La via della pace per Israele – di Francesco Sisci

11/02/2024

Il conflitto di Gaza non è “tutto medio-orientale”. Come le vecchie guerre tra paesi arabi e Israele in parte riflettevano le tensioni e divisioni della guerra fredda, così lo scontro attuale è utile alla Russia di Vladimir Putin. Serve a distrarre il mondo, le risorse e gli aiuti dell’occidente dalla guerra in Ucraina. L’ex speaker del congresso americano Nancy Pelosi ha affermato che le proteste anti israeliane in occidente sono sostenute dai russi. Al di là del suo posto in quella che il papa chiama guerra mondiale a pezzi il conflitto però affonda le sue radici sull’esistenza di Israele e il suo ruolo e posto futuro. Occorre allora fare chiarezza su alcuni elementi forse importanti per ogni discussione a riguardo. Si può essere in accordo o disaccordo con questa o quella scelta di questo o quel governo israeliano. Non c’è problema. Si può essere d’accordo o in disaccordo con le scelte attuali di come condurre la guerra a Gaza, anche qui non c’è problema.

È dirimente invece e non si può mettere in questione l’esistenza dello stato di Israele, per ragioni molto pratiche, non ideali o religiose: A) perché riapre una questione millenaria ebraica; B) perché crea un vuoto geopolitico enorme in Medio Oriente e moltiplica il caos, non lo elimina; C) perché israeliani e tanti altri non sarebbero d’accordo.  

Sui mezzi. È orribile solo pensarlo, ma non tutte le violenze sono totalmente uguali. L’orrore di torturare deliberatamente donne e bambini e poi vantarsene, il fatto di nascondersi dietro propri familiari innocenti per farli ammazzare e così cercare di distorcere le cose non è lo stesso che cercare di eliminare in maniera anche molto dura chi ha compiuto e sta compiendo orrori incalcolabili e tiene in ostaggio innocenti pronti a scambiarli per chissà cosa.

Sui fini. Se non si parte dalla ammissione dell’esistenza di Israele e dal suo diritto di esistere, non ci sono basi per discutere. Se lo scopo è l’annientamento di Israele e degli ebrei, allora gli ebrei e coloro che la vogliono evitare non possono fare altro che cercare di scongiurare tale conclusione. Se si sollevano pregiudizi razziali sugli ebrei siamo naturalmente su un altro piano. Si affronta la questione dei pregiudizi razziali in generale o sugli ebrei in particolare. In questo senso, lo sforzo sistematico di eliminare il braccio militare di Hamas è un tentativo di eliminare radicalmente i terroristi ed è un monito ad altri eventuali nemici della pace e di Israele.

Accanto a questo però bisogna costruire la pace futura. Israele ha già in sé il seme di questa pace. Oggi gli arabi israeliani collaborano attivamente con il governo e sostengono il paese mentre gran parte della forza lavoro è impegnata in guerra. Inoltre c’è una solidarietà sostanziale di molti paesi islamici e arabi che non hanno interesse alla sopravvivenza politica di Hamas e nei fatti stanno sostenendo lo sforzo bellico israeliano. Su queste basi si deve andare avanti e qui c’è forse una esperienza italiana che può essere utile. La DC quando andò al potere dopo la seconda guerra mondiale doveva fare i conti con un PCI e il suo alleato PSI filo sovietici e armati. Avevano nascosto fucili e armi anche pesanti in fienili, in montagna, pronti a rimettersi in guerra. Progressivamente nel corso degli anni, in piena guerra fredda, la DC staccò una costola dal PSI, il PSDI, poi convinse il PSI a separarsi dal PCI, infine il PCI uscì gradualmente dall’orbita sovietica e anzi aiutò e facilitò le riforme di Gorbaciov in URSS. In questo sforzo titanico che salvò la pace in Europa e arrivò alla fine della guerra fredda senza un grande scontro caldo, Papa Montini e Aldo Moro giocarono un ruolo di primo piano. In questo senso il governo israeliano e la destra nel paese dovrebbero forse apprezzare di più il lavoro del cardinale Pizzaballa. Quando egli va in chiesa con la kefiah addosso non è che accredita la causa palestinese, è che la sottrae al braccio armato dei terroristi e estremisti. La DC parlava con i comunisti che volevano fare la rivoluzione negli ’50 in Italia, i socialisti di governo alla fine degli anni ’70 cercarono canali per parlare con i terroristi delle Brigate Rosse. L’obiettivo in ogni caso era isolare i più radicali, e minimizzare il numero di nemici pervicaci. L’uso del dialogo, della pazienza limita lo sforzo della guerra e crea le condizioni per la pace. A meno di non pensare che milioni di palestinesi possano sparire, occorre costruire una loro nuova rappresentanza e parlare con essa.

Il successo di Hamas è anche il fallimento della vecchia rappresentanza palestinese. Molti di essi sono corrotti, hanno usato la sofferenza della propria gente per il loro potere e ricchezza. La costruzione di una nuova rappresentanza non basta. Il governo di Israele deve scusarsi e pentirsi per bambini morti, per la gente sparata nelle chiese. Certo la responsabilità politica di quelle morti non è di Israele. Ma il mondo deve sapere e sentire il dolore del governo israeliano per gli orrori in corso. Può essere necessario radere a suolo Gaza, ma pur se necessario non può essere fatto che con pietà. Ogni ragionamento razionale spiega la necessità delle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki, servirono a salvare milioni di giapponesi e americani da combattimenti protratti nelle isole nipponiche. Ciò detto gli americani per primi ebbero giustamente orrore di quello che avevano dovuto fare.

I boscimani pregano e chiedono perdono alle anime degli animali che uccidono nella caccia. Non smettono di cacciare ma chiedono clemenza. Non è ipocrisia, è pietas, è coscienza dell’orrore necessario per sostenere la loro vita stessa e ne chiedono perdono alle vite sottratte. È una religiosità antichissima, prima del dio sovrano di uomini che si cibava di sacrifici umani e ne gioiva. Abbiamo tutti bisogno di chiedere perdono per gli orrori ed errori che commettiamo, per costruire la pace che dal Medio oriente poi aiuti anche quella in Ucraina.

 

(Da un articolo di «settimananews.it» del 29 gennaio 2024)

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