Uno dei principali sistemi per influenzare il processo decisionale europeo è il sistema del “lobbying. ” Ne sentiamo spesso parlare, il più delle volte in modo negativo. Ma di che cosa si tratta?
Le lobby possono essere di natura diversa: organizzazioni non governative (ONG), associazioni di aziende che operano in un settore specifico (es. plastica, ferro, etc.), associazioni di professionisti (es. avvocati, commercialisti, banchieri, etc.), sindacati, società di consulenza, think-tank, e così via, che hanno interesse a promuovere o difendere gli interessi dei propri membri negli ambiti più disparati – diritti umani, difesa delle piccole e medie imprese, protezione dell’ambiente, sussidi, e così via. I membri della lobby possono provenire da uno o più paesi: di solito più è vasta la rappresentanza, più grande è il potere negoziale – anche per via delle maggiori risorse economiche a disposizione.
Scopo delle lobby è convincere i parlamentari e i funzionari che hanno potere decisionale (commissari, membri del gabinetto delle varie commissioni parlamentari, membri del consiglio, etc.) della bontà delle loro proposte, in modo da spingerli a legiferare in un modo o nell’altro.
Come funziona il lavoro di lobbying?
Ogni lobby apre un ufficio a Bruxelles e assume dei professionisti, spesso avvocati con buone capacità relazionali e capaci di dialogare in più lingue, dotandoli di segreterie più o meno vaste ed efficienti e di studi, perché interagiscano con le istituzioni europee dopo essersi documentati, aver raccolto dati, informazioni, tesi autorevoli a favore o contro l’uno o l’altro provvedimento.
Esistono più livelli di lobbying: dall’incontro faccia a faccia con il parlamentare all’organizzazione di conferenze al Parlamento Europeo; dalla partecipazione a sessioni pubbliche che la Commissione organizza per sentire la voce dei cittadini su determinate proposte alla creazione di volantini e materiale specifico sul tema da fornire anche ai media. Si dice che le lobby fanno “advocacy”, cioè delle vere e proprie campagne di informazione e di promozione del gruppo o della causa che sostengono.
Qualsiasi cittadino abbia interesse a ottenere qualche cosa dalle istituzioni europee può rivolgersi alla propria organizzazione di riferimento – se già esiste - per influenzare le decisioni europee.
Questo non vale solo per il privato: anche le istituzioni regionali (es. regioni italiane) hanno uffici di rappresentanza a Bruxelles che promuovono più o meno attivamente i propri interessi in Europa. Se i funzionari della regione sono abbastanza attivi e bravi, riescono a ottenere ciò di cui la regione ha bisogno in quel momento – fondi per l’agricoltura, investimenti in infrastrutture, organizzazione di particolari eventi sul territorio. Così l’operazione di lobbying ha un ritorno di immagine e può favorire la rielezione del partito politico che ha ottenuto di più per i cittadini che rappresenta.
La regolamentazione delle lobby
Siccome il numero di lobby che operano in Europa è altissimo, il Parlamento Europeo le obbliga a firmare il “registro della trasparenza”. Firmando, i lobbisti si impegnano a seguire un codice di condotta e a dichiarare subito quali sono gli interessi che perseguono nel corso della loro attività – oltre a doverlo fare in maniera manifesta quando incontrano funzionari e parlamentari. Nel caso che le regole vengano infrante, il Parlamento può bandire temporaneamente o definitivamente il lobbista dall’esercizio della propria attività.
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