Da Attila a Trump, la storia secondo Mackinder
Parte Seconda – La visione di sir Halford Mackinder

08/05/2025

Nelle diciassette pagine scritte per essere presentate a una delle riunioni periodiche della Royal Geographical Society di Londra a gennaio del 1904, Mackinder sostiene una visione radicalmente innovativa della storia. Riassumiamo di seguito i punti chiave della sua presentazione.

All’inizio del XX secolo è conclusa ‘l’età colombiana della storia’, iniziata con la scoperta delle Americhe e proseguita con l’esplorazione di ogni angolo del globo, sia per terra che per mare, fino alla ‘virtualmente totale appropriazione politica ‘dell’intero globo, dove ormai non ci sono ‘spazi non governati’. Di conseguenza la storia umana nel XX secolo torna a svolgersi ‘in spazi noti e limitati, come prima dell’epoca colombiana, e gli statisti di ogni parte del mondo spostano l’attenzione dalle conquiste territoriali all’efficienza relativa dei sistemi di governo’. Gli Inglesi già lo stavano facendo nel loro Impero, dove puntavano non più su ulteriori espansioni territoriali, ma sulla formazione e cooptazione delle classi dirigenti locali. Questa politica avrebbe portato alla creazione del Commonwealth nel 1926, organizzazione post-coloniale che ancora sopravvive.


Ecco dunque la prima importante idea strategica di Mackinder: il periodo delle facili conquiste territoriali è finito, torneranno gli scontri per la supremazia in Eurasia. Quindi Mackinder passa a descrivere gli aspetti geografici che hanno esercitato ‘l’influenza più coercitiva sull’agire umano’, per dimostrare che ‘le principali fasi della storia sono sempre state organicamente collegate alle caratteristiche geografiche, anche quando queste non erano ancora conosciute’. Mackinder intende esplicitamente mostrare che la storia umana è parte della vita dell’organismo-mondo, anticipando di molti decenni i primi ecologisti

‘So che posso soltanto cogliere uno degli aspetti della verità’, dice Mackinder, ‘dunque non intendo cadere nel materialismo’, perché ‘è l’uomo che inizia, non la natura, poi la natura in varia misura assume il controllo’. L’uomo inizia perché agisce sotto la spinta delle necessità e delle ideologie. Ma come si sviluppano le ideologie, secondo Mackinder?

Mackinder sa che ‘le idee che forgiano una nazione, in quanto diversa da un semplice gruppo di animali umani, sono sempre state accettate sotto il peso di un comune tormento e per comune necessità di resistere a forze esterne’. La ‘concezione letteraria’ della storia, che vede nelle idee i motori degli eventi, perde di vista ‘i moti più elementari la cui pressione causa di solito gli sforzi in cui nascono le grandi idee


Ecco l’idea ardita e innovativa di Mackinder: le idee sono frutto della reazione alle necessità e alle tragedie della storia, non sono i primi motori della storia. Mackinder invita poi a guardare all’Europa e alla sua storia come subordinata alla storia dell’Asia, perché la civiltà europea è il frutto della lotta contro le invasioni asiatiche. E passa a dimostrarlo.


Le idee di Mackinder non sono piaciute e ancora oggi non piacciono a intellettuali e politici con mentalità ideologizzata. Ma la grande cultura storica anglosassone è stata radicalmente trasformata dall’insieme del suo pensiero, poi ne è stata trasformata anche la cultura globale, che però raramente ricorda quanto deve a Mackinder. Nel corso del XX secolo archeologia, antropologia, economia, medicina, psicologia e geografia hanno contribuito a creare la visione della ‘Grande Storia’, cioè della storia globale dell’umanità, di cui sono frutto tanti magnifici libri di divulgazione famosi nel mondo intero, da Armi acciaio e malattie di Jared Diamond (1997) a Sapiens di Noah Harari (2011), oltre a studi più settoriali, ma sempre di ottica globale, quali ‘Il trionfo ansioso, storia globale del capitalismo’ di Donald Sassoon ( 2022). L’apripista di questa grande evoluzione della cultura storiografica è stato Mackinder.

Osservando la successione delle mappe storiche fino al XVII secolo, Mackinder nota che la grande pianura europea che va dal Danubio agli Urali è sempre divisa in sistemi politici diversi, disposti a nord e a sud di una ipotetica linea mediana che divide zone climatiche diverse, cui corrispondevano caratteristiche diverse del terreno:

- a nord-ovest il terreno era prevalentemente coperto da foreste e acquitrini,

- a sud il terreno era prevalentemente un’estensione di steppe.

Mettiamo a confronto la mappa fisica e quella politica all’epoca delle Crociate: il confine fra le due entità politiche della grande pianura europea corre lungo la linea divisoria fra steppe e foreste. Nei secoli successivi il primo stato russo e il primo stato polacco vennero fondati su territori interamente coperti da foreste e acquitrini, mentre nelle steppe a sud delle foreste sorsero altri stati, creati da invasori giunti dall’Asia, a loro volta pressati alle spalle dalla pressione di altri nomadi asiatici. La situazione rimase tale fino alla fine del 1700. Tutta la storia europea dal V al XVII secolo, dice Mackinder, può essere narrata come un commentario alle invasioni dalle steppe asiatiche: Unni, Avari, Bulgari, Magiari, Kazari, Peceneghi, Cumani, Mongoli, Calmucchi. La loro pressione spinse le migrazioni di Sassoni e Angli, costrinse Franchi, Goti e Romani a difendersi insieme, superando le loro rivalità. Fu per difendersi dagli Unni che venne fondata Venezia. Per proteggersi dagli Avari venne fondata Vienna. Gli Arabi durante il loro impero chiamarono il Caspio ‘lago dei Kazari’.

Attraverso tutti i millenni popoli nomadi si riversarono nelle steppe europee attraverso lo stretto passaggio fra gli Urali e il Caspio, fino alla valle del Danubio, risalirono i letti dei grandi fiumi e invasero anche le pianure del nord Europa. Altre invasioni si erano riversate a sud dall’estremo nord d’Europa, ma si trattava di gruppi relativamente piccoli, perciò non molto distruttivi. Già gli Sciti di epoca omerica, bevitori di latte di cavalla, erano arrivati da lontane steppe orientali, così come i barbari che travagliarono l’Impero Romano.

È una dinamica migratoria documentata fin dal neolitico. Si noti che a nord della fascia delle steppe eurasiatiche si estende la pianura irrigata e continua più estesa al mondo, dalla Francia fino alle coste del Pacifico.

Poiché le precipitazioni sono concentrate nell’area in cui ci sono mari caldi, il cuore d’Eurasia è costituito di steppe e deserti, mentre tre quarti della popolazione è concentrata lungo le coste. In questo senso, dice Mackinder, il vero confine sud d’Europa è il Sahara.

Inoltre nella massa territoriale centrale di Eurasia, che Mackinder definisceheartland, cuore della Terra, i fiumi non hanno sbocco a mari navigabili, dunque non sono serviti alle popolazioni locali per comunicare e commerciare con il mondo. Le popolazioni dello heartland hanno dovuto usare i pochi passaggi terrestri disponibili per riversarsi a ovest in Europa, a est in Cina, a sud fino al Medio Oriente. Attorno a questo grande heartland si estende un vasto arco di terre accessibili alla navigazione, una rimland – una bordura di terre - in cui si distinguono quattro aree geografiche diverse, che hanno sviluppato diverse civiltà su base ideologica religiosa:

1) nella regione monsonica rivolta verso l’Oceano Pacifico la civiltà buddista-taoista

2) nella regione monsonica rivolta verso l’Oceano Indiano la civiltà braminica,

3) nell’area temperata d’Europa la civiltà cristiana,

4) lungo le semiaride aree costiere del Medio Oriente e del Nordafrica la civiltà mussulmana.

Il Medio Oriente, dice Mackinder, è la più debole delle quattro civiltà, perché ha pochi terreni agricoli, per lo più poveri, perciò non ha abbastanza risorse per resistere a lungo ad un assedio costiero da parte di potenze marittime, ed è vulnerabile anche agli attacchi di popolazioni dall’Asia Centrale, attraverso l’Iran.

In conclusione Mackinder dice che, dal punto di vista storico, lo heartland di steppe è il perno (pivot) dell’evoluzione storica, perché da lì sono partite ondate su ondate di orde a cavallo che hanno costretto le popolazioni del primo arco esterno (inner crescent) a reagire attraverso guerre e alleanze, conquiste e sconfitte, ricerca di risorse e innovazioni tecnologiche, fino a scoprire l’outer crescent, altre isole-continenti.

Mackinder termina la dissertazione riconoscendo che strade ferrate e navi transoceaniche hanno modificato i rapporti di forza fra pivot (perno)e crescents (archi). poi mette in guardia dal pericolo che, proprio grazie alle ferrovie e ai transatlantici, la Russia o la Cina possano impadronirsi sia dell’area pivot, ricca di risorse minerarie e di popoli guerrieri, sia delle coste e dei mari dell’inner o outer crescent, perché una tale potenza potrebbe sconfiggere tutte le altre.

Con questo ammonimento in mente possiamo capire meglio la storia dei 100 anni successivi e la situazione attuale.

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