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In Egitto la carenza di grano sta diventando grave. I problemi di approvvigionamento sono esacerbati dalla guerra fra Russia e Ucraina, che aggrava le carenze dovute alla scarsa pianificazione del governo, alla rapida crescita della popolazione e alla riduzione della portata del Nilo a causa della Great Renaissance Dam costruita dagli Etiopi a monte. A questi problemi si aggiunga l’inflazione, che accelera anno dopo anno.
Il pane – che nell’arabo colloquiale egiziano si traduce come aish, che letteralmente significa vita – è più di un semplice alimento base per la maggior parte degli Egiziani. L’Egitto è il più grande importatore di grano al mondo: la sua produzione interna copre soltanto il 50% del consumo. Almeno l’80% delle importazioni egiziane di grano e olio da cucina proviene da Russia e Ucraina. Anche se non c'è carenza immediata di cibo, l’Egitto deve ora trovare nuovi fornitori più costosi da luoghi più lontani. Si consideri inoltre che la pandemia e la guerra hanno colpito duramente anche il settore turistico.
Dall’inizio della guerra in Ucraina i prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 25-50% ed è probabile che continuino ad aumentare. Al-Sisi ha risposto al problema invitando il popolo egiziano a pregare per ottenere l’aiuto divino. I commenti sui social non sono stati positivi.
Le forniture e i prezzi alimentari sono un problema ricorrente in Egitto, che porta a rivolte popolari, stroncate con la forza e con il ricorso a sussidi extra da parte del governo. È successo nel 1977 sotto Sadat, è successo nel 2017 sotto Al-Sisi. In Egitto la malnutrizione è responsabile di oltre il 65% della mortalità infantile.
Con un reddito pro capite stimato in 3.570 dollari rispetto alla media mondiale di 11.000 dollari, l’Egitto è un paese economicamente sottosviluppato. L’economia egiziana non funziona secondo principi economici ma secondo i capricci del dittatore di turno. La Banca centrale ha recentemente svalutato la sterlina egiziana del 17% rispetto al dollaro. Ha anche aumentato il tasso di interesse dell’1% in risposta all’aumento dell’inflazione. La corruzione, il nepotismo e il consolidamento della quota di mercato del settore pubblico stanno facendo fallire le iniziative economiche private. Lo stato egiziano è gravemente indebitato. Gli interessi annui che lo stato deve pagare a fronte del debito equivalgono a tre volte le entrate combinate dal Canale di Suez e dal turismo.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno acquisito ingenti risorse commerciali in Egitto, con investimenti di oltre 6 miliardi di dollari. Ora controllano anche molti media e centri culturali.
Al-Sisi ha brutalmente eliminato l’opposizione e oppresso anche funzionari, leader di partito, attivisti e ufficiali dell’esercito che sostennero il suo colpo di stato nel 2013. Ha depoliticizzato e soppresso la società civile egiziana, imprigionando i leader o spingendoli a chiedere asilo all’estero. Marchia chiunque sia in disaccordo con lui come agente straniero, non si fida delle persone che lo circondano. Sta preparando il figlio Mahmoud a svolgere un ruolo cruciale nella politica egiziana per succedergli. Recentemente lo ha promosso a vice capo dell’intelligence e lo ha incaricato delle relazioni con Israele. In tale veste conduce colloqui segreti per creare una grande città industriale nel nord del Sinai dove reinsediare un po’ di Palestinesi.
Al-Sisi oggi non ha affatto una posizione politica sicura. Basterebbe una scintilla per dar l’avvio a una rivolta popolare e probabilmente questa volta l’esercito non sosterrebbe più il governo.
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