Quattro candidati
per le elezioni presidenziali iraniane

21/05/2009

Il 20 maggio 2009 il potente Consiglio dei Guardiani ha approvato la rosa dei candidati che prenderanno parte alle elezioni presidenziali del prossimo giugno. I quattro prescelti sono il presidente in carica Ahmadinejad, l’ex primo ministro Mousavi, l’ex portavoce del parlamento Mehdi Karrubi e l’ex capo delle Guardie della Rivoluzione Mohsen Rezai. Sono stati scartati 471 candidati.   Mousavi e Karrubi, che rappresentano l’ala riformista, hanno buone possibilità di farcela mentre Rezai – condannato in Argentina per la strage al centro ebraico del 1994 – non si trova in buona posizione. Lo stesso giorno dell’annuncio il presidente ha deciso di effettuare il lancio di un missile capace di raggiungere Israele e l’Europa meridionale inaugurando così la campagna elettorale. Ahmadinejad è stato più volte accusato dagli altri candidati di aver trascinato l’economia del paese sull’orlo del baratro e di aver disatteso le speranze della popolazione.   Karrubi, che aveva già sfidato il presidente Ahmadinejad nel 2005, negli ultimi anni ha ottenuto l’appoggio di alcuni importanti riformisti e di alcuni gruppi studenteschi. Mousavi invece è stato elogiato più volte per la sua capacità di gestire l’economia nel periodo dal 1980 al 1988, durante la guerra contro Saddam Hussein. Il neocandidato ha affermato di voler avviare un periodo di distensione con l’Occidente, ma ha ribadito che prima l’Iran dovrà ottenere la fiducia dell’Europa e degli Stati Uniti sulla questione del nucleare. Secondo il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana Mousavi durante gli 8 anni di guerra è stato uno dei pilastri dell’esportazione del terrore e dell’eccidio dei prigionieri politici – più di 30.000 solo nell’estate del 1988.   Comunque con ogni probabilità Ahmadinejad vincerà nuovamente le elezioni perché gode dell’appoggio delle Guardie della Rivoluzione e soprattutto del Leader Supremo, Ali Khamenei.    Circa 46 milioni di abitanti sono chiamati a partecipare ad un’elezione farsa, che di fatto non cambierà le sorti del regime qualunque sia il risultato.     Con l’avvicinarsi delle votazioni la repressione del governo contro i dissidenti si è fatta più feroce del solito e a farne le spese sono soprattutto gli studenti, gli oppositori politici e gli attivisti per i diritti umani.

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