Gli Emirati del Golfo
in cerca di diversificazione

13/07/2015

La Penisola Arabica è sempre stata una delle regioni più povere e desolate del mondo, finchè non iniziò lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio, in epoca industriale. Sino ad allora le uniche attività erano state un’agricoltura di sussistenza, un po’ di pastorizia e il commercio alimentato soprattutto dai pellegrinaggi alla Mecca. 

Lungo le coste villaggi di pescatori si erano specializzati nella pesca delle perle e in qualche forma di piccolo commercio oltremare. 

Lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio coincise con l’ascesa e lo sviluppo delle tribù che lo possedevano, e quindi con il consolidamento del potere della monarchia Saudita nel 1932. Gli Emirati invece ottennero l’indipendenza dall’Inghilterra, la potenza coloniale che controllava la regione, negli anni fra il 1961 e il 1971.

Con l’enorme aumento del prezzo del petrolio del 1973, i Paesi del Golfo videro crescere vertiginosamente gli introiti. Sul versante politico, dopo la rivoluzione iraniana del 1979 gli stati del Golfo crearono il Consiglio di Cooperazione del Golfo, che appoggiò l’Iraq di Saddam Hussein nella guerra contro l’Iran del 1991, per poi trovarsi di fronte al suo tentativo di annettere il Kuwait. L’attuale disfarsi di Iraq e di Siria, la diffusa guerra civile in tutto il mondo arabo ed i continui tentativi di insurrezione in Bahrein e Yemen hanno portato i governi del Golfo a investire grandi somme in attrezzature, armamenti e soldati per la propria sicurezza. La consapevolezza che non si può contare per sempre sugli introiti petroliferi, e che probabilmente il prezzo del petrolio non tornerà mai più agli alti livelli degli anni ’80 e ’90, spinge i governi a tentar di diversificare le proprie economie. IN un anno il prezzo del petrolio ha perso circa il 50% del suo valore, e non accenna a riprendersi, non soltanto per la stasi economica globale, ma anche per lo sviluppo dell’estrazione dello shale gas, che rende indipendenti dalle importazioni di petrolio vaste aree del globo.

Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi hanno grandi riserve di petrolio, mentre Qatar, Bahrein, Oman e Doha ne hanno poco. Il Qatar nel primo decennio del nuovo secolo ha sviluppato l’estrazione di gas e gli impianti per la sua liquefazione, perciò ora la sua economia è tornata fiorente, le riserve accumulate sono sostanziose. Non così gli altri paesi. Si può vedere nel grafico a lato la grande differenza nell’ammontare delle riserve delle banche centrali dei diversi Paesi del Golfo.

Arabia Saudita e Qatar investono molto all’estero, soprattutto – ma non solo - nella regione circostante. Doha sta investendo nello sviluppo di infrastrutture, ma con soldi presi a prestito dai vicini più ricchi. L’economia del Bahrein dipende largamente dagli aiuti e dai finanziamenti dell’Arabia Saudita. Il Dubai sta cercando di sviluppare alcune manifatture, il turismo e il mercato finanziario, per non dipendere soltanto dal petrolio. Tutti investono necessariamente anche in impianti di desalinizzazione delle acque, poiché hanno un territorio arido e desertico. 

 

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