I pochi eletti. Il ruolo dell'istruzione nella storia degli ebrei, 70-1492
di Maristella Botticini e Zvi Eckstein

28/12/2018

Questo bellissimo saggio coniuga il rigore della teoria economica alla ricchezza delle citazioni documentarie, come questa di Giuseppe Flavio del 96 ca:

Gli ebrei non considerano la nascita di un figlio come un’occasione per festeggiare o una scusa per bere esageratamente. La legge (…) ordina che ai bambini si debba insegnare a leggere, e debbano imparare le leggi e gli atti dei loro antenati, così che possano imitarne i comportamenti, e conoscendo a fondo le leggi, non possano trasgredirle né avere alcuna scusa per non conoscerle.

Per illustrare il contenuto e lo scopo del libro lasciamo la parola direttamente agli autori, che nell’introduzione scrivono:

Questo libro è un viaggio a ritroso nel tempo, in cerca di risposte alla domanda: perché gli ebrei sono diventati il popolo che sono? (….) Perché fra gli ebrei vi sono così pochi contadini? Perché gli ebrei costituiscono una popolazione urbana di mercanti, imprenditori, banchieri, finanzieri, giuristi, medici e studiosi? Quando e perché questa struttura occupazionale e residenziale divenne la caratteristica peculiare degli ebrei? Perché la popolazione ebraica, dai 5–5,5 milioni di persone che contava al tempo di Gesù, scese fino a 1–1,2 milioni al tempo di Maometto? Perché il numero degli ebrei raggiunse il livello più basso (meno di 1 milione) alla vigilia dell’espulsione di massa dalla penisola iberica nel 1492–97? Perché quella del popolo ebraico è stata una delle diaspore più disperse della storia, vissuta per millenni in condizioni di minoranza nelle città e nei centri urbani di tutto il mondo? Quando, come e perché gli ebrei divennero «i pochi eletti»?

Quasi tutti sono convinti di conoscere le risposte a queste domande. (…) Le risposte proposte (…) sono assai simili. (...) Ma sono corrette? Analizzati dal punto di vista dell’economista, i dati storici inducono a ritenere che nessuna di queste radicate opinioni sia valida. Noi sosteniamo che la vera spiegazione va ricercata altrove. Come mostriamo nei capitoli seguenti, quelle caratteristiche peculiari del popolo ebraico furono il portato di un profondo mutamento della religione ebraica seguito alla distruzione del secondo tempio nel 70 d.C. Tale mutamento (…) trasformò il giudaismo da culto basato sui sacrifici rituali eseguiti nel tempio in una religione la cui norma principale prescriveva a ogni ebreo di leggere e studiare la Torah in ebraico e di mandare i figli a scuola o in sinagoga, dall’età di sei o sette anni, affinché anch’essi imparassero a farlo. Durante il periodo talmudico (dal III al VI secolo) l’applicazione di questa nuova norma religiosa, sommata allo sviluppo di istituzioni che garantivano l’applicazione dei contratti, determinò tre tratti distintivi della storia ebraica:

• la crescita e la diffusione dell’alfabetizzazione e dell’istruzione fra la popolazione ebraica prevalentemente rurale, nonché un lento ma significativo processo di conversione ad altre religioni, che determinò un notevole calo della popolazione ebraica durante la prima metà del primo millennio;

• l’acquisizione di un vantaggio comparato nelle attività urbane specializzate (ad esempio, l’artigianato, il commercio e il prestito di denaro), che gli ebrei istruiti scelsero di intraprendere quando l’urbanizzazione e lo sviluppo di un’economia mercantile fornirono loro l’opportunità di ricavare benefici pecuniari dal loro investimento nell’alfabetizzazione e nell’istruzione;

• la diaspora volontaria degli ebrei, che migravano alla ricerca di opportunità nei mestieri artigianali, nel commercio al dettaglio o a lunga distanza, nel prestito feneratizio, nelle attività bancarie e finanziarie, e nella professione medica.

(...) Fra il 750 e il 900 quasi tutti gli ebrei della Mesopotamia e della Persia – il 75 per cento circa della popolazione ebraica nel mondo – lasciarono l’agricoltura, si trasferirono nelle città e nei centri urbani dell’impero abbaside di recente formazione e si dedicarono a una molteplicità di attività specializzate. Una volta abbandonata l’agricoltura come occupazione principale, molti di questi ebrei emigrarono nello Yemen, in Siria, in Egitto e nel Maghreb. Le ondate migratorie di ebrei in cerca di opportunità economiche raggiunsero anche l’Europa cristiana. Transitando per l’Italia meridionale, allora parte dei domini di Bisanzio, gli ebrei che abbandonavano l’impero bizantino o si spostavano al suo interno poterono penetrare in Europa, dove costituirono i primi nuclei di gran parte delle comunità ebraiche locali. Nel contempo gli ebrei provenienti dall’Egitto e dal Maghreb si stabilirono nella penisola iberica, per poi emigrare in Sicilia e in alcune zone dell’Italia meridionale. Verso la metà del XII secolo, quando il viaggiatore ebreo Beniamino di Tudela intraprese il suo lungo viaggio dalla penisola iberica al Medio Oriente e descrisse le comunità ebraiche che aveva visitato o di cui aveva avuto notizia, gli ebrei erano presenti quasi ovunque, da Tudela in Spagna a Mangalore in India. All’epoca la transizione nelle occupazioni urbane specializzate era ormai compiuta. La specializzazione degli ebrei in tali occupazioni ne costituisce ancora oggi la caratteristica peculiare.

(…) Esponiamo poi la nostra tesi, secondo la quale in un mondo popolato da analfabeti – qual era il mondo del primo millennio – la capacità di leggere e scrivere contratti, lettere commerciali e documenti contabili utilizzando un alfabeto comune dette agli ebrei un vantaggio comparato sulle altre popolazioni. Inoltre gli ebrei svilupparono un codice uniforme di leggi (il Talmud) e un insieme di istituzioni (i tribunali rabbinici, i responsa) che favorivano l’applicazione e il rispetto dei contratti, nonché la costruzione di reti di relazioni e contatti (networking) tra ebrei residenti in località diverse – abilità quest’ultima che rendeva possibile agli ebrei dediti al commercio, al credito, e alla finanza di guadagnare facendo arbitraggio fra località distanti. La diffusione pressoché universale dell’alfabetizzazione e l’esistenza di istituzioni preposte all’applicazione dei contratti divennero i punti di forza del popolo ebraico.

(…) Durante tutto il primo millennio nessuno, tranne gli ebrei, era tenuto all’osservanza di una norma che obbligava i padri a provvedere all’istruzione dei figli. (…) Ora nelle comunità ebraiche, guidate dagli insegnamenti degli eruditi delle accademie, gli analfabeti venivano considerati dei reietti.

(...) I contadini ebrei che trovano troppo costoso obbedire alle norme del giudaismo, fra cui l’oneroso obbligo di mandare i figli a scuola, si convertono ad altre religioni. Se l’economia rimane prevalentemente rurale, le persone istruite non trovano occupazioni urbane specializzate, nelle quali l’investimento nell’istruzione darebbe loro benefici economici. Di conseguenza la popolazione ebraica continua a ridursi (tramite la conversione ad altre religioni) e a divenire più istruita. A lungo andare il processo di conversione ad altre religioni rende impossibile la sopravvivenza del giudaismo in un’economia agricola di sussistenza. (...) Gli ebrei divennero «i pochi eletti» – una piccola popolazione di individui istruiti. (…) Varie fonti letterarie e archeologiche documentano che molti contadini ebrei che vivevano in Eretz Yisrael o in Mesopotamia, Egitto, Siria, Asia Minore, Balcani ed Europa occidentale si convertirono al cristianesimo durante l’epoca talmudica.

(…) Una parte dei contadini ebrei non si convertì, obbedì alla norma religiosa e investì nell’istruzione dei figli. Che cosa accadde, col tempo, a questi contadini ebrei alfabetizzati? (…) Essi abbandonarono l’agricoltura e dettero vita a piccole comunità urbane di artigiani specializzati, bottegai, mercanti, cambiavalute, prestatori di denaro, eruditi e medici. La creazione dei califfati musulmani nei secoli VII e VIII e i concomitanti processi di urbanizzazione su vasta scala ed espansione delle attività manifatturiere e del commercio nel Medio Oriente dettero un forte impulso alla massiccia transizione degli ebrei dall’agricoltura ai mestieri artigianali e al commercio. L’alfabetizzazione della popolazione ebraica, accompagnata dalla formazione, nei cinque secoli seguiti alla distruzione del secondo tempio, di un insieme di istituzioni preposte all’applicazione dei contratti, dette agli ebrei un vantaggio comparato.

(…) Nell’Europa medievale si verificarono fenomeni analoghi a quelli che avevano avuto luogo da quattro a cinque secoli prima nei califfati omayyade e abbaside: la rinascita del commercio, legata alla rivoluzione commerciale, e la crescita di un’economia urbana e mercantile. La diaspora ebraica nel medioevo ebbe origine principalmente dalle migrazioni di ebrei istruiti – artigiani, bottegai, mercanti, eruditi, insegnanti, medici e prestatori di denaro – in cerca di opportunità che consentissero di mettere a frutto il loro investimento nell’alfabetizzazione e nell’istruzione.

(...) Nell’Europa medievale gli ebrei si dedicarono volontariamente al prestito di denaro a interesse, e in seguito vi si specializzarono, perché disponevano delle risorse essenziali per operare con successo nei mercati creditizi – il capitale, l’abilità di networking, l’istruzione, le nozioni aritmetiche basilari nonché le istituzioni in grado di imporre l’applicazione e il rispetto dei contratti.

(...) L’invasione mongola (...)contribuì al tracollo dell’economia urbana e mercantile dell’impero abbaside e fece regredire per un lungo periodo le economie mesopotamica e persiana allo stadio dell’agricoltura di sussistenza e della pastorizia. Di conseguenza una parte degli ebrei persiani e mesopotamici, seguiti poi da quelli egiziani e siriani, abbandonò l’ebraismo – le cui norme religiose, specie quella che obbligava i padri a provvedere all’istruzione dei figli, erano divenute nuovamente un pesante onere privo di benefici economici – e si convertirono all’Islam.

In anni recenti gli economisti e gli storici economici hanno sottolineato e analizzato le molte interazioni che intercorrono fra valori culturali, norme sociali e la sfera economica. Le questioni che essi cercano di spiegare vanno dal successo ottenuto dai mercanti maghrebini nel Mediterraneo agli inizi del medioevo, all’emergere dello spirito del capitalismo agli albori della modernità europea, agli straordinari cambiamenti tecnologici che innescarono la Rivoluzione Industriale nell’Inghilterra del XVIII secolo, all’ascesa e al declino economico dell’impero musulmano, all’aumento della partecipazione femminile alla forza-lavoro negli Stati Uniti del XX secolo, ai modi in cui la frammentazione etnica influisce sul comportamento economico, alla reciproca interazione fra la fiducia e i risultati economici in epoche e paesi diversi. Il contributo specifico che il nostro libro dà a questa letteratura consiste nell’illustrare come i valori culturali e le norme sociali promossi dall’ebraismo due millenni or sono abbiano forgiato la storia demografica ed economica degli ebrei fino ai nostri giorni (…). La transizione degli ebrei dall’agricoltura ai mestieri artigianali, al commercio, alla finanza e ad altre attività altamente specializzate, fu sostenuta anche grazie al fatto che gli ebrei disponevano di istituzioni – originate dalle caratteristiche peculiari della religione ebraica – che garantivano l’applicazione e il rispetto dei contratti.

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