Dar es Salaam ha già beneficiato del reindirizzamento di alcuni traffici al di fuori di Mombasa. Le navi da crociera hanno scelto di trasferirsi a Dar es Salaam e alcune navi da carico stanno facendo lo stesso. La Tanzania spera di espandere la capacità del suo porto a 30 milioni di tonnellate entro il 2030. Di recente Uganda e Tanzania hanno avviato la costruzione di un oleodotto da 3,5 miliardi di dollari e hanno concordato di rimuovere le barriere e semplificare le pratiche doganali. Ruanda e Burundi hanno confermato l’interesse nel progetto di raccordo ferroviario fra le rispettive capitali e Dar es Salaam.

L'espansione del porto di Dar es Salaam fa parte del progetto generale di apertura dell'economia della Tanzania del nuovo governo, in carica dal 2021, che ha anche firmato diversi memorandum d'intesa sugli investimenti negli Stati Uniti. Durante la recente visita in Tanzania della vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris sono stati annunciati investimenti per un valore di 500 milioni di dollari in progetti infrastrutturali, reti di trasporto, tecnologie digitali ed energia pulita. Nei lustri precedenti Washington aveva concentrato i suoi investimenti sul Kenya.

 

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