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Nonostante la comune appartenenza alla Lega araba e l’ostentazione di rapporti fraterni in occasione di incontri pubblici, la lunga rivalità fra Egitto e Arabia Saudita non è affatto superata.
Nel 1818 Ibrahim Pasha guidò l’esercito egiziano contro il primo regno saudita, fondato da Mohammad bin Saud e Mohammad bin Abdul Wahhab nel 1744. Nel 1837 un altro esercito egiziano, guidato da Khurshid Pasha, occupò parte del regno saudita, obbligò alla capitolazione il Bahrain, il Kuwait e l’Oman, ma fu fermato dagli Inglesi che alla Convenzione di Londra del 1840 obbligarono l’Egitto ad abbandonare tutti i territori occupati.
Negli anni ’50 del XX secolo Gamal Abdel Nasser, promotore del nazionalismo arabo e dell’unione di tutti gli stati arabi sotto la propria leadership, si scontrò ripetutamente con re Saud. Nel 1962 l’Egitto di Nasser mandò truppe in appoggio ai ribelli yemeniti che volevano porre fine alla monarchia, sostenuta invece dai Saud, e proclamare la repubblica. I rapporti fra i due paesi migliorarono soltanto dopo la sconfitta dell’Egitto da parte di Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, che pose fine alle aspirazioni di Nasser di raccogliere gli Arabi sotto la sua guida.
Dalla fine degli anni ’70 il centro di gravità economica e politica del mondo arabo iniziò a spostarsi dalle capitali storiche di Cairo, Baghdad e Damasco verso i grattacieli delle nuove città degli stati del Golfo. Oggi la situazione di Iraq e Siria, devastate da decenni di guerre civili, lascia l’egemonia sul mondo arabo alle ricche monarchie della penisola araba. I monarchi del Golfo però non si sentono affatto al sicuro: hanno visto con grande timore le rivolte del 2011 e l’elezione di Morsi al governo dell’Egitto nel 2012. Morsi rappresentava la Fratellanza musulmana, che considera illegittima ogni monarchia e vede nella Turchia, non negli stati del Golfo, la guida naturale degli stati arabi sunniti.
Il colpo di stato di al Sisi contro Morsi portò a un breve periodo di intensa collaborazione fra Egitto e Arabia Saudita, che terminò per contrastanti schieramenti sulla guerra civile in Siria. Le monarchie del Golfo volevano la caduta di Assad e sostenevano i ribelli che si ispiravano all’islam, l’Egitto invece sperava che Assad mantenesse il potere e riaffermasse il potere centrale contro il moltiplicarsi di milizie islamiste. L’ISIS sembrava all’Egitto un pericolo gravissimo per la regione, i Sauditi invece consideravano (e considerano) come massimo nemico e pericolo l’Iran, sostenitore di Assad, e non avevano problemi a sostenere i tagliagole dell’ISIS.
Nel 2015 scoppiò la guerra in Yemen, l’Egitto rifiutò di mandare truppe contro i ribelli, come chiedevano insistentemente i Sauditi. Propose invece di formare un contingente militare arabo sotto guida egiziana per difendere l’integrità territoriale di qualunque stato arabo fosse in pericolo. I Sauditi si opposero.
Nel 2016 re Salman chiese all’Egitto la cessione di due isolotti strategici nel Mar Rosso, che l’Arabia aveva ceduto all’Egitto nel 1950: Tiran and Sanafir. L’Egitto era in gravissime difficoltà finanziarie e accettò. Fu una concessione dolorosa e umiliante per l’orgoglio nazionale, ma l’Egitto non poteva fare a meno dei miliardi che i Sauditi potevano pagare.
Pochi mesi più tardi l’Egitto votò all’ONU a favore della proposta russa sul cessate il fuoco in Siria, che invece i Sauditi osteggiavano. Per ripicca i Sauditi tagliarono le forniture di petrolio all’Egitto per qualche mese.
Con gli ‘accordi di Abramo’ fra i paesi del Golfo e Israele del 2020 l’Egitto ha perso la posizione di mediatore influente fra Israele e il resto del mondo arabo, posizione ora occupata da Abu Dhabi. Inoltre il Cairo teme che la normalizzazione dei rapporti fra Israele e gli stati arabi intensificherà la cooperazione fra il Sudan e Israele nello sviluppo dell’agricoltura e di sistemi di irrigazione avanzati, il che potrebbe indurre il Sudan a trattenere maggiori quantità di acqua dall’alto Nilo, sottraendola all’Egitto che sta a valle.
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