I mercanti che nel Medio Evo ricominciavano a viaggiare in Europa e in Oriente trovavano pericoloso e difficile portar con sé lungo la strada grandi quantità di monete d’oro o d’argento per effettuare gli scambi. Era facile incappare in banditi e predoni pronti a derubarli, sia in Europa che in Asia. Inoltre talora i mercanti non riuscivano a cogliere l’opportunità di un buon affare perché non avevano con sé abbastanza monete. Attraverso gli anni alcuni mercanti organizzarono reti di parenti o di amici lungo le tappe del percorso, che custodivano in deposito parte del denaro e dei beni – per non dover portare sempre tutto con sé. Il luogo del deposito era di solito fornito di cassoni e di pianali chiamati “banchi”.
I gestori dei “banchi” seppero guadagnarsi la fiducia dei mercanti, in modo tale da essere stimati sia dai venditori sia dai compratori. Rilasciavano una ricevuta, cioè un ‘certificato di deposito’, al proprietario dei beni e del denaro che tenevano in deposito. Nel tempo nacquero diverse filiali collegate fra di loro, sia di banchieri che di mercanti d’oro. I viaggiatori potevano recarsi con il proprio certificato di deposito in qualsiasi filiale a ritirare il proprio denaro o il proprio oro. Altrimenti potevano chiedere al banchiere di consegnare parte del proprio deposito a terze persone, anche a distanza. Un po’ per volta i mercanti presero l’abitudine di effettuare pagamenti con queste ricevute o certificati di deposito.
È il sistema della lettere di credito, che si usa ancora oggi. Ecco come funziona. Il mercante Giuseppe vuole acquistare 10 sacchi di spezie per un valore di 100 monete d’oro dal mercante Yussuf. Giuseppe consegna le proprie monete al gestore del banco, e fa mandare una copia particolare del certificato di deposito, chiamata lettera di credito, a Yussuf , che potrà incassarla soltanto consegnando al banco le spezie. Se Yussuf si fida, consegna le spezie. Il banchiere sposta le 100 monete d’oro dal deposito di Giuseppe e le mette in un deposito a nome di Yussuf, che potrà ritirare le monete oppure usare il certificato di deposito per fare altri scambi. Perché questo sistema funzioni, deve esistere GRANDE FIDUCIA nei confronti del banchiere.
Sia per tenere in deposito il denaro e le merci, sia per emettere lettere di credito, al banchiere veniva pagata una commissione. Il banchiere nel giro di pochi anni si trovava a detenere grandi quantità di denaro che apparteneva a tanti mercanti diversi, i quali facevano affari usando le lettere di credito, e spostavano il meno possibile le monete vere e proprie da una parte all’altra del territorio. Le lettere di credito finirono così con l’essere usate come denaro.
La prima banca moderna fu fondata nel 1406 a Genova. Ma fu la famiglia Medici di Firenze a diffondere l’uso di lettere di credito su vasta scala. I Medici organizzarono anche un servizio in più: la remunerazione dei depositi. L’addebito di qualunque interesse sui prestiti, chiamato “usura” era proibito nel mondo cristiano, come oggi in parte del mondo islamico. Ma i Medici usarono contratti di acquisto e di vendita a termine di monete diverse, con rischio di cambio, per dare una veste diversa alla remunerazione dei capitali.
Funzionava così. I Medici avevano una banca nella città stato di Firenze e una banca nella città stato di Venezia. A Firenze le monete in uso si chiamavano fiorini, a Venezia le monete in uso si chiamavano ducati. Ipotizziamo per comodità che a una certa data 1 fiorino valesse tanto quanto 1 ducato. Lorenzo era cliente dei Medici a Firenze, Marco a Venezia. Su richiesta di Lorenzo, i Medici consegnavano a Marco 100 fiorini oggi. Contemporaneamente Marco firmava l’impegno a pagare a Lorenzo 103 ducati tre mesi più tardi. Non si poteva sapere quale sarebbe stato il valore del fiorino e del ducato tre mesi più tardi, si poteva soltanto ipotizzare. C’era un rischio in questo scambio, come in ogni scambio fra mercanti. Perciò questo ‘cambio’ era visto come una vendita differita, o vendita a termine, di ducati, non come un prestito di fiorini. L’utile non era usura, ma remunerazione del rischio. Lorenzo e Marco pagavano entrambi una ‘commissione’ ai Medici, uno a Firenze e l’altro a Venezia. Alla fine i Medici avevano guadagnato più fiducia e più commissioni, e anche più depositi, perché il deposito di Lorenzo era cresciuto.
I Medici presero anche a prestare denaro contro pegno, cioè contro garanzia di feudi, terreni, case, gioielli o altri beni tangibili. Se il possessore dei beni non riusciva a restituire il prestito, i Medici si tenevano i beni dati in garanzia. Lo facevano anche gli altri banchieri, ma i Medici furono più accorti. Prima dei Medici i banchieri imprestavano (o erano costretti a imprestare) denaro a re e principi, che lo utilizzavano per sé e per le loro imprese guerresche. Se un re non ripagava il prestito, il banchiere falliva. Talora re e principi cacciavano o uccidevano il banchiere per non dover restituire il prestito. Così facevano spesso con gli Ebrei, che erano obbligati a prestare denaro per avere il permesso di vivere in una certa regione, poi venivano cacciati o uccisi a seguito di false accuse.
I Medici invece prestavano poco denaro a testa a tanti piccoli e medi clienti senza legarsi alle sorti di un unico grosso cliente o di un unico principe. Aiutavano tanti mercanti o artigiani a sviluppare gli scambi e produrre ricchezza, si facevano tanti amici e guadagnavano tanto. Finirono col diventare essi stessi principi, Signori di Firenze, tanto importanti da farsi ritrarre come figure centrali in questa tela di Botticelli.
A fine del 1400 le banche che avevano più sedi in stati diversi agevolavano i commerci con lettere di credito e lettere di cambio, per lo più senza spostare fisicamente le monete, ma registrando sui libri le entrate e le uscite virtuali, solamente scritte, quindi i debiti e crediti. Infatti se ‘entra’ del denaro di Lorenzo, o in favore di Lorenzo, significa che la banca lo dovrà prima o poi dare a Lorenzo, quindi la banca ha un debito verso Lorenzo. Se poi Lorenzo dice alla banca di consegnare il denaro a Marco, la banca ha il diritto di far uscire il denaro dal deposito di Lorenzo per darlo a Marco. Questo diritto di far uscire il denaro è un credito nei confronti di Lorenzo.
Dal 1200 in poi i mercanti e i banchieri italiani avevano sviluppato il moderno sistema di contabilità in ‘partita doppia’. Le banche del XVI secolo impiegavano già schiere di contabili.
Promesse di pagamento simili alla lettera di credito vennero usate come denaro al di fuori del mondo del commercio nel 1438. Un comandante spagnolo le usò per ‘pagare’ i propri soldati durante un assedio nella guerra contro i Mori. L‘oro sarebbe stato fisicamente distribuito dopo la vittoria e la conquista del bottino. Nel 1652 la stessa cosa fece a Candia, l’attuale Creta, il provveditore di Venezia Niccolò Dorfin, che non aveva più denaro in cassa per pagare le truppe che combattevano contro i Turchi.
In realtà in Cina già nel IX secolo d.C. un imperatore aveva capito che si poteva sostituire il metallo con le banconote per agevolare gli scambi. Marco Polo, morto nel 1324, riportò dalla Cina la notizia dell’uso della carta come moneta.
La prima vera banconota europea venne emessa in Svezia attorno al 1661 dalla banca fondata da Johann Palmstruch a Stoccolma alcuni anni prima. Il re di Svezia coniava allora delle monete di rame molto grandi e molto pesanti. Ma non riusciva a coniarne abbastanza, non avendo abbastanza rame. L’economia ne pativa. Il re concesse a Palmstruch di emettere lettere di credito che per la prima volta non erano più garantite da chi possedeva un deposito, ma dalla banca stessa – erano cioè banco-note. Ogni banconota era valida per il ritiro di TOT monete di metallo, che la banca doveva tenere a disposizione nei suoi depositi. Le banconote erano così semplici e comode, che vennero usate al posto del metallo anche per i prestiti della corte. Vedendo che anche il re e la corte usavano con fiducia le banconote, tutti presero a usarle. Nell’arco di un paio di anni quasi nessuno uso più le monete di rame.
Ma il re ed i suoi funzionari di stato cominciarono a chiedere ingenti prestiti alla banca, senza fornire altra garanzia se non quella della prepotenza del potere − e Palmstruch prese a stampare sempre più banconote senza avere il corrispondente metallo in deposito, contando sul fatto che le persone trovavano così comodo usare le banconote che non venivano quasi mai a chiedere il metallo.
Invece presto si seppe che la banca aveva stampato più banconote rispetto alla quantità di metallo in cassaforte. Scoppiò lo scandalo e i cittadini corsero in banca per farsi dare le monete, che non c’erano. Palmstruch tentò inutilmente di farsi rimborsare i prestiti fatti al re e allo stato. Per calmare gli animi e dimostrare di essere “giusto”, il re nel 1666 chiuse la banca e condannò a morte Palmstruch, condanna poi tramutata in ergastolo. Palmstruch passò in prigione gli ultimi quattro anni della sua vita.
Ciò nonostante il sistema ideato da Palmstruch non solo sopravvisse, ma si diffuse rapidamente, perché furono gli stati a imporre l’utilizzo delle banconote.
Questa banconota da 55 dollari prometteva di consegnare − al portatore della banconota stessa − 55 dollari spagnoli, o pari valore in oro o in argento, secondo la legge del 14 gennaio 1779. La banca degli Stati Uniti, che emetteva le ‘note’, doveva aver pronto in riserva il metallo promesso. Ma l’aveva davvero? No, ne aveva soltanto una parte, forse la metà, cioè aveva una riserva frazionaria, come ormai tutte le altre banche che emettevano banconote in quegli anni. L’esperienza aveva dimostrato che, finché durava la fiducia nella banca che emetteva le banconote le persone erano contente di continuare ad usarle anziché usare le monete di metallo prezioso. La banca poteva dunque rischiare di tenere in riserva non tutto il metallo, ma soltanto una parte, una frazione del valore delle banconote. Se a fronte di banconote per un valore nominale, cioè scritto, di 100 libbre d’oro la banca teneva fisicamente in riserva soltanto 50 libbre d’oro, la riserva era una metà. Quando la riserva non è intera, si dice che è ‘frazionaria’.
Il fatto che la riserva fosse solo frazionaria poteva far perdere fiducia nell’uso delle banconote – come era successo in Svezia − ma per evitarlo gli stati usarono tre sistemi:
- Imposero per legge l’uso di certe banconote all’interno dello stato. La prima banconota in Italia fu quella emessa nel 1746 dalle Regie Finanze di Torino, in base al Regio Decreto del 26 settembre 1745, il quale motivava l'introduzione dei biglietti per "facilitare il vantaggio del pubblico Commercio".
- Per aumentare la fiducia nella cartamoneta, gli stati diedero l’esclusiva di emissione delle banconote a poche banche. Il livello delle riserve di queste banche veniva regolata e controllata dai poteri dello stato.
- Nel corso del XVII-XVIII secolo gli stati strinsero contratti con banche centrali, o banche nazionali. Le banche centrali, che esistono ancora oggi, gestiscono tutte le banconote e tutte le monete di stato, e hanno funzioni di controllo sulle altre banche del Paese.
La prima banca centrale fu quella di Svezia, costituita nel 1668 dopo il fallimento del povero Palmstruch. Seguì la Banca d’Inghilterra nel 1694. La banca di Francia fu creata nel 1800 da Napoleone, dopo la Rivoluzione. Ma già nel 1718 la Banque Royale, fondata due anni prima da John Law con il nome di Banque Generale, fungeva praticamente da banca centrale di Francia. La Banque Royale emetteva cartamoneta per sostenere le finanze del re, che alla morte di Luigi XIV versavano in condizioni rovinose. Per qualche anno la Banque Royale emise cartamoneta con l’autorizzazione del re e finanziò le necessità della corte e dello stato. Ma fallì nel 1721.
Law aveva avuto dal re anche l’incarico di creare una società, la Mississippi Company, per lo sfruttamento della Louisiana, territorio francese che si estendeva per tutta la valle del Mississippi. Fu fatta una grande campagna pubblicitaria per spiegare ai Francesi che il territorio era ricchissimo di metalli e di pietre preziose, e avrebbe prodotto grandi guadagni. Vennero messe in vendita le azioni della società a condizioni molto allettanti: bastava versare un valore di 10 per avere un’azione del valore nominale di 100: la differenza si sarebbe pagata poi, con i guadagni. Tutti corsero a comperare queste azioni, che nel giro di poche settimane moltiplicarono il loro valore, senza che in Louisiana si sviluppassero davvero gli affari, e senza che si trovassero l’oro e i topazi di cui si favoleggiava. Ma nel 1720 una ondata si sfiducia indusse i possessori delle azioni a portarle alla Banque Royale per cambiarle in moneta sonante. La banca non aveva abbastanza metallo in riserva e fallì. Fu una delle prime ‘bolle’ speculative della storia moderna.
La Banque Royale non soltanto non pagò più le azioni, ma non pagò neppure più le banconote emesse, che venivano usate come denaro corrente, trascinando nella povertà larga parte della popolazione. Fino alla Rivoluzione la Francia non usò più banconote. La paura e l’ira conseguente a questo drammatico episodio covarono per decenni nella società francese, alimentando la sfiducia nella monarchia e nelle élite fino alla Rivoluzione di fine secolo. Soltanto la fiducia nelle nuove istituzioni permise a Napoleone di creare di nuovo una banca centrale.
Nonostante vari incidenti di percorso a poco a poco tutti gli stati si dotarono di una propria banca centrale, o banca nazionale. La banca nazionale e lo stato nazionale si garantiscono a vicenda: se lo stato ha bisogno di più denaro per pagare l’esercito o i funzionari, o per far funzionare i tribunali e altri servizi, la banca centrale può stampare banconote e comperare titoli di debito pubblico. La banca centrale stampa carta utilizzabile come denaro subito, lo stato stampa titoli di stato promettendo che saranno trasformati in denaro alla scadenza.
Lo Stato potrà ripagare il debito alla scadenza? Di solito sì, perché può trovare il denaro:
- imponendo più tasse;
- o facendo guerre di conquista di beni altrui;
- o facendo nuovi debiti per pagare i vecchi, finché riesce a trovar credito;
- oppure facendo stampare molte banconote alla banca centrale, talora provocando iper-inflazione, cioè eccessivo aumento dei prezzi, se non c è una analoga crescita dei beni e dei servizi da comperare.
A volte però uno stato troppo indebitato non riesce più ad aumentar le tasse all’interno, perché la popolazione è già tartassata , e non ha più fiducia nello stato, perciò non compra neppure i titoli di stato. Lo stato perciò deve farsi imprestare soldi in valuta estera, che non può far stampare dalla propria banca centrale. Se alla scadenza non restituisce il prestito, ‘fallisce’. Da allora in poi non trova più chi impresti denaro. È successo all’Argentina nel 2002, che da allora vive una tremenda crisi economica.
Ma uno stato che possa contare su di una banca centrale che stampa moneta non fallisce, finché la popolazione usa con fiducia la moneta. La banca centrale a sua volta non può fallire, finché può stampare banconote che la popolazione accetta e usa con FIDUCIA.
Il sistema finanziario è sempre basato sulla fiducia: una fiducia triangolare fra i cittadini, le banche e lo stato. Per mantenere la fiducia dei cittadini nelle banche la banca centrale, che può stampar moneta, svolge anche la funzione di prestatore di ultima istanza, cioè impresta soldi alle banche in difficoltà per evitare che falliscano, scatenando il panico. Infatti l’esperienza ha insegnato che quando una banca fallisce si interrompe la fiducia in tutto il sistema, danneggiando gravemente l’economia e provocando talora rivolgimenti politici, come durante la crisi del 1929.
Il sistema che abbiamo descritto è quello che tutti abbiamo conosciuto e che funziona in quasi tutto il globo da oltre 200 anni, pur nell’instabilità, con ricorrenti crisi di maggiore o minore severità.
Cerchiamo di capire le principali cause di instabilità.
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