L’obiettivo segreto del superchip: il metaverso

09/01/2023

È il titolo di un articolo di Bruno Maçães apparso sul City Journal dell’autunno 2022. Ci pare un ottimo articolo divulgativo, perciò lo traduciamo qui sotto.

 

Nel 1965 fu chiesto a Gordon Moore della Fairchild Semiconductor, leggendario pioniere dei microchip, quale sarebbe stato il futuro dei circuiti integrati. Moore girò lo sguardo sul laboratorio dove gli ingegneri iniziavano a posizionare circa 60 componenti su di un chip, quantità raddoppiata all'incirca ogni anno dalle origini del progetto del chip planare nel 1959. Quindi fece una previsione sbalorditiva: la complessità e la miniaturizzazione avrebbero continuato a raddoppiare ogni anno. In un decennio il chip avrebbe avuto 60000 componenti, mentre prezzi e costi avrebbero continuato a precipitare all’ingiù. Così avvenne, più o meno, e la previsione si rivelò molto vicina al vero nel 1975. Oggi i chip più avanzati hanno conteggi di complessità superiori a 100 miliardi.

Non deve però stupirci l’idea che siamo ormai vicini alla fine di questo processo. Perché siamo al limite? Dove siamo arrivati nella folle corsa descritta per la prima volta da Moore?

Come notò Moore successivamente, i materiali sono fatti di atomi, quindi il processo dovrebbe raggiungere la fine quando inizieremo a produrre transistor delle dimensioni di un singolo atomo. È già accaduto: gli scienziati della Tsinghua University di Pechino hanno annunciato all'inizio di quest'anno (2022) di aver costruito un gate per transistor in grafene con una lunghezza di 0,34 nanometri, all'incirca le dimensioni di un singolo atomo di carbonio.

Disegnare oggetti delle dimensioni di un atomo o di pochi atomi è un miracolo. Quale strumento è possibile usare? Non deve essere piccolo almeno quanto ciò che vogliamo disegnare? In realtà disegniamo con la luce, non con materiali solidi, in un processo che alcuni paragonano alla magia nera. Applicando il metodo litografico, la dimensione minima dell’oggetto che modelliamo è vincolata dalla lunghezza d'onda minima che possiamo applicare. Per produrre i chip più avanzati oggi disponibili, si vaporizzano goccioline di stagno fuso con due esplosioni laser successive. Il plasma risultante emette radiazioni ultraviolette estreme, con una lunghezza d'onda di soli 13,5 nanometri. Vari trucchi e modifiche consentono di costruire transistor anche più piccoli della lunghezza d'onda della luce utilizzata per modellarli. La camera bianca (ambiente a contaminazione limitata – NDT) è illuminata con una speciale luce gialla che non contiene radiazioni ultraviolette. Con questo tipo di luce non si possono più usare lenti; si utilizzano invece specchi per guidare la luce su un wafer di silicio e disegnare transistor con caratteristiche che misurano cinque nanometri o meno, la dimensione di pochi atomi. Un'unghia cresce, in media, di un nanometro al secondo.

Dopo aver disegnato uno strato di transistor occorre sovrapporre molti altri strati. I chip semiconduttori sono i grattacieli dell'infinitesimo. Più strati ha, più complesso e potente è il chip. I progetti più avanzati hanno centinaia di strati e tutti devono essere allineati con precisione nanometrica. Il rapporto tra superficie e altezza di un chip di memoria a 64 strati è tre volte quella del Burj Khalifa di Dubai (l’edificio più alto del mondo. NDT). Ora si producono già chip con 256 strati.

Lo scopo della miniaturizzazione è la potenza più che la dimensione. Gli elettroni devono muoversi attraverso il materiale semiconduttore il più velocemente possibile. Minori sono le distanze, più veloce e potente può essere il chip. Dimezzare la grandezza dei transistor su di un chip moltiplica all’incirca per quattro la potenza di calcolo, a parità di dimensione, perché aumenta sia il numero sia la velocità dei transistor. Avvicinarsi al limite della miniaturizzazione significa quindi avvicinarsi al limite di funzionamento dell'universo: la costruzione dal nulla di una realtà.

L'Intel 4004, delle dimensioni di un'unghia, forniva la stessa potenza di calcolo del primo computer elettronico costruito nel 1946, che riempiva un'intera stanza. Fu il primo processore programmabile sul mercato, capace di seguire le istruzioni del software per eseguire funzioni diverse su vari dispositivi. Immesso sul mercato nel 1971, era composto da circa 2300 transistor, numero irrisorio per gli standard recenti. Ma il chip già provava che queste potenti macchine microscopiche avrebbero presto avuto la capacità di costruire mondi propri. I microchip più recenti possono eseguire decine di trilioni di calcoli al secondo e costruire simulazioni perfette di negozi dove gli acquirenti possono prendere oggetti da scaffali virtuali e pagare il conto all’uscita con il cellulare.

Qui è in gioco qualcosa di misterioso. Stiamo cercando disperatamente di spremere ogni possibile grammo di potenza di calcolo dai materiali semiconduttori, apparentemente nel timore che il serbatoio si esaurisca prima di raggiungere l'obiettivo. Ma qual è l'obiettivo, se non uno smartphone più piccolo e potente?

Siamo destinati a raggiungere prima o poi il limite della fisica delle particelle. Quando succederà, il mondo potrebbe non sembrarci così diverso, ma sarà un mondo di nuova costruzione, il risultato di computer abbastanza potenti da ricreare virtualmente tutti gli elementi essenziali del mondo fisico che ci circonda. L'obiettivo segreto del microchip è il metaverso. Che altro potrebbe essere il punto finale di ricerca dei limiti naturali della complessità? L'ultima istanza di complessità nel mondo è il mondo stesso.

Ecco come potrebbe essere l’ultimo tratto del percorso: grandi ambienti virtuali resi in tempo reale, con dati trasferiti a latenze bassissime a centinaia di milioni o miliardi di utenti che condividono una stessa esperienza di vita in quel mondo. L'esperienza coinvolgente dei giochi e delle piattaforme virtuali è stata alimentata dall'ultima generazione di microchip. Un computing veramente persistente e immersivo, su larga scala e accessibile a miliardi di persone in tempo reale richiederà ancora di più, forse 1000 volte l'efficienza computazionale disponibile oggi. Ma, afferma Raja Koduri di Intel, "il sogno di fornire un petaflop di potenza di calcolo e un petabyte di dati entro un millisecondo a ogni essere umano sul pianeta è alla nostra portata". (Un petaflop di potenza riesce ad eseguire più di 10 alla 15esima istruzioni in virgola mobile al secondo, ossia più di un milione di miliardi di istruzioni in virgola mobile al secondo. NDT).

 

 

Un petaflop di potenza riesce ad eseguire più di 10 alla 15esima istruzioni in virgola mobile al secondo, ossia più di un milione di miliardi di istruzioni in virgola mobile al secondo

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