La quarantena imposta dall’epidemia di Coronavirus e il vuoto di relazioni sociali che questa situazione comporta conduce all’obbligatoria sperimentazione di nuovi metodi e strumenti di lavoro. Vale anche per il mondo della didattica, in cui l’uso di tecnologie digitali sembra offrire una soluzione immediata al problema della chiusura delle scuole. La risposta per ora è pragmatica e in ordine sparso, lasciata all’impegno — e all’ingegno — dei docenti, che provano piattaforme, creano classi virtuali, fanno lezioni in video, perdendo un po’ di quella diffidenza che molti di loro avevano verso questi strumenti. I docenti stanno ricorrendo alla propria capacità adattativa per sviluppare progetti didattici con strumenti diversi. Complimenti! Anche noi lo stiamo facendo — sperimentando ogni giorno, sbagliando, cercando di correggere il tiro — per proseguire con il progetto Net@, di cui potete leggere qui.
Ma affidarsi ai mezzi digitali non risolve tutti i problemi, tanto più che non tutti i ragazzi hanno le stesse opportunità di accedere alla rete; in Italia i dati in tal senso mostrano una situazione drammaticamente squilibrata. L’insegnamento a distanza utilizzando i mezzi digitali ha il grande vantaggio di obbligare i ragazzi a essere più attivamente responsabili nel processo di apprendimento, anziché stare ad ascoltare passivamente in classe. Per imparare online debbono usare maggiore attenzione e maggiore concentrazione. Il grande pericolo dell’insegnamento a distanza, se il docente non è molto abile, è che venga a mancare l’attività più importante, quella veramente formativa: la partecipazione all’elaborazione e alla realizzazione di progetti di gruppo. È nel progetto di gruppo che ciò che si ascolta o si legge viene usato e applicato per risolvere problemi e per creare nuove realtà, quindi si impara davvero. I grandi geni del Rinascimento non crebbero ascoltando i maestri in silenzio, ma facendo attivamente il lavoro in bottega insieme ad altri, passo per passo, e confrontando il risultato con quello di altre botteghe in cui erano all’opera altri gruppi. Se i contadini avessero sempre dovuto imparare il loro lavoro ascoltando i maestri dai banchi di scuola probabilmente l’umanità si sarebbe estinta per fame. I contadini, così come tutti gli artigiani, i guerrieri e anche i re, hanno sempre imparato il loro lavoro facendolo dal vero insieme agli adulti che fungevano da esempio e da guida per molti anni.
Le scuole statali di massa del XIX e XX secolo sono state concepite per formare masse di giovani capaci di capire istruzioni complesse e mutevoli, quelle istruzioni che poi i dirigenti delle grandi industrie e delle grandi burocrazie pubbliche e private avrebbero loro impartito per realizzare grandi progetti di massa in cui operai e impiegati avevano il ruolo di esecutori attenti (e obbedienti) di singole operazioni. La scuola del XIX e XX secolo era una scuola che educava all’obbedienza precisa ed efficiente, non alla progettualità, non alla soluzione dei problemi. La progettualità e l’attitudine a risolvere i problemi riuscivano a svilupparle i figli di famiglie che già ne erano dotate e potevano trasmetterle; erano i tratti distintivi di classe della borghesia, ma a forgiarli non era la scuola, era la famiglia.
La nostra scuola è rimasta largamente come nel XIX e XX secolo, oggi invece serve molta creatività e progettualità diffusa per adeguarsi a un mondo che è cambiato velocemente e non può più offrire un buon livello di vita a masse di esecutori attenti e obbedienti. Occorrono imprenditori nuovi, nuovi artigiani, nuovi artisti, nuovi guerrieri che sappiano utilizzare in modo nuovo tutto lo scibile precedente (che è sempre più accessibile a tutti sul web) e tutti gli strumenti digitali. Occorre che i docenti, avendo imparato a usare la tecnologia digitale per liberare buona parte del loro tempo dalla ripetizione orale di nozioni e di concetti teorici a sempre nuovi studenti, si dedichino a sviluppare progetti cui far attivamente partecipare tutti i loro studenti, divisi in piccoli gruppi, appena potranno tornare in aula. Progettualità e creatività sono oggi sempre più necessarie, perché viviamo una fase di grandissimi cambiamenti, ma oggi ben raramente queste doti si riescono a sviluppare in famiglia, deve essere la scuola a favorire il cambio di modello.
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