13 febbraio 2023
Brevi, ma dense

13/02/2023

Le notizie cui non si bada, ma che producono cambiamenti. 

 

Il Pakistan è alla bancarotta: lo stato ha riserve di valuta estera insufficienti a pagare le importazioni indispensabili di cibo ed energia per il mese di febbraio. Il governo ha introdotto il razionamento dell’energia, ma è un provvedimento che non risolve nulla.

L’industria tessile del paese, che costituisce una voce importante delle esportazioni pakistane, è stata colpita da inondazioni straordinarie nel 2022, oltre che dall’aumento del costo dell’energia, ed è allo stremo. Anche il  70% della produzione agricola è stato distrutto dalle inondazioni. Sette milioni di Pakistani hanno perso il lavoro nel 2022.

Il Pakistan importa prodotti petroliferi e gas per coprire il fabbisogno interno, ma i prezzi di vendita dell’energia e dei prodotti petroliferi sono sussidiati dallo stato. Più energia viene fornita, più lo stato ci rimette, se in parallelo non aumentano le entrate fiscali. Nel 2022 le entrate fiscali sono crollate, è crollato il PIL del paese. A salvare il Pakistan nell’immediato dovrebbero intervenire prestiti dal FMI, dall’Arabia Saudita e dalla Cina. Ma l’instabilità economica e politica del paese crea una situazione di instabilità profonda, che è un pericolo per l’intera regione.

 

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Il parlamento svizzero sta per approvare (salvo sorprese all’ultimo minuto) un decreto che per la prima volta nella storia contemporanea permette di esportare armi di fabbricazione svizzera a paesi terzi in guerra, specificamente all’Ucraina. La Svizzera ha una grossa produzione domestica di munizioni.

 

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La Russia ha più che raddoppiato i ricavi per la vendita di gas liquefatto ai Paesi Baltici nel 2022, secondo la Reuters. Le consegne alla Lettonia sono aumentate del 77%, quelle alla Lituania del 75 %, quelle all’Estonia del 42%. Il gas è stato in parte rivenduto all’Ucraina. Anche l’esportazione di carbone dai porti russi sul Baltico è aumentata del 33% rispetto al 2021, secondo le Ferrovie russe.

 

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Secondo la norvegese Rystad Energy, la Guyana  − con riserve accertate di 11 miliardi di barili di petrolio – supererà negli anni a venire Stati Uniti, Norvegia e Messico nella produzione offshore. Già nel 2022 la Guyana ha più che raddoppiato le sue esportazioni di greggio raggiungendo i 225000 barili al giorno. Le prospettive di produzione sono brillanti. La Guyana non esporta ancora gas naturale ma intende iniziare a farlo e spera di raggiungere una produzione di 1,4 milioni di metri cubi al giorno. Il costo di estrazione del greggio della Guyana è basso, il petrolio è di alta qualità. La produzione è fatta in accordo con la Exxon. Il presidente Irfaan Ali ha invitato gli investitori cinesi e indiani a prendere in considerazione la possibilità di partecipare all’asta per l’assegnazione di 11 lotti per esplorazioni lungo la costa Atlantica il prossimo aprile.

 

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