I referendum e il destino dell’UE

16/05/2016

In questo periodo i paesi dell’Unione Europea mostrano una certa frenesia referendaria su questioni che riguardano l’Unione nel suo complesso. A inizio maggio l’Ungheria ha deciso di indire un referendum sul piano di distribuzione dei richiedenti asilo tra gli stati membri. Ad aprile i cittadini olandesi hanno bocciato l’accordo di associazione tra l’Unione Europea e l’Ucraina in un referendum organizzato da un movimento euroscettico. A giugno si terrà la consultazione più importante dal punto di vista politico, quella sulla cosiddetta “Brexit”, che potrebbe sancire l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Questi referendum hanno un denominatore comune: viene chiesto ai cittadini europei di decidere le sorti del processo di integrazione europea. Date le difficoltà politiche ed economiche che sta attraversando l’UE, i politici europei vedono nel referendum uno strumento per sollecitare e fidelizzare gli elettori; poiché la legittimità democratica dell’Unione Europea è messa in discussione, sia i governi moderati che le opposizioni euroscettiche si appellano agli elettori. È probabile che nei prossimi anni governi, opposizioni e organizzazioni della società civile proporranno altri referendum su varie questioni relative al futuro dell’UE.

La crisi politica ed economica dell’Europa ha portato in primo piano il dibattito sulla legittimità democratica dell’Unione e provocato reazioni di tono nazionalista e cambiamenti di governo in molti paesi. I continui ricorsi al referendum pongono un paradosso interessante: chiedere agli elettori di esprimersi sulle questioni europee sembra la maniera più democratica di riformare l’UE, ma al tempo stesso rischia di indebolirla, proprio in un periodo in cui sarebbero necessarie istituzioni europee dotate di maggiori poteri per far fronte ai cambiamenti globali.

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