La geopolitica della Turchia moderna

25/07/2023

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La Turchia è oggi è una media potenza, abbastanza forte da non essere costretta a sottomettersi a qualche potente vicino, non abbastanza forte per imporsi come potenza egemone sui vicini.

L'Anatolia, il punto più occidentale dell'Asia, è il cuore geografico dell’odierno stato turco. È stata anche il cuore di grandissimi imperi nel corso della storia umana, dagli Ittiti ai Bizantini e agli Ottomani. La sua posizione tra il Mar Nero e il Mar Mediterraneo non solo crea collegamenti commerciali e scambi tecnologici e culturali con la Russia, l'Europa sud-orientale e il Nord Africa, ma la protegge dalle invasioni. A sud-ovest sono invece gli aridi deserti dell'Iraq e della Siria a scoraggiare gli invasori.

Il clima mite e le precipitazioni adeguate favoriscono l'agricoltura e il legname. Miniere di ferro, rame, carbone, oro e marmo forniscono le materie prime per una cultura materiale avanzata. Sulla rotta tra la Russia e il Mediterraneo, la Turchia controlla gli stretti attraverso cui è sempre passato il grano ucraino e russo verso il resto del mondo. Questi vantaggi hanno fatto dell'Anatolia uno dei primi centri della civiltà umana, con testimonianze archeologiche di centri urbani risalenti a 9500 anni fa.

La posizione dell'Anatolia sulle principali rotte commerciali porta ricchezza materiale, ma anche idee, culture e religioni straniere che possono destabilizzare il cuore culturale, disorganizzare lo stato e aprirlo a divisioni interne che gli sfidanti esterni possono quindi sfruttare. La storia della civiltà in Anatolia conosce generalmente fasi in cui i governi sono efficaci nel bilanciare questi fattori e fasi in cui non ci riescono e crollano.

L'arrivo in Anatolia dei Turchi dall’Asia centrale nel corso dei secoli XI e XII ha definito l'identità della regione in epoca moderna, spingendone fuori l'identità greco-romana e cristiana e sostituendola con la cultura turca musulmana.

Nel XX secolo l’Anatolia ha vissuto il crollo dell’Impero ottomano, lunghe guerre intestine contro le etnie minoritarie, la nascita della repubblica tra le due guerre, la guerra fredda e l'era della globalizzazione guidata dagli Stati Uniti dopo la caduta dell'Unione Sovietica. 

L'Impero Ottomano fu per secoli una grande potenza mediterranea. Ma nel 1600 l’Europa sviluppò una irresistibile potenza tecnologica ed economica, grazie alla scoperta dell’America. Per quasi tre secoli i Califfi cercarono di riformare l'Impero senza rompere il suo fragile contratto sociale multietnico e religioso, e giocarono a lungo le potenze europee l’una contro l’altra, sfruttandone le rivalità.

La caduta dell'Impero Ottomano avvenne mentre in tutta Europa gli altri sistemi multietnici e dinastici stavano crollando di fronte al crescente nazionalismo, all'industrializzazione, al conflitto fra nazionalismi e dottrine sociali rivoluzionarie. Ma la sconfitta dell'Impero Ottomano non significò la fine del popolo turco. Le potenze vincitrici del 1919 non erano in grado di colonizzare la regione. L’etnia turca si assicurò il dominio demografico con il genocidio degli Armeni nel 1915 e passò al contrattacco sotto il generale Mustafa Kemal Ataturk. La guerra d'indipendenza turca portò al consolidamento di un moderno stato turco in grado di affrontare le sfide del XX secolo. La Turchia aveva già perso i territori arabi e la penisola balcanica, ma ancora nel 1920 sia i Greci sia i Curdi miravano a restringere ulteriormente i confini dello stato turco. La Turchia puntò sull'unità nazionale e politica, producendo un'ideologia nazionalista laica e repubblicana. Nel 1928 l'alfabeto arabo fu sostituito con la scrittura latina, la capitale fu spostata nel cuore dell'Anatolia, ad Ankara, lontano dalle tradizioni imperiali e religiose di Costantinopoli. Il potere fu assunto da una élite di militari, politici e uomini d'affari. I Curdi, gruppo etnico indipendente con millenarie radici nelle catene montuose del sud-est, furono esclusi da potere.

Nel periodo tra le due guerre e durante la Seconda guerra mondiale Ankara rimase rigorosamente neutrale rispetto ai conflitti internazionali. Nel dopoguerra la Turchia iniziò un periodo di allineamento con l'Occidente contro i Sovietici, che tentarono a lungo di alimentare una rivoluzione comunista in Turchia per ottenere il pieno controllo del Mar Nero. La Turchia utilizzò l’accesso alla tecnologia e ai capitali occidentali per modernizzare e ricostruire sia l’esercito sia l’economia. L'ideologia laica e repubblicana dello stato turco resse anche all'ondata di fondamentalismo islamico iniziata negli anni '60 e '70 (presa del potere da parte degli Ayatollah in Iran).

Ma nel 1974, spinta dai nazionalisti turchi e sfruttando un momento di disunione della NATO sul futuro di Cipro, la Turchia lanciò un'invasione della parte settentrionale dell'isola, abitata in epoca ottomana da migliaia di famiglie turche, creandovi la Repubblica turca di Cipro Nord, che solo la Turchia riconosce.

All’inizio del XXI secolo, mentre gli Stati Uniti intraprendevano campagne militari in Afghanistan e Iraq e venivano colpiti all’interno dalla crisi finanziaria del 2008, non soltanto Russia, Cina e Iran ma anche Francia e Germania divennero più audaci nell'affermare i propri interessi, anche a costo di mettersi in competizione con l'America. Cominciava a riemergere un mondo multipolare analogo a quello che dominava il sistema globale prima della seconda guerra mondiale, mentre gli Stati Uniti spostavano l’attenzione dal Medio Oriente alla Cina.

Anche la Turchia rimodellò i suoi interessi. Le stesse istituzioni politiche e sociali furono trasformate. Le idee e le istituzioni islamiste presero a crescere in popolarità, fondendosi con il nazionalismo turco. La crisi economica indebolì politicamente l'élite, portando a una scioccante vittoria elettorale del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP), ispirato dai Fratelli Musulmani, dopo quasi un secolo di partiti laici. L'AKP prese il controllo della magistratura, dei media e infine dell'esercito. Dopo il tentativo di colpo di stato del 2016, una diffusa epurazione ha portato alla totale sostituzione del vecchio establishment in ogni settore. La vecchia struttura centralizzata dello stato laico è stata mantenuta, ma l'ideologia laica è stata sostituita dal nazionalismo turco-islamista, infine il sistema repubblicano parlamentare è stato sostituito da un sistema presidenziale.

La primavera araba all'inizio degli anni 2010 ha fornito aperture per l’espansione regionale del potere turco e della sua visione islamista, in alleanza con il Qatar. In Egitto, Tunisia e Libia sono subito emersi governi islamisti amici della Turchia, poi le forze convenzionali, guidate dagli Emirati Arabi Uniti e dall'Arabia Saudita, passarono al contrattacco.

In Siria la primavera araba ha portato la guerra civile, che inizialmente la Turchia ha visto come un'opportunità per sostituire il regime del presidente siriano Bashar al Assad con uno amico di Ankara. Invece nel vuoto di potere è emerso un nuovo staterello curdo nella regione del Rojava. L'intervento della Russia in Siria nel 2015 ha avvicinato gli interessi dei Russi e quelli dei Turchi per porre fine all’indipendenza curda.

L'ideologia interna della Turchia la spinge a iniziative politiche in Asia centrale e in tutta l’Asia islamica, dove oggi però si vede costretta a far finta di non vedere le politiche della Cina contro le minoranze musulmane di lingua turca e uigura, per preservare i proficui scambi commerciali con Pechino.

Le invasioni russe dell'Ucraina nel 2014 e nel 2022 hanno aperto un altro capitolo, in cui la Turchia punta a mantenere rapporti con entrambe le parti in guerra: commercia in pieno con la Russia, ma sostiene l'integrità territoriale dell'Ucraina e fornisce armi a Kiev.

Ankara non è schierata in un campo o nell'altro in modo permanente, ma agisce in modo spregiudicato per mantenere l'unità interna e l'accesso ai mercati globali e per evitare sfide su più fronti. Sa di non poter contare sul sostegno dei membri della NATO nel perseguire tali interessi. Sa anche che alcuni dei suoi interessi sono in diretta concorrenza o in contraddizione con quelli di Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Cina e Iran, ma conta sulla competizione fra tutte queste potenze e scommette che nessuno interverrà per bloccarla davvero.

Gli obbiettivi della Turchia oggi sono:

- prevenire l'emergere di uno stato curdo indipendente in Siria, Iraq e Turchia sudorientale;

- sviluppare un'industria di armi autoctona;

- promuovere in tutto il mondo islamico un'ideologia che attinge alle tradizioni storiche e sociali ottomane, kemaliste e pan-islamiche, adattandole alle necessità locali;

- rendere sicuri per i propri scambi gli stretti turchi, la costa dell'Egeo, il sud-est curdo e il Mediterraneo orientale;

- preservare l'accesso all'hardware militare della NATO, ma impedire che l'alleanza trascini la Turchia in conflitti extraregionali.

Quando tratta con potenze minori o medie (come Siria, Iraq, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), oggi la Turchia è in grado di imporre condizioni senza contraccolpi pericolosi. La Turchia ad esempio può sostenere potenze islamiste come Libia e Qatar contro potenze anti-islamiste come Egitto, Arabia Saudita ed Emirati, ma bada sempre a non creare sfide su più fronti, che possono portare a un'escalation. Ankara ad esempio commercia tranquillamente con l'Iran mentre combatte le forze iraniane in Siria, o sollecita investimenti dagli Emirati Arabi Uniti mentre sostiene e finanzia le fazioni opposte agli Emirati Arabi Uniti in Libia. Finché gli equilibri globali rimarranno multipolari, è probabile che la Turchia sfrutterà magistralmente ogni nicchia di competizione e contraddizione fra i vari poli. 

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