L’ultima settimana di marzo 2015 il Turkmenistan ha chiesto aiuto militare agli Stati Uniti per rafforzare la frontiera con l’Afghanistan contro le infiltrazioni di jihadisti. Pochi giorni prima il governo aveva comunicato di aver arrestato ottanta persone nel sud del paese, ma senza specificare il perché.
Il Turkmenistan è un paese largamente desertico, di soli 5,2 milioni di abitanti, ed è un esportatore di gas. Le famiglie più importanti del paese beneficiano tutte direttamente o indirettamente dei proventi della vendita del gas, perciò il governo – per quanto autoritario e repressivo − è sempre stato saldo. La popolazione non ha tradizioni di proteste o richieste di maggiore giustizia sociale.
Ora però la crisi innestata in Russia e nei paesi dell’ex Unione Sovietica dal basso prezzo dell’energia, dalle sanzioni e dalla svalutazione delle monete locali ha colpito anche l’economia del Turkmenistan e l’opinione pubblica non è tranquilla. Un giornale online locale ha dato notizia, per ora priva di conferma, che dodici importanti imprenditori del paese sono recentemente fuggiti dal paese insieme alle loro famiglie per sottrarsi alle angherie del governo, che pretendeva che pagassero tasse, o tangenti, sempre più esose.
Inoltre il pericolo di infiltrazioni di terroristi islamisti nel paese è notevolmente aumentata dopo il ritiro degli USA dall’Afghanistan.
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