Nuovo equilibrio di potere
in Medio Oriente

08/03/2015

Il 2 marzo il presidente Recep Tayyip Erdogan e una delegazione di politici turchi hanno incontrato a Riyad i loro omologhi sauditi, compreso il nuovo re Salman bin Abdulaziz Al Saud. I temi della discussione non sono stati riferiti nel dettaglio, ma entrambe le parti hanno concordato di lavorare insieme sulla Siria. L’incontro e l’accordo raggiunto rappresentano un chiaro punto di svolta nelle relazioni tra le due principali potenze sunnite del Medio Oriente.              

La politica estera turca (in particolare da quando Erdogan e il suo partito Giustizia e Sviluppo sono al potere) favorisce gruppi islamisti legati ai Fratelli Musulmani, il che non è piaciuto al precedente governo saudita di re Abdullah. L’Arabia Saudita considera i Fratelli Musulmani e altri movimenti sunniti repubblicani come un pericolo di lungo termine al loro trono, ma altri pericoli, come quelli dello Stato Islamico e dell’Iran, richiedono un cambiamento di strategia.

L’Arabia Saudita ha anche ripreso i rapporti con il Qatar – che, come la Turchia, sostiene la Fratellanza islamista. In passato ciò ha provocato tensione nelle relazioni Qatar-Arabia e ha talvolta fatto avvicinare Qatar e Iran. Qatar, Iran e Turchia si erano unanimemente opposti alla deposizione del presidente egiziano Morsi nel 2013, ad esempio.

Ora pare sempre evidente che Qatar, Turchia e Arabia saudita sostengono insieme gruppi di ribelli siriani appartenenti allo stesso fronte, invece di sostenere fazioni in contrasto tra loro. Soprattutto nel nord della Siria, lungo il confine con la Turchia, sta crescendo il sostegno regionale per gruppi come Jabhat al-Shamiya, mentre gli stati del Golfo stanno riducendo il sostegno ai ribelli salafiti-jihadisti come Jabhat al-Nusra.

Nel vicino Iraq, Arabia Saudita e Giordania stanno collaborando con tribù arabe sunnite, mentre la Turchia sta lavorando con le forze curde e con Baghdad: in entrambi i casi l’obiettivo è di ampliare la coalizione che sta combattendo lo Stato Islamico.

Questa cooperazione sunnita non è tuttavia esente da tensioni. Sia la Turchia sia l’Arabia Saudita vorrebbero forgiare il futuro della Siria e dell’Iraq sulla base dei propri interessi strategici, e in fin dei conti Riyad e Ankara sono in competizione per l’influenza sulla regione. Entrambe devono inoltre fare i conti con l’Iran.

Da 2500 anni l’Iran preme sui suoi vicini occidentali. Dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003 l’Iran è riuscito a consolidare i rapporti con l’Iraq al fine di creare un arco di influenza sciita che dai confini dell’Iran raggiunge il Mediterraneo orientale, tramite Hezbollah in Libano e Assad in Siria.

L’Iraq è cruciale per la strategia iraniana in Medio Oriente. È il trampolino di lancio di Teheran per espandere la propria influenza nel mondo arabo. Nel corso della storia, però, è anche stato il trampolino usato da potenze straniere per invadere l’Iran.

È chiaro il motivo per cui Teheran ha potenziato il proprio coinvolgimento militare diretto in Iraq nelle scorse settimane: i Pasdaran iraniani partecipano direttamente alla battaglia per Tikrit, insieme a milizie sciite sostenute dall’Iran, all’esercito iracheno e ad alcuni elementi tribali sunniti. Anche in Siria l’Iran ha aumentato la propria presenza militare diretta per contrastare lo Stato Islamico. Unità di Pasdaran stanno combattendo in favore di Assad a ovest di Damasco.

La Turchia e l’Arabia Saudita stanno ora cercando di guadagnare influenza sia in Iraq sia in Siria, costringendo l’Iran in posizione difensiva. Questo capovolgimento strategico è uno dei fattori che spingono l’Iran a dialogare con gli Stati Uniti perché venga salvaguardato il suo status di potenza regionale.

Visto il coinvolgimento diretto dell’Iran nella battaglia per Tikrit, ci si chiede che cosa succederà nell’eventuale battaglia per Mosul, dove la presenza delle milizie sciite sta lentamente aumentando, mentre gli Stati Uniti intendono sostenere le forze curde e irachene nella lotta contro lo Stato Islamico. Che tipo di rapporti riusciranno ad avere Sciiti iraniani, Sunniti arabi e Curdi nei riguardi di Mosul? Ci sarà collaborazione o ci sarà rivalità per strapparsi a vicenda il controllo della città? 

Gli Stati Uniti pensano che i Turchi potrebbero assumere il ruolo di facilitatori autorevoli nella spartizione del potere fra i tre gruppi. Sarà interessante vedere che cosa succederà nella realtà. 

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