Le gravi responsabilità dell’ONU per la ‘questione palestinese’

05/12/2023

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Quanti sono i campi dei profughi palestinesi? Dove sono posizionati? Quando sono stati creati?

Nel 1949, alla fine della guerra fra ebrei ed arabi del 1948-49, scatenata dall’attacco di sei eserciti arabi al neonato stato di Israele, l’ONU creò l’UNRWA, che da allora si prende cura dei rifugiati e profughi palestinesi e di tutti i loro discendenti. Soltanto dei profughi palestinesi, non di altri profughi. Nel 1950 erano 720 000, ora sono più di 6 milioni. Molti non vivono nei campi profughi, ma in varie altre parti del mondo, ma mantengono la qualifica di profughi finché non ottengono la cittadinanza di un qualche stato, perciò continuano a ricevere servizi e sussidi dall’UNRWA.

Nel 1950 venne creato lo UNHCR, l’Alto commissariato ONU per i rifugiati, che fornisce soccorso a tutti i rifugiati di tutte le altre guerre e tutti i disastri al mondo, con il compito di trovar loro una ricollocazione il più rapidamente possibile. Fino al 2011 (anno delle rivolte arabe e della guerra in Siria) tutti i profughi assistiti dall’UNHCR nel resto del mondo erano meno numerosi dei profughi palestinesi, perché l’UNHCR li ha ricollocati, li ha aiutati a inserirsi e a lavorare in altri paesi. I palestinesi no, vengono tenuti per sempre dall’UNRWA in condizione di rifugiati.

 I campi dell’UNRWA sono ormai vere e proprie cittadine, non sono accampamenti. Secondo i dati pubblicati dall’UNRWA ( https://www.unrwa.org/resources/about-unrwa/unrwa-fields-operations-map-2018 ) sono 58, con oltre 6 milioni di profughi ufficialmente registrati, anche se molti non vivono effettivamente nei campi.

  • 10 sono in Giordania, con 2 327 510 rifugiati ufficiali
  • 8 sono a Gaza, con 1 515 649 rifugiati ufficiali
  • 19 sono nel West Bank (Cisgiordania), nei territori sotto l’Autorità Nazionale Palestinese, con 1 022 870   rifugiati ufficiali
  • 9 sono in Siria, con 631 000 rifugiati ufficiali
  • 12 sono in Libano, con 524 340 rifugiati ufficiali

 

 

Cinque dei dieci campi giordani sono stati creati per i profughi della guerra del 1967, a seguito della quale la Giordania dovette ritirarsi dal West Bank, che occupava dal 1949, come si vede nella mappa a fianco.

Nei ‘campi’ l’UNRWA gestisce scuole, ospedali, centri di assistenza. La stragrande maggioranza delle persone che lavorano in queste strutture o le dirigono sono i rifugiati stessi. L’UNRWA è di gran lunga il maggior datore di lavoro sia a Gaza sia nel West Bank, così come nei campi profughi situati degli altri paesi. In Libano i palestinesi possono vivere e lavorare soltanto all’interno dei campi, per conto dell’UNRWA, perché lo stato libanese non dà loro il diritto né di vivere né di lavorare al di fuori dei campi. Anche gli altri paesi arabi impongono restrizioni alle possibilità di residenza e di lavoro dei palestinesi al di fuori dei campi. Le dichiarazioni dei funzionari ONU di Gaza e del West Bank riportate dai media non provengono da fonti terze rispetto al conflitto, ma dai palestinesi che dirigono le strutture dell’ONU/UNRWA.

 

Anche nelle scuole dell’UNRWA gli insegnanti sono palestinesi e insegnano ai bambini ad addestrarsi alla guerriglia fin dalla più tenera età, oltre a mettere in scena recite scolastiche in cui i ‘buoni’ islamici uccidono a coltellate i ‘cattivi’ ebrei, come narra il Corano.

I fondi UNRWA e gli altri fondi forniti dalla comunità internazionale (anche l’Unione Europea dà fondi ai Palestinesi, oltre a quelli dati attraverso l’UNRWA) alimentano la corruzione e sono largamente usati per finanziare i terroristi e le loro famiglie, oltre che per acquistare armi o componenti per costruirle. Si vedano i discorsi del ‘moderato’ Abu Mazen alla TV palestinese, ed i bilanci dell’Autorità Nazionale palestinese in cui sono stanziati centinaia di milioni di dollari all’anno per le famiglie dei ‘martiri’ terroristi. Bulldozers, cemento ed energia elettrica sono usati dal governo di Gaza, che è nelle mani di Hamas, non per il bene della popolazione, ma per costruire armi e tunnel di profondità in cui nascondere armi, ostaggi e i terroristi stessi.

Dopo il fallimento del sogno nazionalista panarabo di Nasser, che nel 1964 aveva creato l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) insieme ad Arafat, negli anni ’90 l’OLP avviò negoziati di pace con Israele, che si conclusero con un fallimento nel 2000. Il fallimento ebbe due cause:

  1. L’ Autorità palestinese controllata dall’OLP avrebbe dovuto proclamare lo Stato di Palestina, che automaticamente sarebbe diventata la patria dei profughi palestinesi, che avrebbero perciò perso la qualifica di profughi. Avrebbero potuto negoziare un compenso una tantum per i beni confiscati da Israele dopo le guerre del 1949 e del 1967, ma avrebbero perso la qualifica di rifugiati e non avrebbero più avuto i 1600 milioni di dollari annui dell’UNRWA, né quelli aggiuntivi di altri paesi. Finché l’economia palestinese sarà tutta nelle mani dell’UNRWA e delle sue sovvenzioni, nessuna autorità palestinese avrà mai interesse a proclamare davvero lo Stato di Palestina. Infatti non lo fa da 74 anni.
  2. Nel frattempo l’Iran aveva creato e rafforzato Hamas che, come tutti i gruppi jihadisti che riconoscono la legge islamica come unica fonte del diritto, dall’ISIS ad al Qaeda a Hezbollah e altri gruppi più piccoli, non accettano che il potere politico venga esercitato da non islamici, soprattutto in territori dove c’è stata una presenza storica islamica in passato (per questo rivendicano formalmente anche larghe parti di territorio europeo). Nel 2000 Arafat sapeva che, se avesse accettato di creare lo stato di Palestina e avesse firmato gli accordi di pace con Israele, riconoscendo formalmente il diritto dello stato di Israele ad esistere, Hamas avrebbe ammazzato lui e larga parte dei suoi seguaci.

I negoziati di pace fallirono; seguì l’intifada, che fallì a sua volta. Ma Hamas si rafforzò e vinse le elezioni a Gaza; subito dopo buttò dalle finestre dei palazzi più alti tutti i capi locali dell’OLP e si impose col terrore su tutta la Striscia. Dopodiché non si tennero più elezioni non soltanto a Gaza, ma neppure nel West Bank, per timore che le vinca Hamas e che uccida tutti i rivali politici.

Tenuti nei campi profughi per decenni, nutriti e curati ma privi di libertà politica ed economica, i giovani palestinesi vivono nell’odio e nel desidero di rivincita e vendetta. Lo si può capire, mettendosi nei loro panni. Ma la responsabilità politica e morale di averli tenuti rinchiusi come polli, e di continuare e tenerli in quelle condizioni, è della comunità internazionale che continua a sostenere la politica dell’UNRWA, anziché esigere che gli obbiettivi dell’UNRWA vengano rivisti e che anche i palestinesi vengano ricollocati, responsabilizzati e liberati.

L’UNRWA invece continua ad alimentare il mito di un presunto ‘diritto al ritorno’ dei palestinesi, diritto che nessun profugo di nessuna guerra ha né ha mai avuto, come spieghiamo in ‘I profughi, il diritto e la prassi’.

 

 

La fine della ‘questione palestinese’ potrà intravvedersi soltanto dopo che la comunità internazionale avrà accettato che larga parte dei profughi debba essere aiutato a ricollocarsi altrove. Lo dicono i numeri. L’intera regione geografica di Palestina, cioè Cisgiordania Israele e Gaza, si estende per circa 28 000 chilometri quadrati, l’equivalente del Piemonte e Valle d’Aosta, ma il 65% del territorio è deserto. In Piemonte e Valle d’Aosta oggi vivono circa quattro milioni e mezzo di persone. Gli israeliani oggi sono quasi 9 milioni, di cui 2 milioni sono arabi, non ebrei. I profughi ufficiali palestinesi sono più di sei milioni, cui occorre aggiungere i residenti di Gaza e del West bank che non sono profughi, perché le loro famiglie vivevano lì già prima del 1949. Sono circa 3 milioni. Dunque 11 milioni di arabi e 7 milioni di ebrei dovrebbero convivere in pace su di un territorio grande come Piemonte e Valle d’Aosta, ma desertico al 65%, dopo essersi odiati ed essersi fatti guerra per un secolo a cominciare dal 1924, anno dei primi massacri di ebrei da parte degli arabi in Palestina? È impossibile. Eppure di questa realtà si preferisce non parlare, si ripete il vuoto mantra ‘due stati per due popoli’ (anche se nessuno crede che ciò sarà mai possibile), si versano ogni anno miliardi di dollari ai ‘rifugiati’, che della loro condizione di rifugiati hanno ormai fatto sia una professione redditizia che un grido di guerra eterna agli ebrei. Ma davvero la comunità internazionale non riesce a riscattarsi da questa situazione aberrante?

 

 

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